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Irish covid, uno scandalo sottopelle

rEIDTempo fa, verso la fine dell’anno scorso cominciò a girare una notizia davvero strana e potenzialmente clamorosa secondo la quale la giornalista freelance Gemma O’Doherty, personaggio ben conosciuto nell’ambiente del giornalismo anglosassone come guastafeste dell’unanimismo , aveva  citato in giudizio il governo irlandese per i blocchi anti pandemia  e durante il processo aveva  anche chiesto – a norma del Freedom information act  – all’Health Service  irlandese di provare la validità scientifica di tutte le misre messe in atto dall’obbligo di mascherine  ai confinamenti ma anche dell’esistenza stessa l’esistenza del covid 19. E quest’ultimo avrebbe rilasciato una dichiarazione in cui sostanzialmente affermava di  non avere registrazioni del virus isolato e quindi di non avere alcuna prova che esista il covid 19. La notizia, naturalmente non è stata ripresa dall’informazione mainstream, per motivi che non si fa fatica a immaginare, ma è stata  ed è stata subito passata ai debunker così che se qualcuno avesse avuto la curiosità di andare a guardare si sarebbe trovato davanti a pagine e pagine non della notizia, ma della sue smentira. E’ una tecnica molto usata ed è soprattutto per questo che vengono usati i cacciatori di fake e i troll che agiscono come gli elfi di Babbo Natale nel costruire giocattoli narrativi. Tuttavia, in un certo senso puramente formale, si trattava  effettivamente  di una fake news che subito è stata presa di mira  sparando a zero su chi l’aveva  pubblicata e condivisa, tuttavia nell’azione di repressione è anche venuto fuori il giochino sporco che sta alla base della mistificazione pandemica e che è se possibile ancora peggiore dell’accusa portata dalla O’Doherty (qui un video in cui lei stessa spiega la vicenda )

Infatti L’Health Service, non ha affatto detto di non avere prove dell’esistenza del Covid 19, ma di non avere la documentazione richiesta: l’organismo deputato al controllo della sanità irlandese di fronte a una richiesta così vaga  “ha effettuato una ricerca, ma non ha trovato alcun record che corrisponda a quanto richiesto”. Questo perché “non aveva bisogno di dimostrare l’esistenza di un virus che era già stato scoperto in circolazione e quindi non ha creato alcun file pertinente”.  In sostanza il servizio sanitario ha detto che “il Covid è una verità scientifica che non ha bisogno di essere provata” . Pensate un po’ quando ero ragazzino i volonterosi prof mi avevano spiegato che il metodo scientifico consiste esattamente nella necessità di provare le affermazioni e non voglio infierire contro queste testoline aggiungendo che è scientifica solo una verità che può essere falsificata, ossia confutata. Ma tutto questo ci rivela la passività per non dire la connivenza con la quale i servizi sanitari e le agenzie del farmaco dei Paesi occidentali siano saltate in groppa alla pandemia senza nemmeno tentare di vederci chiaro e di controllare in maniera autonoma i dati e le indicazioni fornite: è bastato che l’Oms – finanziato per l’80 per cento dalla fondazione Gates e dall’industria farmaceutica, con a capo un burattino dotato di una falsa laurea –  dichiarasse la pandemia senza peraltro senza avere i numeri per farlo che tutti si sono sentiti assolti dal dovere di condurre qualsiasi altra indagine. Il che naturalmente non stupisce visto che tutti questi  organismi e i personaggi che ci girano attorno si sono visti inondare di soldi dai governi e dai privati. 

Ma in questo caso si può anche vedere all’opera il metodo di quelli che fabbricano fake news fingendo di combatterle: mai toccare la sostanza delle cose, ma soltanto la superficie puramente formale. Il disinteresse alla verità e all’onestà è davvero spaventoso, anzi c’è un interesse specifico nella menzogna, una certa ubris nell’inganno, specie se questo è remunerato. 

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