Site icon il Simplicissimus

Arte in formato Amazon

Anna Lombroso per il Simplicissimus

Musei chiusi, biblioteche e archivi serrati, teatri e cinema vietati, “operatori culturali” – come venivano chiamati quando non solo Berlusconi era convinto che  stabili, fondazioni liriche,  gallerie, industria dello spettacolo fossero in mano ai comunisti –  alla fame, secondo i dati dell’Inps e dell’Istat, a contraddire nei fatti l’ideologia di autorevoli ministri impegnati a sfruttare e svendere i nostri giacimenti in modo che la bellezza e l’arte cominciassero a dare profitti in mezzo a qualche fetta di pane, decretano che  il bilancio pandeconomico del Covid è fallimentare anche in questo settore cruciale del “sistema Paese”.

Le cause sono sempre le stesse, che si sono aggiunte al delirante, paranoico e  confuso  governo del confinamento, dell’applicazione ai servizi culturali della pratica confezione apri e chiudi, a misura di una utenza turistica interna e straniera scoraggiate e poi interdette definitivamente e a conferma che il nostro petrolio vale solo se lo metti in macchine estere, come ha saggiamente avvalorato con precise disposizioni il sindaco di Venezia, prolungando la chiusura dei musei civici: tagli di bilancio, riduzione degli investimenti per la tutela, per aggirare il turnover del personale, per nuove assunzioni, fondi dirottati per inseguire progetti megalomani e estemporanei mentre veniva trascurata la manutenzione ordinaria e proprio come per la scuola, la sanità, la cessione concreta e morale ai privati che dalla riforma Ronchey in poi sono stati caldamente invitati a “collaborare” sempre di più nella gestione del patrimonio comune, occupando non solo il marketing sempre più ingombrante,  ma tutte le scelte scientifiche e tecniche, organizzative e strategiche per renderle coerenti con le leggi di mercato e contro il dettato costituzionale.

E quindi non sorprende che il Ministro che possiede un portafogli di oltre 4 miliardi da destinare al sostegno del settore in sofferenza dall’anno scorso abbia versato un cospicuo gruzzolo in veste di risarcimento  alle società  organizzatrici di “eventi” saltati a causa della pandemia.

In anticipo sulla weltanschauung del Grande Liquidatore, che ha cancellato dal vocabolario governativo l’arcaico termine “ristori”, che rimanda a una cultura parassitaria e deficitaria, a criteri di carattere clientelare e familistico, quelli dell’assistenzialismo pietoso che fa marcire la piaga, Franceschini  si è convertito alla logica più razionale e utilitaristica dei sostegni,  da erogare a realtà più feconde.

Quindi a goderne devono essere  soggetti “produttivi” concentrati in grandi gruppi e cordate che da anni hanno dimostrato di saper invadere e conquistare il mercato, in forma di promotori di iniziative faraoniche, di produttori di  paccottiglia tradizionale e digitale:  dai percorsi virtuali che rendono futilmente aggiuntiva la visita a musei e siti archeologici, all’editoria informatizzata e non, al comparto assicurativo sempre più cruciale per via dell’insano traffico di reperti e opere da prestare o farsi prestare per eventi e mostre “eccezionali”, da costruire e allestire intorno a fenomeni “rimorchiati” da altri fenomeni, film, serie Tv, bestseller, con la correità di sindaci e assessori che vogliono lasciare l’impronta del loro passaggio.

Così per un primo cittadino di Firenze tristemente noto per aver investito quattrini e risorse nella vana ricerca di un Leonardo celato dietro la parete del suo studio, mille altri ce ne sono che prestano siti vulnerabili per l’allestimento di sciagurate valorizzazioni di artisti locali, proprio come li hanno ceduti in forma di location per cene e convention aziendali, che sponsorizzano  progetti pronta cassa di ragazze con l’orecchino di perla, di Baci di Klimt, di Urli di Munch, di nessun rilievo storico e didattico, che acconsentono alle trasvolate di pregevoli reperti prestati per fare da ornamento a fiere della salsiccia in onore di norcini cari a notabili, fino all’aberrazione delle esposizioni senza opere, la più propagandata delle quali, a Napoli, si è intitolata indiscutibilmente La Mostra impossibile, con riproduzioni  di Leonardo, Raffaello e Caravaggio.

