Mi ero sbagliato, pensavo che Draghi non sarebbe uscito dal cilindro del Palazzo in questa fase dove deve vedersela con gli Arcuri, le vaccinazioni e tutto l’opaco mondo che è cresciuto come una fungaia velenosa attorno alla pandemia narrata. Ma evidentemente la situazione è tale che si deve far ricorso a questo signore il quale , per interessi personali, ha dato avvio alla svendita del Paese negli anni ’90,  sul quel famoso Britannia dove pare ci fosse anche Grillo non si sa bene a che titolo. Ora invece è diventato il salvatore della patria, quello che deve mettere a posto le cose perché un piccolo ricattatore corrotto come Renzi vuole a tutti far pesare lo zio tonto d’America, appena eletto, per gestire i pochi soldini del Recovery e del Mes e comunque tenere il Paese sotto schiaffo. Perché assolutamente non si può andare alle elezioni, visto che le urne sono sentite come un passaggio irresponsabile, tanto per sottolineare a che punto è ormai la notte della democrazia e la volgarità intellettuale del milieu politico. Perché ormai il Paese è in ginocchio non certo per la pandemia che ha fatto molte vittime da panico, da mancata assistenza e da cattive pratiche mediche, ma per le “misure” del tutto spropositate, inutili e letali per l’economia reale. Così adesso si invoca il “Principe”, l’unico personaggio spendibile per lo status quo e per mantenere intatto il doppio stato coloniale nel quale viviamo, ma che ancora una volta non è stato eletto proprio da nessuno, è soltanto una creatura del palazzo che deve fare da puntello alla grande ammucchiata.

Certe volte le coincidenze o i segni sono davvero sorprendenti: la seconda repubblica ( una terza in realtà è stata solo abbozzata) si chiude definitivamente con lo stesso personaggio che l’ha inaugurata nel ’92  vendendo a Goldman Sachs, per un terzo del suo valore, l’immenso patrimonio immobiliare dell’Eni: quello fu il primo passo per uscire dal sistema industriale misto che aveva creato il boom e garantito una crescita del Pil fino ad allora, ma che aveva anche tenuto in piedi l’idea di stato sociale e di solidarietà. Non si trattò solo di una svendita di beni per poter raggranellare qualche soldo e rientrare nei parametri del futuro euro, è stato proprio un cambiamento di paradigma, una resa  totale al neoliberismo e alla ossessione privatistica da cui peraltro era stata anche presa l’Europa. Il 92 fu del resto un anno cruciale per la creazione di quel mondo orribile in cui viviamo, quello in cui si dissolse ufficialmente l’Unione sovietica, quello della crisi monetaria del serpentone europeo provocata da Soros che convolse lira e sterlina, quello dell’inizio di Mani pulite. E Draghi ebbe una parte di primo piano, ancorché allora in posizione defilata dal punto di vista della presenza pubblica: quest’uomo sembra avere un destino da alfa ed omega, basti pensare che si laureò con Federico Caffè con una tesi nella quale sosteneva .non sussistessero le condizioni per un progetto di una moneta unica europea mentre e poi ha finito per gestire quella stessa assurda moneta e salvarla.

Keynesiano e neoliberista insieme, a seconda delle convenienze, il Financial Times lo ha definito “un enigma”, ma  il suggestivo fato di quest’uomo si può molto più concretamente interpretare come ambivalenza e doppiezza: basti pensare che da governatore della Banca d’Italia lasciò passare l’operazione con cui Montepaschi acquistò Antonveneta a un presso decisamente esagerato:“Non risulta in contrasto con il principio della sana e prudente gestione”, mentre proprio le ispezioni di Bankitalia avevano accertato condizioni di grave sofferenza dell’istituto senese . Ma adesso cosa accadrà? Salvini e Forza Italia, pur in maniera contorta sembrano essere d’accordo con un governo a tempo, i Cinque Stelle non lo vorrebbero, ma alla fine cederanno per via delle poltrone e così avremo una grande e confusa ammucchiata, anche se c’è chi pensa che l’ex capo della Bce possa mettere mano  a quei “suggerimenti”  espressi su Ft in estate che in sostanza si fonda su una mobilitazione dello Stato e del sistema bancario per fornire sostegno di liquidità alle imprese, per salvaguardare l’occupazione e in ultimo per i sussidi. Pure ovvietà. Ma una cosa è dire che adesso si può fare tutto il debito che si vuole, mentre fino a ieri bisognava contare gli spiccioli, un altro paio di maniche è che questo sia realmente possibile visti i vincoli europei che rimandano ancora alle dottrine austeritarie legate alla moneta unica e non comune.  Una cosa è scrivere un decalogo un altro realizzarlo e alla fine si può rimanere vittima delle proprie contraddizioni, ma anche di quell’ambiente reazionario e finanziario di cui Draghi ha sempre fatto parte e che gli detterà legge.  Ma una cosa è certa la democrazia non esiste più ed è il degno coronamento di un’intera  carriera.