Alla fine a una classe dirigente scaduta ai minimi termini, ma anche un popolo che oggi assomiglia più a una plebe dispersa e inquieta, non sanno fare a meno di rivolgersi a un qualche tutore che sia l’Europa tedesca o gli Stati uniti benché slittati in Sudamerica, meglio se entrambi: fare da soli, fare gli interessi del Paese e dunque quelli dei cittadini, rendersi liberi è l’ultima cosa alla quale si pensa, meglio mal accompagnati che soli. Basta semplicemente vedere come la frangia più critica rispetto alla situazione attuale, pandemia e misure anticostituzionali comprese, si attende la liberazione dalla dittatura sanitaria da Trump redivivo e non pensa minimamente di fare qualcosa di efficace in proprio. Del resto il desiderio di tutela esterna, di vincoli, riflettono per intero anche il senso politico del processo di integrazione europeo: i pochissimi che si sono dati la pena di leggere il Manifesto di Ventotene, invece di citarlo a vanvera quale testo sacro, sanno che la Ue nasce proprio dal sospetto per la democrazia e per il popolo che potrebbe anche essere ingannato e portato ad inseguire ogni tipo di avventura: dunque gli Stati Uniti d’Europa sono stati concepiti proprio costrutto elitario per evitare queste possibilità, ma alla fine anche l’eluzione e il progresso sociale. Certo gli autori erano traumatizzati dalla traiettoria del fascismo e dall’affermazione su quasi tutto il continente di analoghi totalitarismi, ancorché peculiari alle diverse culture, ma non avevano forse compreso che tutto questo era stato caldeggiato e favorito proprio da quelle elites di potere che temevano le lotte sociali e i loro sbocchi rivoluzionari, e che all’indomani della guerra, rassicurate dagli Usa imperiali e “moderate” dall’esistenza dell’Urss, si erano adeguate al capitalismo democratico e keynesiano. Non senza guardare però all’obiettivo di una governance che superasse la politica delle rappresentanze e che fosse controllato dall’alto: l’deale per questo era un governo sovranazionale che in sostanza non dovesse rispondere a nessuno e men che meno al popolo.
Ad un livello più basso questo si è tradotto nella diffusa sensazione di non poter fare da soli o comunque di non poter fare ragionevolmente i nostri interessi invece di quelli altrui. Cosa potremmo fare senza gli Usa? E in nome di questa dipendenza necessaria abbiamo stracciato il rifiuto della guerra inserito nella Costituzione, non facendola in proprio, ma per conto del padrone, come se questo ci permettesse di conservare una certa coerenza. Poi finito il mondo bipolare la domanda è stata cosa potremmo fare senza l’Europa? Falsamente vista come contraltare dell’imperialismo. E poi cosa potremmo fare senza l’euro? Cosa clamorosamente idiota, fra l’altro, visto che il boom economico era stato realizzato con la lira e che le economie che dispongono di sovranità sulle divise sono in condizione di grande vantaggio o quantomeno non sottoposte al continuo ricatto dei centri finanziari. Le classi dirigenti si sono date un gran da fare per favorire questo sentimento di inferiorità, di sfiducia nei propri mezzi e conseguentemente anche nello stato e per inoculare invece un senso di affidamento verso istanze sostanzialmente sottratte ad ogni controllo, anche quando queste si rivelano nefande, anche quando sono pandemiche.
Alla luce di questa storia è ben difficile che un milieu politico dominato dal senso pervasivo del vincolo esterno e popolato da persone che sono state incapace di resistere, possa rifiutare la letale comunione col Mes che compirà definitivamente l’opera di spoliazione della sovranità. E forse compiranno la massima aspirazione del popolo essere cittadini del mondo di serie b.