Site icon il Simplicissimus

Covidprop

Anna Lombroso per il Simplicissimus

Qualche giorno fa ho commesso con infantile ingenuità la colpa di dire la verità, attribuendo al Governo, nel titolo di un post, la colpa della triste fine di un caffè, il Florian di Venezia, che in altri paesi godrebbe del trattamento riservato a siti, case di artisti e poeti conservate gelosamente come ambientazione di un’epoca, raccolte d’arte, archivi.

Apriti cielo, se i ritrovi storici, come d’altra parte musei, biblioteche, teatri sono chiusi e minacciati di fallire o scomparire, la colpa è del Covid, diventato in questa epoca, che si diceva soffrisse dell’eclissi del sacro, una divinità maligna, incontrastabile come un demone che si infiltra, detta politiche, impone restrizioni, punisce o forse addirittura fa giustizia colpendo qualche potente, però presto guarito.

Dopo anni in cui il culto era riservato al dio Mercato impegnato a fare danni e trovare soluzione, al dio Progresso che a differenza di Giano mostrava una sola faccia, quella delle magnifiche sorti della scienza produttrice di cure e medicamenti, della tecnica che dovrebbe risparmiare dalla fatica, del benessere che sparge le sue polverine d’oro prodotte dai padroni anche tra i poveracci, adesso tocca prodursi con sacrifici, rinunce e riti cruenti per appagare la crudele ferocia della malattia in modo da conservarsi la salute.

Inutile contestare che non è il Covid che ha obbligato a creare delle gerarchie e della graduatorie di “essenzialità” secondo le quali è doveroso negare accesso e godimenti del nostro patrimonio di storia e bellezza, tenendo invece aperti i nuovi templi della socialità: centri commerciali, catene di distribuzione di brodaglie, però da agevole asporto.

Che non è il Covid a determinare come si configurerà, se mai ci sarà, il dopo, scegliendo di investire in Grandi Opere, grandi aeroporti e stazioni oggi retrocesse a archeologie prefuturiste, Grandi Ponti e Grandi Eventi, utilizzando un modello che impone il ricorso a procedure d’eccezione e figure commissariali  irrinunciabili.

Che non è il Covid a raccomandare che il contrasto alla sua demoniaca potenza si offici non con protocolli di cure, bensì affidandosi a una soluzione finale di incerta efficacia,  e che non è il Covid che impone di dividere i cittadini in chi è tenuto a esporsi alla sua forza del male e in quelli che possono essere esenti non si sa bene per quali meriti antropologici, economici, sociali o morali.

Niente da fare, non c’è verso di indurre alla ragione i tanti, quelli che vivono restrizioni, limitazioni di libertà e domicilio coatto come un “sabbatico” ormai vicino all’anno, che esime da responsabilità, scelte, consapevolezza, posticipando i conti che si dovranno fare, quelli della spesa e delle rinunce a diritti: lavoro, istruzione, cultura, divertimenti,  viaggi.

O quelli che hanno abbracciato la fede nella scienza officiata da sacerdoti capricciosi e egocentrici, contraddittori e ingenerosi detentori del potere della conoscenza e alieni da dubbi e interrogativi, capaci dunque di infondere inossidabili certezze criminalizzando i perplessi e gli eretici o semplicemente togliendo loro la parola, compreso qualcuno subito colpito da operoso e frettoloso ravvedimento nel timore dell’estromissione dalla comunità accademica e televisiva, come accade a medici soggetti a espulsioni e sanzioni.

E poi ci sono quelli che hanno sostituito altre forme di militanza e critica, già negli anni sempre più cauta e prudente, con l’arruolamento nel pandidelogia, festosamente convertiti all’obbedienza che fino a qualche anno fa non  doveva più essere una virtù,  manifestata e professata con mascherine e distanziamento purché solo sociale in modo da schifare esemplarmente plebaglie disordinate e dissipate che vanno sui bus stracolmi si recano al lavoro fanno acquisti al supermercato anche in tarda età  invece di rifornirsi grazie alle grandi catene online promosse a salvifiche attività di servizio civile.

E anche quelli, (ne ho scritto qui: https://ilsimplicissimus2.com/2020/10/25/meglio-i-cattivisti/ ) che hanno aderito come espressione di una superiorità sociale e culturale, dunque morale, in contrasto con la ignoranza esternata dai miserabili che vengono doverosamente catalogati come novax e complottisti, i posseduti dai fantasmi di credenze popolari arcaiche che bisogna marginalizzare perché non nuocciano a se stessi e agli altri, magari con una bella stella gialla che li contraddistingua e che impedisca l’accesso ai pubblici concorsi, al lavoro nella Pa o a contatto con il pubblico.

