Abbiano qui un ribaltamento della aneddotica marxiana: all’inizio questi storpiamenti si presentavano come farsa nei film di Totò e oggi si presentano come il dramma dell’ignoranza e della sudditanza. Non abbiamo infatti solo le parole degli spot i vari “plas” al posto di plus, primium invece di premium, giunior invece di iunior, ma anche l’immancabile ” midia” invece di media che viene largamente usato anche dalla schiera degli intellettuali da tv, per non dire di tiutor invece di tutor, odit invece di audit, come se già non bastasse il moltiplicarsi di anglicismi usati soprattutto per evitare di dire qualcosa di esatto e di specifico, per essere vaghi e vacui, per apparire smart e acculturati dentro uno spaventoso provincialismo. E non basta perché questa anglo genuflessione sii attua anche sulle lingue diverse rispetto all’italiano: Netflix e compagnia pullulano di doppiaggi dove i nomi francesi o tedeschi o scandinavi o slavi sono inglesizzati togliendo al sub spettatore medio il terrore di dover scoprire qualcosa di diverso dalla sua sudditanza quotidiana. Tra l’altro la diffusione dell’inglese che è senza dubbio la meno complessa tra le lingue indoeuropee, l’ha ulteriormente semplificata e oggi alcuni linguisti segnalano la sua uscita dal novero delle lingue flessive per entrare in quello delle lingue isolanti, sostanzialmente un pidgin di se stessa. Per carità ogni lingua ha una sua ricchezza e ci sono parole inglesi di cui non potremmo fare a meno, ma ce ne sono molte, molte di più delle quali si potrebbe benissimo fare a ameno essendo più generiche e meno incisive rispetto alle nostre e complessivamente più rozze.
Ma evidentemente sono più adatte al declino intellettuale contemporaneo che fa dell’indistinto e del semplicemente suggestivo il suo fulcro. Chissà magari domani si terminerà con Atonti.