Nel corso della crisi pandemica , la censura da parte di Big Tech è diventata sempre più evidente, massiccia e insolente nel mettere sotto i piedi  la libertà di parola: YouTube ha cancellato o demonetizzato numerosi canali con centinaia di migliaia di a abbonati come è successo per Byoblu in Italia o a quello di quello di Boris Reitschuster in Germania, Twitter elimina gli account o blocca i tweet dei vincitori del Premio Nobel, così come fa anche Facebook che ha letteralmente cancellato una dibattito  tra il governatore della Florida Ron DeSantis e diversi docenti delle università di Stanford e Oxford perché le conclusioni su lockdown e mascherine non erano quelle stereotipate che il social difende, ma anche crea in quanto co autore del canovaccio pandemico. Così mercoledì scorso  il Senato e il Congresso della Florida hanno approvato una legge che rende reato la censura sui social media e le interferenze politiche che ciò comport che attende solo la firma del governatore..

In particolare la legge impedisce ai social media di cancellare interventi o addirittura l’intero account di candidati a cariche pubbliche,. scongiura  il blocco senza preavviso degli utenti e impone alle società di pubblicare le regole sui contenuti oltre a giustificare nello specifico ogni esclusione. Insomma almeno in Florida i social  non possono più nascondersi dietro la violazione di fantomatiche regole della comunità. Le pene sono severe e vanno dai 250 ai 25 mila dollari al giorno per l’esclusione ingiustificata di funzionari pubblici e di candidati. Del resto già il 5 aprile i giudici della Corte Suprema Clarence Thomas e Samuel Alito, hanno rilasciato una dichiarazione in cui affermano che le società di social media come Twitter e Facebook devono essere regolamentate come servizi pubblici piuttosto che privati. Insomma sembrerebbe che la censura operata a tutto campo dai social media sia durante le elezioni, sia escludendo qualsiasi apporto critico sulla pandemia, cominci a incontrare finalmente una certa  resistenza.