Anna Lombroso per il Simplicissimus

Che disgrazia, sono tornate in gran spolvero le sardine.

La colpa, inutile dirlo, è di un accademico di Siena che con la fanciullesca e baldanzosa irruenza data dall’appartenenza ad una élite superiore, culturalmente e moralmente, ha dato voce roboante alla condanna per il populismo bieco, incarnato dalla pesciarola leader di Fratelli d’Italia,  aggiungendo  le rane al repertorio zoologico sgarbiano.

Il Superbone non è nativo digitale e lo dimostra la sua imperizia nel trattare la materia delicata che regola la società dello spettacolo. Ma soprattutto lo sventurato non è nemmeno dotato del beruf necessario a praticare i sentieri ancora più impervi della politica:  “non posso vedere gente simile, di tale ignoranza, che non ha mai letto un libro, che può rivolgersi da pari a pari a un nome come quello di Draghi“, ha dichiarato, non avendo capito che una volta ammessa la Bestia alla cerchia di governo, e non è certo la prima volta, anche la sua camerata di tante battaglie è automaticamente sdoganata, dopo essere stata per anni  zona franca per il libero insulto fisiognomico.

Eppure che fosse cambiata l’aria si era capito per le rimostranze delle quali è stato oggetto un cronista del Giornale Unico  per aver scritto che la Meloni aveva “prodotto” una figlia, formula immediatamente catalogata come l’ennesima ingiuria sessista, mentre trattasi evidentemente del corretto impiego della terminologia in uso presso gli ideologi del “capitale umano”.

Le reazioni alla pasquinata  del rettore prossimamente rimosso, si possono leggere quindi come un caso di successo della religione del politicamente corretto  che ha ormai preso il posto delle regole democratiche, dimostrando prima di tutto che è proibito lo sberleffo ai danni di un target inviolabile, le Donne di Potere, mentre è legittimato anzi sollecitato quello rivolto ai maschi di potere, rivendicato come espressione di libertà di opinione  e autorizzato perciò al dileggio per via della statura, del naso rincagnato, del mento sfuggente, del riporto, dell’hennè che cola impietosamente sul collo della camicia con le iniziali ricamate.

 La tutela della Meloni, come specie protetta in forza all’opposizione di destra necessaria a legittimare la diversamente destra al governo, ed esercitata da chi ha già manomesso il povero Voltaire per difendere il diritto a professare concezioni sconce e inique, viene opportunamente esibita a sostegno del ritrovato valore assoluto della “differenza” egemone in quanto laica e tollerante della sinistra, peraltro abiurata. E difatti deve essere per quello  che in più di 70 anni, pur reiterando le proposte di provvedimenti, commissioni e tribunali speciali  per limitare la professione di fascisti, non è mai stata capace o non ha mai voluto applicare davvero l’apposita legge  che ne interdice l’apologia.

Metteteci anche  la pressione morale della lobby della non violenza, cui è concesso pretendere di zittire i toni accesi con bavagli, censure e gogne, per stabilire quell’ordine felpato che autorizza una sopraffazione più educata, più edulcorata, più “civile” insomma, e si capisce  il successo di certi fermenti da boy scout in grazia dell’establishment, mentre viene esercitata una puntuale repressione nei confronti di margini e periferie moleste e sguaiate che protestano per la casa, la tutela del territorio, perché la vera forma di violenza che mette paura e va contrastata è quella che si materializza intorno alla consapevolezza dei diritti offesi, dando sfogo alla collera dei diseredati.

E difatti da tempo si sono costituiti gli stati generali dei Fasulli, giardinieri in veste di ecologisti, suffragette dell’anti patriarcato in forza a Cl come  al Me Too, gagliarde antagoniste vezzeggiate dai Grandi della Terra, pacifisti arruolati in appoggio a Biden, soliste di Bella Ciao che con Salvini non ci prenderebbero una caffè, salvo quello della macchinetta di palazzo Chigi.

