Brutte notizie per Greta o meglio per quelli che hanno preso una ragazzina inconsapevole e ne hanno fatto una mascotte millenaristica del cambiamento climatico anzi del cambiamento industrial produttivo che punta tutto sul contenimento della Co2 senza tuttavia prevedere nemmeno un grammo di risparmio sui veleni veri con cui stiamo uccidendo il pianeta  vale a dire  ciò che conta davvero il  benessere ambientale e la vita : la Co2 infatti entra nel ciclo della biomassa ed è dunque in rapporto di feedback con essa così che una maggiore quantità (del resto quella di origine antropica è solo una piccola parte del totale) viene riassorbita favorendo ad esempio lo sviluppo della vegetazione secondo un ciclo che va di 5 ai 7 anni. Ma prendere in esame solo questo gas serra significa aumentare il livello dei veleni a cominciare dal nucleare, in grande ritorno e sul quale ha cominciato ad investire Bill Gates, per non parlare della filiera sporca delle batterie per l’elettrico.

C’è un piccolo particolare che non torna: le cose stanno in maniera un po’ diversa dalla narrazione climatica che viene diffusa, anzi a dire la verità sembra esattamente il contrario. Il fatto è che i nuovi dati satellitari mettono in crisi la possibilità di un ulteriore riscaldamento climatico. Il gruppo di studio guidato da Irina Kitiashvili, ricercatrice del Bay Area Environmental Research Institute presso l’Ames Research Center della Nasa, ha combinato le osservazioni di due missioni spaziali dell’ente spaziale americano – il Solar and Heliospheric Observatory e il Solar Dynamics Observatory – con i dati raccolti dal 1976 dal National Solar Observatory a terra e con l’innovativa misurazione dei campi magnetici delle macchie solari per provare quello che già si sospettava e cioè che stiamo andando incontro a un periodo di minimo solare che sarà il più debole degli ultimi 200 anni e potrebbe essere dal 30% al 50% inferiore a quello più recente. Anzi è dall’anno scorso che siamo entrati in questa fase che dovrebbe durare il normale ciclo 11 anni e avere il massimo nel 2025. In poche parole il fattore più determinante per il clima lascia intendere che si potrebbe andare incontro a un raffreddamento.

I dati sono molto peggiori rispetto alle previsioni fatte negli anni scorsi e che almeno nelle parole dei ricercatori potrebbe essere paragonato al minimo di Maunder durato  dal 1645 al 1715, caratterizzato da un’attività solare molto scarsa e che coincise con il periodo che è stato chiamato piccola glaciazione. C’è stato uno studioso olandese C. de Jager  che sfruttando la particolare accuratezza  e costanza con la quale venivano annotate le temperature nei Paesi Bassi ha  prodotto uno studio in cui emerge con chiarezza l’effetto diretto dei cicli solari e dei loro livelli sulle temperature, sul loro aumento e diminuzione in ragione dei massimi e minimi solari. Un altro periodo di bassa attività solare analogo per intensità a quello nel quale stiamo entrando, chiamato minimo di Dalton e durato dal 1790 al 1830 produsse una diminuzione media di 2 gradi centigradi in appena vent’anni almeno stando ai registi della stazione meteorologica di Oberlach, in Germania l’unica che conservi temperature giornaliere da quel periodo. Il problema  è che il sole pur avendo cicli di 11 anni è anche soggetto a cicli più lunghi dei quali si sa ancora molto poco e che vanno dagli 80 anni, ai 200 ai 370 e via dicendo.  Ma quel che ci interessa da vicino è che un minimo particolarmente basso non resta isolato, ma origina tutta una serie di cicli undecennali susseguenti  particolarmente bassi e la la stessa cosa accade con i massimi particolarmente alti e che dagli anni 40 sono stati simili a quelli dell’epoca romana e poi quella medioevale. Alcune ricerche insomma ci dicono che l’attività solare rimarrà bassa fino al 2053, tutti anni nei quali alla radiazione solare sotto la media si aggiungeranno effetti aggiuntivi come quella della maggiore penetrazione di raggi cosmici in atmosfera  Naturalmente non si può mettere in relazione diretta  tutto questo con l’ondata di freddo che ha paralizzato il Texas e buona parte degli Stati uniti del Sud Ovest e vaste aree del Medioriente. Ma potrebbe  essere un segnale che qualcosa va cambiando e che bisogna ripensare in parte le tecnologie verdi: l’ondata di freddo in Texas è stata particolarmente drammatica perché le pale eoliche che danno il 25 per cento dell’energia dello stato si sono bloccate per il freddo mostrando la superficialità della loro progettazione e la mancanza di un vero piano integrato.

Ad ogni modo non bisogna pensare che un’ eventuale calo di temperature possa riportare alla normalità climatica anzi aumenterà in ogni caso il numero di fenomeni estremi e anomali con la sola differenza che essi non potranno essere attribuiti agli effetti antropici. O almeno non direttamente  perché le conseguenze sulle attività umane  saranno in relazione complessiva alle politiche concrete che saranno adottate, non alle sceneggiate gretine sulla Co2.