Anna Lombroso per il Simplicissimus

Tremate le sardine sono tornate. Nel mio caso a tremare è solo il buongusto, urtato dall’immaginetta votiva della ventina di esponenti del movimento che ha organizzato una movida sotto al Nazareno, con alla testa gli inossidabili Mattia Santori, Jasmine Cristallo e Lorenzo Donnoli  che esibiscono una t-shirt rossa con la scritta «Continuerai a farti scegliere o finalmente sceglierai? 6000 sardine», e  muniti di sacchi a pelo per dimostrare simbolicamente la volontà di proseguire la lotta finchè non troverà ascolto.

E ascolto l’hanno avuto, e vorrei ben vedere, accolti solennemente come Greta dai grandi della Terra più sporcaccioni, blanditi come Lerner quando andava a protestare contro la stampa padrona subito prima di diventare inviato,  vezzeggiati come i “riformisti” dei movimenti studenteschi ricevuti dal rettore in attesa di tutti 30 sul libretto,  assecondati come certi sindacalisti trattati coi guanti dal padrone e piegati a doverosi compromessi in cambio di una gratifica personale.   

Difatti, arrivati, è stato confermato dal coro compiaciuto dei giornali, mascherati e tamponati, muniti, immagino, di un permesso speciale per la trasmigrazione da regione a regione all’uopo trascolorate, accordato, a sostegno della pretesa di autonomia, dal loro presidente smanioso di esibirli in qualità di moscerini cocchieri o dalla sua Coraggiosa vice, dopo aver concionato con l’intento di trasformare il tavolino di Conte in una tribuna “di massello” sono stati ammessi alla presenza di Valentina Cuppi, della quale – colpevolmente – mi ricordo  solo oggi avendo a conferma della sua esistenza politica solo il merito di essere sindaca di una città martire.

Trovando longanime ascolto nella presidente: “nel Pd ci vorrebbero più Cuppi e meno Morassut”, hanno fatto sapere su Twitter, hanno denunciato, ancora su Twitter,  la stanchezza “per una politica fatta sugli schermi e con decine di comunicati”.   “Noi facciamo parte di un campo progressista e chiediamo che si apra una fase Costituente, non per il Pd o per le Sardine, ma per migliaia di persone che da anni aspettano”.  E’ vibrante il tono  di Santori. “Noi tutti in 15 anni, i partiti, le associazioni, i cittadini, non siamo riusciti a costruire una alternativa, e questo perché siamo tutti innamorati delle nostre etichette e delle nostre sigle. L’alternativa ci sarà comunque, spetta al Pd decidere se esserci o no”.

 E siccome “noi ci mettiamo il corpo e la faccia”, dice, “siccome serve una proposta politica credibile, farla non spetta a loro. incaricatisi di portare aria fresca nelle aule sorde e grigie, possibilmente fritta però, perché il fritto per la sardina è la morte sua, no,  non spetta a loro, “bensì ai partiti politici”

Vuoi vedere che aveva ragione Tolstoi quando scriveva che nessuno è più conservatore dei giovani, riferendosi probabilmente ai ragazzi Rostov, a Vronskij,  a Oblonskij, a pallide  dinastie di rampolli aristocratici il cui posto fu poi occupato dai Buddenbrook e dalle casate della grande borghesia.

Così, andando sempre peggiorando, le bandiere della reazione e della moderazione  le sventolano educatamente i carini, i furbetti, i cocchi dell’establishment che puntano su una meccanica annessione ai piccolo potentati locali e nazionali, favorita dalla fine della democrazia e della consegna in forma di delega  ai fantasmi della rappresentanza e da questi ai tecnici e competenti che i baldi giovinotti avevano già implorato di prodigarsi per noi. Sono le stirpi mediocri di un ceto sopravvissuto che fonda la sua pretesa di superiorità sociale, culturale, economica e quindi  morale, sull’inferiorità economica – con quel che ne consegue – di classi scaraventate nella voragine della povertà e della subalternità.

I loro mentori sono Prodi, Fornero, Monti,  i guitti della commedia del benessere che dal profitto di chi ha e accumula e specula per avere di più cospargerebbe un po’ di polverina d’oro sui diseredati, sono gli scribacchini della Gedi che seminano paura per raccogliere servitù, sono gli opinionisti del progressismo che profondendo retorica miserabile mostrano le invidiabili sorti future a disposizione del capitale umano pronto a adeguarsi alla distruzione creativa.

Così ci tocca leggere Concita De Gregorio, la becchina dell’Unità di Gramsci, che ne fa l’apologia per dire che le sardine interpretano i popolo senza populismo:  “Non quella degli opinionisti, dei disillusi, di “culi pesi e tastiere pesanti”, no. Non quella degli intellettuali e dei benpensanti, non quella delle penne fini. La sinistra di chi si sporca le mani, come loro. La sinistra “degli apolidi” che da Nord a Sud cercano casa e non la trovano. Moltitudini, effettivamente. Brava gente che manda avanti l’Italia e non si stanca”. 

C’è da sospettare che gli italiani brava gente che invece conosce lei siano quelli della concorrenza sleale, dei volontari in Africa sotto Graziani, dei fascisti che guidavano su per le montagne i nazisti fino a Sant’Anna di Stazzema, gli italiani braa gente che dice si, che si compiace della delazione allora come oggi contro i dissenzienti della mascherina, del conformismo interessato a mantenersi qualche privilegio grazie a clientelismo e familismo, della spirale del silenzio che assorbe critica e opposizione come fossero colpevoli eresie.

Perché invece la brava gente che conosciamo noi è fatta di quelli obbligati a lavorare senza garanzie, sicurezza, diritti in qualità di essenziali, di ricattati che resistono nel Porto di Genova, di giovani che protestano per la casa e il territorio, di ragazzi che da anni si battono contro l’occupazione militare della loro terra, di anziani che si fanno arrestare per dimostrare che non cedono all’intimidazione della bulimia delle grandi opere.

Pare che una sardina abbia detto, convinta: «Se il Pd non va al popolo il popolo deve andare al Pd». Dovesse essere una scorciatoia per andare al Palazzo d’Inverno, calpestare i sontuosi tappeti, ammanettare presidente e ministri e esporli alla gogna, ci staremmo in tanti, ben più di 6 mila pesci in barile, tanti, almeno quanti un tempo andarono in montagna.