Anna Lombroso per il Simplicissimus

Con scarsa tempestività e nessun senso dello spettacolo: poteva programmare la sua performance live la notte del 24 per realizzare una natività smart o in quella del 31 per inaugurare l’anno della digitalizzazione – e infatti gli encomi sono andati tutti al novello padre -,  una signora bolognese ha dato alla luce il suo pargoletto, Alex, 2,9 chili, seguita nel travaglio “da remoto”  da un’infermiera con l’ausilio  di FlagMe, l’Emergency Mobile link  “pronto all’uso che migliora tempi e qualità del call-taking grazie a innovative funzionalità basate su mobile”, modestamente autodefinitosi “l’app che salva la vita”.

Era già successo col bimbo di due anni che stava soffocando, salvato in diretta video da un infermiere del 118 che ha aiutato i genitori nella manovra di Heimlich, in attesa che giungessero i soccorsi. E adesso questo nuovo caso apre un meraviglioso orizzonte di prestazioni sanitarie e cliniche nel quadro delle nuove frontiere di un welfare virtuale, pronto, e dio sa se non ne sentiamo il bisogno, a fornirci i servizi di intelligenze e professionalità artificiali.

Il tutto in casa e do-it-yourself, come si addice a questi tempi e agli attuali frangenti che ci hanno insegnato che dopo sterili contatti con le autorità sanitarie è meglio curarsi tra le 4 mura con tachipirina e Vicks Vaporub,  che la prevenzione e l’assistenza sono state collocate in soffitta insieme alle arcaiche rivendicazioni di diritti e garanzie, che i pronto soccorso di tutto il mondo sono differenti dalle location dove si muovono i nostri eroi in camice,  Meredith Grey o Gregory House, che da noi, tra l’altro, sarebbero soggetti a un consenso intermittente, una volta martiri e una volta irresponsabili novax da licenziare su due piedi.  

È che pare ci sia bisogno di questi incoraggianti quadretti famigliari pronti per Spencer Tracy nonno, di questa propaganda del Bene contro il Male incarnato dal diabolico virus, di qualche eroe sceso tra noi dalle copertine della Domenica del Corriere.

Però, però è lecito che sorga il dubbio che dopo la demolizione della sanità pubblica, oggi interamente dedicata al contrasto immunizzante del Covid, tanto che non è legittimo ammalarsi d’altro, e per via dell’impoverimento generale e diffuso che limita il fastoso immaginario di sindacati, aziende e patronati promoter di assicurazioni e fondi costitutivi del diritto all’assistenza che ci siamo pagati con tasse e salario e riduce la possibilità per i comuni mortali di morire in sibaritiche cliniche private, le nuove frontiere siano queste, il simpatico interfacciarsi ora con un “operatore”, domani forse con un robot, dire 33 al risponditore che con voce metallica ti chiede di ripetere prima di premere cancelletto, di inviare il selfie delle tonsille arrossate e il messaggino vocale del tic tac cardiaco.

Procedure queste già in qualche modo sperimentate con medici di base, quelli soddisfatti di essere stati estromessi dall’apocalisse sanitaria -che  magari altri si sono ricordati del Giuramento di Ippocrate e si sono arrangiati a cercare di applicare qualche protocollo di cura inviso a testimonial dell’unico rimedio consacrata – che hanno scelto di prestarsi in forma notarile, da ufficiale postale,  da distributore automatico di ricette, abituati a frettolose consultazione telefoniche.

Si vede che non meritiamo molto più di un’app, se abbiamo acconsentito che i più fortunati dei nostri figli eseguissero delle pantomime didattiche davanti allo schermo “classista”, che si abituassero a giocare coi compagni su watsapp, se l’ora di ginnastica è stata trasformata in “educazione motoria” coi poveri fanciulli seduti con mascherina a sciropparsi i pistolotti dell’epica profilattica.

Se ci siamo fatti convincere che il caporalato e il cottimo virtuale fosse un progresso e non il voluto generarsi della confusione tra tempi di lavoro e tempo libero, in modo da attuare uno sfruttamento h 24, con tecniche più sofisticate di sorveglianza e controllo arbitrario delle prestazioni.

E se migliaia di donne si sono persuase della bontà del part time, sfruttate come lavoratrici precarie e come sostitute multitasking di servizi sociali e scolastici, proprio come succedeva con il lavoro nero davanti alla macchina da maglieria, a fare guanti e cucire tomaie.

A questo proposito, alcune femministe da cortile e da tastiera quelle che preferiscono superiorità, la loro però, all’uguaglianza che le condannerebbe a stare al fianco delle plebee, insegnanti frustrate, casalinghe disperate, operaie avvelenate che non meritano né carriere né giustizia e nemmeno un salario pari a quello maschile, si sono dispiaciute per le cronache rosa del lieto evento  che hanno magnificato con tinte pastellate soltanto la “prova” del giovane marito  “agitato ma bravo”, invece di tributare il doveroso omaggio all’eroica mammina.

Che a questo siamo, esigere il riconoscimento per la prestazione virtuale, invece di incazzarsi che nel 2021 siamo tornati ai tempi nei quali il parto era rischioso, invece di preoccuparsi che sia stata presa troppo sul serio al neo-retorica sul fatto che la gravidanza non è una malattia, in modo che possano moltiplicarsi i cesarei a comando per non intasare i reparti il 15 agosto, in modo da recuperare i sacri riti del parto in casa con la levatrice, così da far risparmiare quattrini al sistema sanitario, in modo che accertamenti e diagnostica prevedano liste d’attesa superiori ai 9 mesi, in modo che si possa lavorare fino al nono mese con contratti anomali e  lettere di licenziamento postumo nel cassetto, in modo che il lieto evento sia tale solo se puoi permettertelo nella clinica dove esercitano in molteplici attività gli unici obiettori di coscienza legittimati.

E invece di  battersi ogni giorno come non si sarebbe mai dovuto smettere di fare, perché essere madri non sia un lusso e un privilegio, perchè non comporti rinunce al talento, al posto, al salario, alle ambizioni  concesse unicamente a quelle che sono “sorelle” soltanto delle eventuali consanguinee e affini, selezionate per rendita, dinastia, fidelizzazione. Perché  se non c’è stata l’unione dei proletari di tutto il mondo anche quella di genere è proprio farlocca.