Anna Lombroso per il Simplicissimus

Ma vuoi vedere che gli italiani non vogliono l’uomo forte, preferiscono invece la guardia, il vigilante.  Che è talmente ormai connaturato lo status di cliente del supermercato globale, di subalterno e gregario, che invece del condottiero, del tiranno dispotico, si accontentano di un succedaneo in veste di mellifluo persuasore messo anche lui a sorvegliare e indirizzare i nostri comportamenti in veste di guanto di velluto che esegue i comandi delle mani di ferro padronali.

E proprio come lui quelli che vediamo in rete lanciare l’anatema sui frequentatori di supermercati, centri commerciali, piazze e strade addobbate con meste luminarie dove eseguire uno dei pochi riti sociali deplorati ma concessi, lo struscio con occhiata frustrata alle vetrine, il guardiano lo vogliono per gli altri, tanto che pubblicano le loro foto scattate in veste di ispettori, di testimonial sul campo della morale sanitaria, che svolgendo quell’alto incarico non presentano rischi di assembramento e attentati al distanziamento.

D’altra parte non stupisce che sia diventato un tratto antropologico, una costante nella nostra autobiografia nazionale.

Non c’è crisi che non riecheggi della pressante richiesta di soldati sulle strade, compreso il traffico di Ferragosto ormai rimpianto come l’età dell’oro di Pericle, non c’è sindaco che non voglia dare prova di tenace e determinata muscolarità che non esiga la presenza di militari per mantenere ordine pubblico e decoro, che per confermare il processo di spettacolarizzazione di ogni contesto pubblico, per trasmettere il senso e incrementare la percezione sinistra dell’allarme, del pericolo, in modo da autorizzare e legittimare atti emergenziali, limitazioni delle libertà, doverose rinunce a diritti, leggi speciali e commissari straordinari, cosa c’è di meglio degli armigeri per strada, dei finanzieri che invece di rintracciare i patrimoni diretti alle Cayman, multano il runner senza mascherina, dei poliziotti che in numero di più di 70 mila sono stati mobilitati per il Natale Sicuro, cui vanno aggiunti i militari di Strade Sicure. Quelli che provvisoriamente erano stati adibiti a controlli e operazioni di contrasto alla mafia, ma che abbiamo visto all’opera, anche loro, per sanzionare i disubbidienti del lockdown o per sviare i giornalisti dal visitare le regioni colpite dal sisma o i luoghi dove si consuma ogni autunno un disastro prevedibile.

Ormai modeste osservazioni di buonsenso vengono trattate e maltrattate come moralismi o banalità retoriche: dal calcolare quanti presidi ospedalieri si potrebbero realizzare con le spese militari, all’osservare che certi dispiegamenti di forze avrebbero avuto più proficuo impiego nella lotta alla criminalità, alle mafie, al racket. Anche questo fa parte del potere di convinzione messo in atto dell’ideologia cui si ispira il totalitarismo economico e finanziario al potere, che ha umiliato e represso qualsiasi istanza e aspettative di un’alternativa allo status quo, qualsiasi pensiero che si sottraesse adi diktat della realpolitik, subito accusato di patetico velleitarismo visionario.

Così si spiega quella che ormai sembra proprio un’indole, l’assoggettamento brontolone a imperativi lesivi dell’interesse generale, un conformismo introiettato e inteso come la scrupolosa espressione di responsabilità e di adattamento a principi etici, che comprendono l’osservanza di regole dettate da caste del sapere e da potentati che rivendicano di agire per il nostro bene, con un piglio pedagogico e pure repressivo necessario per guidare una plebe infantile, indolente, capricciosa e parassitaria.

Era inevitabile che la libertà venisse retrocessa a licenza, anche a vedere i leader che ci siamo scelti o abbiamo comunque sopportato, da prendersi come arma offesa o di autodifesa, come è stato per  familismo, clientelismo, abusi e abusivismo, evasione, licenze, insomma  che ci sentiamo autorizzati a prenderci e concederci purché siano interdette agli altri con tutti i mezzi propagandistici, penali e quelli più attuali della moral suasion e della “responsabilità sociale”.

