La prima parte è qui

Dunque veniamo al cosiddetto consenso informato la cui prima formulazione risale al Codice di Norimberga: esso prevede che i pazienti facciano le loro scelte terapeutiche in maniera consapevole e sembra quanto di più scontato vi possa essere una volta stabilita l’autodeterminazione della persona per ciò che concerne la cura. In realtà è una cosa  tanto facile a dirsi quanto difficile da realizzarsi innanzitutto perché la scelta consapevole dipende dalla capacità del paziente stesso di comprendere davvero le implicazioni di quanto gli viene detto, cosa sempre più difficile in un tempo di caduta culturale e di effimere suggestioni. E poi perché i medici stessi spesso non sono informati o lo sono parzialmente o sono mal informati: il loro compito è curare le persone e esercitare la loro esperienza, non possono leggersi caterve di studi e spesso devono fidarsi dell’informazioni che arrivano, magari parecchio tempo dopo o nella massima parte dei casi che provengono direttamente dalle multinazionali del farmaco, le quali peraltro finanziano gran  parte della ricerca medica generando un corto circuito di cui fa le spese l’oggettività scientifica.

Insomma l’idea di scienza che oggi permette di tacitare qualsiasi dissenso e anche qualsiasi evidenza, di narrare una pandemia, ha le sue radici in una visione ottocentesca quando scienziati e ricercatori erano a dir tanto qualche migliaio per cui il metodo di sperimentazione e controllo che sono il cuore del metodo scientifico era effettivamente praticabile e a costi generalmente abbordabili. Oggi abbiamo milioni di scienziati e ricercatori che producono una tale massa di studi che nessuno è davvero in grado di controllare e tanto meno di riprodurre, la cui “revisione” e approvazione è affidata solo al rispetto di procedure e protocolli formali. Del resto riprodurre gli esperimenti e ricerche richiede ormai  ingentissimi fondi reperibili solo a scapito di quella indipendenza teorica su cui si basa la religione della scienza. In realtà esiste un rapporto ormai intrinseco col capitale e anzi si potrebbe dire che la scienza è funzione, nemmeno più biunivoca, di esso.  Chiaro che in questo agitato presente non siamo in presenza di un appello alla scienza, almeno nella sua sostanza ideale, ma alla recitazione di un salmo allo  scientismo con il suo richiamo alla fede e all’autorità e con tutto un clero mediatico formato da cardinali, vescovi, parroci e chierichetti delle redazioni che recita la santa messa pandemica.