Vien proprio da dire che c’è un complotto ordito ai danni di chi nutre  dubbi e riserva  critiche alla gestione del Covid condotta in modo da ridurre una tremenda emergenza sociale venuta da lontano in crisi sanitaria per far dimenticare il concorso e la correità passate e presenti in politiche di demolizione del sistema pubblico di cura e assistenza, la cancellazione delle garanzie del lavoro che ha sottoposto una moltitudine di lavoratori non solo precari a esporsi a quello che veniva presentato come un rischio mortale, l’irrazionale governo della mobilità urbana, il progetto riuscito di smantellamento definitivo della scuola pubblica.

Con lo slogan posto come incipit ad ogni dialogo monodirezionale e monocratico:“ma è possibile che tutto il mondo sia caduto nella trappola, che tutto il mondo abbia creduto a una favola dietro alla quale si nasconde una macchinazione?”, si è lavorato in questi mesi, se non per portare al successo una cospirazione, sicuramente per approfittare – e in Italia è un sistema id governo collaudato per promuovere austerità, rinuncia, colpevolizzazione, e poi, per realizzare in regime di eccezione opere e interventi attuati contro l’interesse generale –  di una emergenza e degli effetti che ne conseguono tanto che la massa è persuasa non solo a piegarsi ma addirittura a farsene interprete e testimonial entusiasta.

A partecipare in prima linea sono stati i media, già da anni convinti della bontà della prescrizione  trucida che solo le cattive notizie sono buone e dunque che più c’è dolore, più c’è sangue lacrime e raccapriccio e più si vende e si acquisisce prestigio e credibilità, che hanno abbandonato qualsiasi estro investigativo e tolto dalle app di sistema la calcolatrice per abbandonarsi trionfalmente  alla voluttuosa orgia delle cifre scombinate, della statistiche farlocche, del protagonismo dei guru apocalittici e dell’ostensione dei casi umani di direttori  e cronisti inviati nel tunnel della malattia, con tanto di suggestiva colonna sonora di lamenti e grida.

E non deve sorprendere che abbiano aderito e si siano allineati alla linea di dare addosso alla plebe quando le cose vanno male e di santificare qualche decisore nel raro caso si presenti l’eccezione positiva  che conferma la regola, anche quelli che compiono il rito della “critica” all’Esecutivo, che comunque rispondono indirettamente al governo in veste di portavoce di chi ha comandato e dettato le regole mentre Conte scriveva i Dpcm, cioè le proprietà editrici impure, Confindustria, quello che è ancora lecito chiamare padronato, le multinazionali che hanno moltiplicato profitti, le cordate di imprese che aspettano il rilancio su misura per loro.

Tant’è vero che le provvidenze per l’editoria, ritoccate in “meglio” grazie alle risorse destinate alla digitalizzazione incongrue per testate che vi fanno pagare anche l’accesso alle edizioni online, e che come minacciato, dovevano interrompersi, sono state prorogate facendo affluire il solito ricco budget di 125 milioni nel Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, destinato al sostegno dell’editoria e dell’emittenza radiofonica e televisiva locale, notoriamente collocato presso la Presidenza del Consiglio a assicurare appunto trasparenza, pari opportunità e libera espressione, che distribuisce le risorse con l’altro soggetto garante di indipendenza, il Ministero per lo Sviluppo Economico. E contravvenendo alla decisione di mettere fine all’erogazione  dei contributi diretti a favore delle imprese editrici di quotidiani e periodici,  e delle imprese radiofoniche private,  fino all’annualità 2024, i contributi saranno concessi sia pure con qualche “aggiustamento”.

Così adesso siamo nelle mani degli ubriachi che non sanno come liberarsi dai fumi delle bevande tossiche che ci hanno somministrato in una intermittenza di paura prevalente e speranza fideistica, i loro ripetitori variamente comprati e venduti ondeggiano tra il doveroso sostegno al miracolo della scienza e l’indole a gridare le cattive novelle, incerti se celebrare le cerimonie festose dei vaccini o i positivi a una settimana dalla liturgia, se glorificare le processioni di questuanti della salvezza nei rosei padiglioni o fare due conti sulla durata dell’operazione, valutata con questi ritmi in più di un decennio.

E noi stiamo come sull’albero le foglie mentre gli indecisori e i loro propagandisti esitanti se dismettere l’epica biblica dell’apocalisse o intraprendere il cammino incoraggiante e redentivo della salvezza, sia pure con vaccino, proprio solo quello, mascherine, isolamenti e restrizioni, domicili coatti, lavoro agile e didattica da remoto, mettono in pratica il loro “nulla sarà come prima”. E infatti sarà peggiore.

Exit mobile version