A conferma che il neoliberismo è diventato una corrente filosofica e non una teorizzazione economica,  ormai ne sono posseduti pensatori e intellettuali, pronti a chiedere i Tso per gli eretici, le sanzioni per i disubbidenti, la censura per i critici, l’ostracismo per chi pensa altro ancor prima che agisca di conseguenza, perché rappresenta un rischio, anche sanitario, per la manutenzione dell’ordine stabilito che impedisce di cantare fuori dal coro, che punisce le stonature quando vengono inalbati gli inni che celebrano il trionfo degli uomini della Provvidenza, anche se a guardar bene si tratta dei mercanti che hanno occupato il tempio.

Non è detto però che faccia gioco alla Meloni, unica voce di dissenso in Parlamento, l’insurrezione in sua difesa in quanto “esemplare di genere”, che ostacola il dispiegarsi del suo accreditamento in veste di vittima del regime europeista e progressista, oggi incarnato dal tecnico, oggetto dell’idolatria diffusa, e anticipata appunto dalla chiamata in campo delle sardine che reclamarono a gran voce l’aiuto di Dio sotto forma del suo profeta, incaricato  di dare credito a scelte che non si è riusciti a motivare e legittimare nel contesto e  con gli strumenti della democrazia. E’ probabile che anche grazie alla telefonata dal Colle, che chissà che bollette paga fin dal tempo di opache trattative, sia invece in corso l’arruolamento dell’ultima soldatessa nella giungla da annettere alla maggioranza, almeno quella della cultura e del sentimento popolare e non populista.  

E difatti non poteva mancare la mano offerta cristianamente dalle militanti della sorellanza che l’hanno sempre protesa anche alla Boschi, alla Fornero, alla Bellanova, e, fuori dai confini, anche alla Lagarde forse per via della sua pretesa di femminilità espressa con la ginnastica per il lato B eseguita durante missioni ufficiali, a Ursula von der Leyen capace di mettere in riga pusillanimi premier maschi, grazie all’irriducibile richiamo alla Solidarietà intesa come specifica qualità di genere. Purché, però, a intermittenza e tenendo ben conto delle doverose gerarchie e graduatorie.

In tempi di crisi non va quindi sprecata per le beneficate del cottimo in forma di part time, che permette di combinarsi con il lavoro di cura gratuito, per le “occupate” alla cassa dei supermercati o nei magazzini o nelle multinazionali del commercio online, doverosamente produttive e essenziali, alle operai in cassa integrazione, alle insegnanti precarie con l’andirivieni dall’aula ai fasti della Dad, alle disoccupate che hanno forzosamente scelto di stare a casa perché da sempre il loro salario è inferiore a quello del coniuge e a quelle espulse nei mesi di gestione della pandemia, 470 mila nel secondo trimestre 2020 rispetto al secondo trimestre 2019.

Mentre invece va generosamente elargita a tutela della dignità di sorelle che hanno a disposizione tribune e tribunali, editoriali e sentenze, polizie postali e gogne mediatiche “spontanee” per difendere la propria immagine e la privacy, concetto applicabile solo in alto, dove non osano arrivare le app, il controllo sociale di istituzioni, banche, istituti finanziari e rete commerciale, cui è recentemente stata aggiunta quella della vigilanza “sanitaria”.  

L’entità dell’ingiuria e la qualità dell’affronto subiscono di certo le stesse regole disuguali che vigono in tutta la società da quando le leggi di mercato vengono interpretate come “naturali”. Quindi la Boldrini e la Meloni, ma anche la Ferragni,  pesano e quindi valgono di più, rispetto a misure e provvedimenti che danneggiano   le donne “normali” ancor più dei maschi, secondo una forma di calcolo commerciale che misura il potere di influenza e il peso contrattuale nell’agone della bassa politica  e il consenso che possono generare e che dovremmo cominciare a togliere loro, così come i salari e le opportunità di carriera meritate geneticamente e culturalmente dagli uomini.

Ma sarebbe troppo sperare che da questa poltiglia etica venga fuori qualcosa di ribelle, se protestiamo per lo stivale del poliziotto americano sul collo del nero, ma sopportiamo sul nostro territorio e sul nostro immaginario il tallone di ferro Usa, che non a caso ci opprime anche con la falsa coscienza che sostituisce l’onore e il rispetto di sé e degli altri.