Anna Lombroso per il Simplicissimus

Non c’è primavera nemmeno al tempi del colera nella quale ci sia stata risparmiata la lagna di gestori di stabilimenti balneari, imprese dell’agroalimentare, albergatori che esibiscono i cartelli e le inserzioni per la ricerca di personale, inevasa, a motivo, è questa la tesi imperante, delle richieste insensate di giovani viziati e indolenti che in attesa del reddito di cittadinanza preferiscono sopravvivere con la paghetta di papà e mammà.

Così si capisce la svolta dei sindacati che formano in indegno compromesso sociale con il padronato, il nutrimento dato per alimentare l’incompatibilità tra diritti e salari, la fine della speranza che potesse costituire un blocco sociale che integrasse il ceto medio impoverito, i lavoratori proletarizzati, i precari, i disoccupati, tanto hanno fatto presa i miti aberranti del neoliberismo che impedisce anche di immaginare qualcosa d’altro da questo e una consapevolezza portatrice del riscatto della dignità.

Così si capisce che è arduo disfarsi dei fumi tossici di una austerità ormai infiltrata nelle coscienze che si esprime con la necessaria accondiscendenza al sacrificio e alla rinuncia ad aspettative, vocazioni, talento in cambio di una mediocre sicurezza sia pure effimera e instabile, sicché viene condannata come  fosse una irrealistica pretesa la richiesta di remunerazioni dignitose, di condizioni di lavoro decenti, di trattamenti civili.

È uno dei frutti avvelenati della retorica consumata ogni giorno e a tutti i livelli sul target dei “giovani”, che a intermittenza vengono descritti come  fardello rancoroso di mammoni scontenti, bacino di consumatori da vezzeggiare, potenziale forza lavoro  da parcheggiare in modo da contenere scontento e potenziale utenza dello scontento da manovrare in modo da promuovere quei fermenti die margini che tanto preoccupano i sociologi progressisti.

Se c’è un contesto nel quale colpe e responsabilità collettive e pubbliche vanno di pari passo con quelle individuali e personali, è quello se pensiamo alla demolizione della scuola pubblica e dei suoi valori, ai delitti commessi contro l’università convertita in diplomificio di specialisti inadeguati a fare qualcosa di più che applicare un algoritmo o premere un tasto, ma anche se giudichiamo i comportamenti domestici attribuiti da sociologi e psicologi alla smania di risarcimento di generazioni che avevano patito per abitudini e  consumi severi e sobri, all’egemonia esercitata dalla società dello spettacolo e dei suoi impresari che ha promesso un quarto d’ora di notorietà senza fatica, senza impegno, senza studio.

È proprio una condanna alla banalità addentrarsi su questi temi così percorsi da essere abusati e quindi rimossi. Fin quando si leggono notizie che suonano l’allarme, malgrado innumerevoli trailer abbiano anticipato cosa ci aspetta e cosa stiamo lasciando fare.

E difatti mentre si accavallano i dati tragici sull’espulsione dal mercato del lavoro di centinaia di migliaia di lavoratori, sull’impossibilità di trovare un’occupazione anche precaria per giovani e donne e al tempo stesso si vagheggia della sospensione di istituti fondati sulla tolleranza di nuovi parassitismi, come il reddito di cittadinanza, mentre alle file del collocamento stanno per aggiungersi i Navigator che alla scadenza contrattuale di Marzo dovranno restituire la poderosa attrezzatura di dotazione: uno smartphone, il Sole 24Ore esulta per la singolare coincidenza grazie alla quale all’insediamento del mammasantissima bancario promosso a eroe borghese, corrisponde la lieta novella che i nostri istituti di credito sono in procinto di assumere 10.480  figure professionali, tra neolaureati, profili junior e figure con esperienza.

C’è da ringraziare ancora una volta il Covid che “ha accelerato la rivoluzione digitale” dunque, spingendo le banche a riorganizzarsi velocemente, oltre che con il “fisiologico” ricambio generazionale  con quello “culturale” che esige profili differenti da quelli tradizionali dei laureati in economia andando a attingere nel bacino degli ingegneri, dei software developer, degli informatici e dei fisici, in grado di favorire il trasferimento dell’operatività verso l’online, grazie all’applicazione di programmi informatici per la cyber security, per facilitare il lavoro in remoto e semplificare le operazioni bancarie in rete.