Costa, mettere in piedi queste messinscene a cura della furbizia culturale, di trucchi orditi per catturare consumatori guarda e fuggi, che riducono l’arte a attrazione da circo e che rispondono perfettamente all’ideologia che anima l’imperturbabile ministro del Very Bello, del Netflix della cultura, dei musei chiusi a oltranza convertiti in ambientazione virtuale a diposizione dell’altra insensata devianza pedagogica, le gite scolastiche da casa o in aula sui banchi a rotelle che simulano il pullman, pillola per il mal d’auto e colazione sacco comprese.

Per quello entrano in scena le major che in regime monopolistico si occupano di tutta la catena produttiva e alimentare offerta ai bulimici avventori della mensa della bellezza, quelli che devono esserci pena l’emarginazione in modo da farsi il selfie davanti a Giotto.

L’alleanza eretica  dei mercanti nel tempio ha nomi e cognomi (Mondadori Electa, 24 Ore Cultura srl, Artemisia, Mondo Mostre, Associazione Civita, Metamorfosi) amministratori pubblici vanesi, narcisisti e ignoranti, una rete di storici e critici un tanto al chilo, fondazioni bancarie, editori, galleristi, mercanti, che offrono chiavi in mano un prodotto, che va dalla scelta del tema e degli artisti, con tanto di expertise e supporto disciplinare,  all’allestimento, dalla gestione della biglietteria e dei servizi di guardiania, alla pubblicazione dei cataloghi, dall’organizzazione del “turismo” indotto dall’iniziativa, all’ufficio stampa, con intenti esplicitamente commerciali e speculativi che hanno l’effetto non secondario di condizionare e orientare il gusto e le scelte dei “consumatori”.

A loro, deve aver pensato il Ministro con 7 decreti, come denuncia Il Fatto quotidiano, che ha ripartito un budget che super i 70 milioni a questi affamati di alto profilo, secondo criteri calcolati non in base alle perdite di bilancio subìte dagli operatori (quando sono stati distribuiti i primi sostegni non erano ancora disponibili i rendiconti 2020) ma delle autodichiarazioni delle  differenze in corso d’anno tra i fatturati 2020 e 2019.

Non occorre una laurea della Bocconi per sapere che il successo commerciale di questi eventi non è quantificabile a priori, quindi il risarcimento è stato concesso per introiti immaginari e presunti grazie a parametri precedenti non confrontabili e a esso sono stati aggiunti i sostegni  destinati alla  cassa integrazione per i dipendenti, pochi, visto che queste società impiegano perlopiù personale precario e frequentemente si avvalgono di volontari che fanno capo a associazioni e onlus.

Il Mibact ha stabilito che potevano accedere agli aiuti gli operatori “che avessero subito un calo di fatturato per la cancellazione, l’annullamento o il rinvio, a causa dell’emergenza Covid, di almeno una mostra d’arte in Italia o all’estero in calendario tra il 23 febbraio e il 30 settembre 2020”, la cui attività prevalente sia “l’organizzazione di mostre d’arte” insieme alle imprese di logistica, trasporto e allestimento specializzato.

Una cerchia vasta insomma, che con la complicità dei curatori e direttori di musei e gallerie, selezionati da anni tra gli esperti di Marketing più che tra i tecnici dell’arte, della storia o della conservazione e tutela, promuove eventi effimeri e occasionali incentrati su dei brand affermati: Caravaggio, Picasso, Leonardo, Van Gogh, nomi senza i quali la pubblicità è sprecata, che tirano il pubblico in fila come le Nike o Eurodisney e che trasformano le icone del pantheon artistico in sagome da appendere nel supermercato Farinetti dentro all’Expo di Milano o come sfondo per le cene degli stilisti famosi al Louvre.

Ha voglia Vargas Llosa a dire che nelle Biennali che da Venezia sono proliferate in tutto il mondo, ormai c’è solo “frode e  inganno”, ha voglia Montanari a scrivere che ormai le esposizioni sono solo “supermercati di lusso per distratte deambulazioni” fertili di facili guadagni, se lo Stato viene meno ai compiti affidatigli dalla Costituzione per favorire una macchina da corruzione intellettuale e morale e risarcirla quando si inceppa. E avevo voglia io, in tempi non sospetti, a denunciare la miriade di eventi “pubblici” spettacolari ma di incerta utilità culturale, che “il sonno delle Regioni genera mostre”.

 

 

 

 

 

Exit mobile version