Ecco di fronte a tutto questo, a queste folle variopinte, incazzate, ingenue, rozze ed inermi sino alla violenza, mi viene in mente Pasolini e l’inversione di quell’articolo -poesia in difesa dei poliziotti dopo gli scontri di Valle Giulia nel ’68: figli di proletari contro gli studenti della buona borghesia che in realtà non stavano facendo alcuna rivoluzione, ma una guerra civile generazionale, un conflitto con i padri. Era una interpretazione assolutamente realistica e più lucida di molte altre che sono giunte decenni dopo, ma insomma quell’accreditare i meccanismi repressivi dello Stato in virtù dell’estrazione sociale o di classe mi pareva retorica oltre che sorprendente visti i guai di Pasolini con la polizia. Eppure adesso mi sento, sia pure in tutt’altro contesto di invertire il discorso e di fare il tifo per quella società povera e sempre più proletarizzata, che ha un senso solo per riprodurre il consumo, che si sente derisa e colpita nei suoi diritti e nelle sue speranze, nelle conquiste che parevano ormai acquisite, che sciama per le strade e odia i palazzi del potere e le loro strutture reali. Poco importa che indossi un gilet giallo o si metta le corna o non abbia letto l’ultimo risvolto di copertina, suprema prova di appartenenza alla civiltà del nulla, o che appaia rozzo: esso è esasperato dalla strategia delle mistificazioni e dei linciaggi su bit e su carta di giornale, offesa dalla mancanza quasi pneumatica di argomenti che non siano le frasi rituali che sono la maledizione del futuro e che fanno la la gioia di “postfascisti”, sindacati gialli, giornalisti da talk-show, commentatori pavloviani. Da quel culturame che ha ridotto a prodotti light e rimacinati a pietra anche i corsari, gli eretici, i rivoluzionari. Compreso ovviamente anche Pasolini che tanto per dire fu attaccato al tempo per la sua omosessualità persino dal Manifesto che oggi è tutto casa e gender.
Non mi interessa che siano folclorici, rozzi e ignoranti, che esprimano male il loro disagio o anche in maniera sbagliata perché attraverso di loro passa il conflitto sociale che è del tutto scomparso dal discorso pubblico, messo sotto il tappeto, soffocato, zittito, oscurato da mitologie fasulle e che naturalmente viene demonizzato non appena mette fuori la testa. Essi sono la prova che il mondo non è ancora morto, non ancora del tutto conquistato e naturalmente essi attirano il risentimento di chi non sa essere così grezzo, così goffo, non avendo mai provato la spietata eleganza della necessità. Essi vengono deplorati e odiati dai probi difensori di una democrazia che non esiste se non come scenario dello spettacolo pubblico e dunque difensori solo del potere. A loro direi con i versi di Pasolini ” i vostri adulatori non vi dicono la banale verità: che siete una nuova specie idealista di qualunquisti”.