Ben venga, viene da dire, dopo mesi nei quali veniva generosamente concesso su appuntamento un fugace contatto con il funzionario nel corso delle poche ore di orario d’apertura, ben venga dopo che i postulanti che cercavano di accedere ai ristori e alle provvidenze entravano in un girone infernale di Comma 22, ben venga dopo che a fronte di elefantiache lentezze nel disbrigo di pratiche elementari da svolgere col pallottoliere, si sia ritrovata una velocità futurista nel ridare corso all’esazione di mutui, ben venga se pensiamo al prima, alla normalità di lunghe attese per via di blackout informatici che rivelavano l’inadeguatezza del personale a fare due più due.

Restano alcuni interrogativi aperti, quelli che riguardano il distanziamento sociale, che con tutta probabilità renderà ancora più impervio l’accesso dei comuni mortali alle opportunità creditizie, confinando il rapporto clientela e istituto al colloquio da remoto, mentre è legittimo sospettare che quello tra dirigenza e Vip possa svolgersi in sedi e contesti idonei anche dal punto di vista della profilassi, ristoranti aperti a pranzo, campi da golf, club esclusivi e sanificati. Su altri si può soprassedere, perché la soluzione finale in corso ha ormai limitato al minimo il target degli anziani costretti ad aprire il conto per il versamento della pensione, quegli analfabeti informatici condannati all’emarginazione da banche, Inps, uffici comunali, Asl.

Ma è proibito lamentarsi immaginando un futuro popolato di impiegati che avranno difficoltà anche a incontrarsi, amarsi e riprodursi, chiusi in casa davanti al desk o isolati in box disinfettati, impegnati in solipsistiche conversazioni con il desk della Cassa Rurale sognando di essere Gekko a Wall Street o il papà della Boschi all’Etruria, arroccati nel proprio piccolo ego nutrito in uno dei settori a più alta concentrazione di meriti e successi dinastici, inconsapevoli che di là dalla parete di cristallo c’è un altro io sfruttato che ha come unica possibilità di emancipazione l’appioppare fondi avvelenati, come altri più in alto hanno fatto sapientemente, nell’intimorire e ricattare, ma da remoto, né più né meno della manovalanza del racket.

Viene in mente la vignetta del geniale Novello nella quale si vede il giovinetto talentuoso avviato dai genitori alla composizione musicale, che nel segreto della  sua stanza tra spartiti e busti di Beethoven, si dedica invece agli amati studi di ragioneria e computisteria, come forse vorrebbe un sistema di istruzione che esige una formazione che avvii al lavoro, che specializzi nell’esecuzione di una mansione.

Ma si sa il lavoro richiede obbedienza e insieme l’abdicazione e valori sociali e principi morale, in nome della competitività che fa da caposaldo al nuovo cottimo nelle sue declinazioni digitali. C’è da essere ottimisti quindi se Intesa San Paolo  prevede di fare 3.500 assunzioni, in vista dell’acquisizione di UBI Banca, che “dismette”  5.000 dipendenti  grazie all’uscita volontaria per pensionamento o Fondo di Solidarietà, se Unicredit si propone di offrire posti a 2.600 persone, così come Credem che cerca 200 alti profili con lauree  “ Science, Technology, Engineering and Mathematics”,  le uniche che sanno mettere a frutto  le qualità sostitutive per un popolo di navigatori e potei: “dinamismo multidisciplinare, dimestichezza con il phigital, velocità di apprendimento e gusto per la formazione nel continuo, capacità relazionali online”.

Non so voi ma temo che si finirà per rimpiangere i tempi nei quali era diventato un modello da imitare il tycoon spregiudicato, l’intrallazzatore in perenne conflitto di interesse che prendeva per i fondelli le banche facendosi finanziare – proprio come gli impresari di Brodway coi polli da spennare –  le passerelle di Drive In, i suoi successi da cantante di piano bar passato a far ridere i G8 con le sue barzellette scollacciate, il presidente muratore che tirava su New Town come fossero il Lego.

Mentre adesso l’archetipo cui guardare è il capufficio di noi Fantozzi, il direttore di filiale che ci nega il prestito perché siamo improduttivi, il dirigente dell’Agenzia delle Entrate che ci manda gli ufficiali giudiziari, gli unici, come i pony di Amazon, abilitati a venirci a casa in barba al distanziamento.