Anna Lombroso per il Simplicissimus

Ci sono notizie che affiorano dal lugubre brusio pandemico, si insinuano sotto pelle come una spina che se la sfiori ti punge. Da giorni circola quella  che riguarda l’apertura di una procedura d’appalto avviata dalla Centrale acquisti Consip su incarico della Presidenza del Consiglio- Dipartimento della Protezione civile  per  l’allestimento  di  campi  container  destinati all’assistenza della popolazione in caso di eventi emergenziali,con uno stanziamento di 266.716.544 euro.

Per orientare meglio  i soggetti interessati a concorrere la Consip ha fornito un format con i  requisiti che dovranno possedere le installazioni, grazie alla pianta  di progetto di “un campo standard ad uso abitativo atto ad ospitare un massimo di 42 persone”, di “un campo standard ad uso ufficio atto ad ospitare 25 persone”, e di “strutture particolari destinate agli ambiti rurali”, dove potrebbe essere necessario  mettere in condizione gli allevatori di proseguire nelle loro attività produttive,  anche qualora la loro abitazione originaria fosse.

Le Regioni nelle quali saranno localizzati gli insediamenti provvisori per 8000 persone in ognuna – il capitolato specifica la natura della fornitura  con tutte le tipologie merceologiche e  i servizi da predisporre – sono quelle del Nord, Valle d’Aosta, Lombardia, Liguria, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Veneto, Emilia Romagna;  del Centro, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise; del Mezzogiorno, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, oltre a Sicilia, Sardegna e isole minori. 

A fronte della lodevole precisione con la quale l’amministrazione committente e aggiudicatrice specifica l’entità dell’appalto,  la sua natura intesa  a concludere un  Accordo Quadro per ciascun lotto  geografico  con  piu’  operatori  economici, senza riapertura del confronto competitivo, l’elenco particolareggiato dei prodotti e dei servizi, resta invece vago e perciò ancora più allarmante la finalità dell’operazione, a cominciare dal nome, l’allestimento di quei  “campi” che dovrebbero accogliere la popolazione in fuga dalle proprie case in seguito al configurarsi di una non meglio identificata emergenza.

E allora non resta che esercitarsi con qualche dietrologia più o meno inquietante.

A cominciare da una benevola, l’unica che possa venire in mente: dopo la disastrosa gestione commissariale della ricostruzione nelle aree interessate dai terremoti dell’Italia Centrale e dell’Emilia Romagna, dopo il fallimento delle disposizioni che avrebbero dovuto promuovere un’azione continuativa per la prevenzione di conseguenze catastrofiche grazie all’adozione di criteri e l’applicazione di tecnologie costruttive antisismiche e durante il demenziale governo della crisi sanitaria, che ha avuto il suo incipit simbolico con la scoperta che il piano di emergenza nazionale in materia risaliva al 2006, come era stato denunciato perfino da Formigoni in occasione di precedenti fenomeni epidemici, si potrebbe ipotizzare che in attesa dell’ormai improbabile erogazione dei fondi europei della partita di giro del Recovery, l’Esecutivo voglia esibire delle referenze di concretezza organizzativa in modo che lo scrupoloso curatore fallimentare possa aggiungere alle sue referenze quella di guardiano del lager diffuso che ci meritiamo per aver troppo sperperato e goduto.

Meglio ancora poi se l’iniziativa prevede di appagare quale appetito, di accontentare un po’ di aziende che non hanno potuto accedere ad altre opportunità pandemiche, padiglioni, mascherine, tamponi, e sulle quali far piovere  come una benefica pioggerellina d’oro quei 266.716.544  euro.

Ma possiamo immaginare altre spiegazioni. Una delle quali consiste di sicuro nella necessità di arricchire di nuovi contenuti la narrazione catastrofista che ha sostituito il confronto politico, il dialogo democratico, la comunicazione istituzionale e l’informazione dei media.

E cosa c’è di meglio che dare nuovo nutrimento alla paura sdoganata come virtù civica con il terrore di una probabile apocalisse, di un  prevedibile  sconquasso, di un possibile finimondo che un ceto politico avveduto dimostra di voler e saper fronteggiare?  e impiegando gli strumenti fisici e normativi già testati in anni di dominio del sistema dell’emergenza  propiziato proprio per imporre autorità straordinarie, leggi speciali, sospensione di regole e garanzie in favore di stati di eccezione, militarizzazione del territorio, imposizione di autorità commissariali.

Succede da anni, grazie all’epica terrifica sui rischi che incombono sul nostro capo per via di empie incursioni di barbari islamici, di pandemie pronte a rinnovarsi in un crescendo di pericolosità attribuibile ai nostri costumi licenziosi, mentre poco interesse viene riservato agli effetti mortali della demolizione del sistema dell’assistenza, della cura, dell’istruzione, della ricerca ad opera di un ceto criminale di terroristi impegnati nella cancellazione della democrazia, della partecipazione dei cittadini ai processi decisionali, così come nel rafforzamento e nella concentrazione di grandi potentati e lobby.

A forza di non voler credere ai complotti orchestrati da grandi vecchi e potenze imperiali, abbiamo finito per non accorgerci di quelli già passati e di quelli in atto. Mentre non è stravagante o artificioso ipotizzare che il potere oligarchico immagini di prepararsi a quelle probabili guerre a basso potenziale ma a lunga durata che potrebbero avere come teatro le città immiserite, come attori poveri, più poveri e meno poveri scatenati gli uni contro gli altri, disoccupati allo sbando dopo lo sblocco dei licenziamenti sguinzagliati contro precari non abbastanza affamati, frotte di senzatetto incrementati dall’altro sblocco alle porte, quello degli sfratti, e chi più di loro costretti a abbandonare le abitazioni, da conferire tutti in accampamenti  marginali da gestire con leggi marziali, eserciti privati, tecnologie sofisticate in modo da proteggere i Palazzi e i loro impauriti residenti.