Dopo l’assalto al Campidoglio, sceneggiato o meno che fosse, siamo stati come terremotati da una situazione mai ipotizzata e tantomeno compresa prima nonostante i chiarissimi sintomi: ovvero che l’egemonia statunitense non deve solo fronteggiare sfide esterne, come una volta, ma anche fortissime divisioni interne a cui fanno capo poteri grigi, parti dello stato, del suo complesso militare e di intelligence creando una situazione radicalmente diversa rispetto agli precedenti, paludosa da un certo punto di vista, ma anche molto più instabile da altri. Questo è spiazzante per gli ascari europei, almeno per i più deboli che si trovano di fronte a un contesto in cui non basta solo ubbidire, ma occorre comprendere anche a chi ubbidire e per quanto tempo, cosa non facile perché la confusione è grande sotto il cielo visto che siamo di fronte a un cambio di mondo che non può essere compreso ricorrendo alle usuali categorie e ai ragionamenti lineari, anzi alla luce di questi diventa del tutto incomprensibile. Di fatto gli Usa dovranno lasciare parecchio spazio alla Cina ed altri incipienti giganti sullo scacchiere geopolitico, ma la novità più importante è che adesso gli Usa sono ufficialmente governati da un’oligarchia di miliardari in cui  il processo democratico comunque lo si voglia interpretare è ormai del tutto secondario rendendo per ciò stesso molto più precario l’ordine mondiale che dovrà dunque essere man mano surrogato da altri. Non è un modo di vedere le cose, sono i fatti che lo dimostrano in maniera inequivocabile anche al di là della questione dei brogli o delle campagne di stampa unificate. Basta prendere alcune statistiche a alcuni numeri:

  • Il piano  (peraltro enunciato da Trum e adesso in forse) di dare 2000 dollari agli americani in difficoltà per evitare che perdano la casa e altri loro beni ha trovato moli ostacoli a causa del suo costo complessivo di 465 miliardi dollari, ma questa cifra è meno della metà dell’importo che i miliardari americani hanno guadagnato durante la pandemia ovvero mille miliardi dollari ed è di molto inferiore al contributo di 700 miliardi dato ai banchieri dopo la crisi.
  • Jeff Bezos ed Elon Musk da soli hanno guadagnato più ricchezza durante la pandemia ( 158 miliardi ) di quanto il Congresso abbia appena autorizzato per ulteriori indennità di disoccupazione per milioni di americani (  120 miliardi ).
  • Peraltro nel solo 2020 il 5% per cento più ricco ha risparmiato in tasse una cifra molto superiore ai sussidi di disoccupazione, ovvero 145 miliardi dollari.
  • La ricchezza personale di Jeff Bezos è aumentata nel 2020 di 2800 dollari al secondo ovvero parecchio di più dei 2000 dollari di contributi eccezionali  che il Congresso sta considerando di dare agli americani che stanno affrontando sfratti, fame e bancarotta.
  • Secondo la tabella della Federal Reserve statunitense la percentuale della ricchezza privata degli Stati Uniti detenuta dall’1% più ricco è passata dal 5% nel 1990 al 36% oggi, un aumento di oltre sette volte i due terzi del quale realizzato negli ultimi 12 anni e se questo processo andasse avanti in maniera lineare si raggiungerebbe il 100 per 100 nel 2035. Una volta che possedessero tutto, tutti gli altri lavorerebbero per loro o sarebbero in debito con loro, ma già oggi questo avviene per così dire per un  terzo.

Ora tutto questo non può essere visto come aneddotico, come esclusivamente legato a Trump o come una situazione transitoria e temporanea,  esso indica invece uno spostamento della governance dalle istituzioni democratiche ai consigli di amministrazione. Oggi col 36 per cento delle risorse  i miliardari americani ora hanno un potere di veto assoluto contro qualsiasi candidato alle primarie presidenziali di entrambe le parti, come sa bene Bernie Sanders sbattuto fuori a suon di dollari dalla corsa. E un candidato che non è sostenuto almeno da parte di questa oligarchia del denaro o che peggio ancora si opponga ai super ricchi e alle basi ideologico – sociali che hanno permesso queste gigantesche disuguaglianze, non ha praticamente alcuna possibilità di vincere nessuna elezione al governo federale. Del resto si è ormai creato un meccanismo, un vero e proprio sistema chiuso, in cui le stesse persone transitano dal governo alle imprese di chi finanzia le campagne elettorali.

Le radici di questa situazione affondano nel tempo e si devono far risale al 1976, quando, a neoliberismo emergente, la Corte suprema emise una sentenza veramente profetica e ideologicamente illuminante nella quale si toglieva qualsiasi tetto ai contributi elettorali perché il “denaro è parola” e il primo emendamento stabilisce la libertà di parola. E’ li in quell’equazione di “denaro” con “parola” che è cominciato il declino della democrazia americana e per disgraziato trascinamento geopolitico anche delle democrazie europee, la cui natura era diversa più “popolare” di quella americana, legata più a temi sociali complessivi che a diritti individuali e dove non era certo previsto che i soldi fossero il logos