E se si è riluttanti a fare direttamente i delatori, ad  alzare il telefono e denunciare i trasgressori, un limite che non abbiamo oltrepassato per denunciare mazzettari corrotti e corruttori, tangentisti, mondi di mezzo che circolavano tra noi indisturbati e strafottenti, siamo pronti a dar corso a gogne, tribunali del popolo, roghi virtuali e ad applaudire la giudiziosa esecuzione dei decreti sicurezza addomesticati dal Conte 2, con tanto di tutela dell’ordine sanitario e del decoro profilattico, grazie alla doverosa militarizzazione, già avviate ai primi da marzo con la silente repressione delle manifestazioni di lavoratori che reclamavano misure di sicurezza nei posti di lavoro.

Tutti zitti (userò il NOI come espediente narrativo, senza però dividere le responsabilità e le correità) abbiamo sostenuto che aperture e chiusure a intermittenza venissero ordinate sotto dettatura di Confindustria, abbiamo subito l’umiliazione di essere trattati da cretini per gli arbitrari “non si può”, poi “si può” poi “non si può più perché siete stati irresponsabili”, abbiamo tollerato che dopo aver demolito sanità pubblica, cura, assistenza, il nemico invisibile venisse mostrato come una pena comminata per aver sperperato e dissipato e la morte come estrema punizione per comportamenti incivili o per il reato di improduttività, abbiamo assistito alla guerricciola tra governo centrale e Regioni a un tempo rimbrottate, ma non commissariate, sgridate ma poi lasciate libere secondo criteri cromatici di fare come suggerivano poteri locali, abbiamo consentito che in nome del diritto alla salute venisse cancellato quello all’istruzione, abbiamo approfittato della divisione tra cittadini di serie A a casa al sicuro e cittadini di serie B, gratificati dalla funzione  di “essenziale”, esposti senza dispositivi e requisiti di protezione a fare assembramenti nei luoghi di lavoro e mezzi pubblici, che se il morbo fosse davvero così letale sarebbero stati oggetto di esecuzione sommaria.

Ma adesso ci possiamo rifare pensando alla persecuzione non solo amministrativa cui sono sottoposti altri da noi, grazie alla circolare della Ministra Lamorgese, un’altra lodatissima esponente del miglior governo possibile, che infatti ha dato scrupolosa applicazione alle linee guida dei predecessori, dalla gestione dell’immigrazione, compresa la fotocopia del patto con la Libia, ai principi delle leggi dell’incarnazione del fascismo al giorno d’oggi, con qualche lievissimo, impercettibile ritocco.

Dobbiamo a lei le raccomandazioni contenuti  in una circolare inviata ai prefetti  per la pianificazione “di  servizi di controllo del territorio, specie in prossimità delle festività natalizie, dedicando particolare attenzione alle aree di maggiore affollamento, in cui si possono verificare fenomeni di inosservanza, anche involontaria, delle misure di distanziamento interpersonale”.  

Il documento in particolare sottolinea cche servirà una “analoga attenzione” anche sui controlli sugli spostamenti tra Regioni dal 21 dicembre al 6 gennaio e, tra i Comuni, nelle giornate di Natale, S.Stefano e Capodanno “da effettuarsi sulle principali arterie di traffico e sui vari nodi delle reti di trasporto, in considerazione, soprattutto, degli spostamenti conseguenti alle particolari restrizioni”, ribadendo la necessità per chi si sposta di dotarsi di una autodichiarazione nella quale si attesti “l’esigenza di raggiungere parenti, ovvero amici, non autosufficienti, allo scopo di prestare ad essi assistenza”.

Non sono precisate nel dettaglio le misure per contenere e contrastare il fenomeno dei veglioni, delle sbornie del 31, degli zii in abito da Babbo Natale davanti ai fanciullini in pigiama in numero superiore a 6, compiti lasciati all’intraprendenza di occhiuti vicini. E che naturalmente non valgono per le ville isolate di Capalbio, Porto Ercole, per le masserie delle grandi forme e dei creativi in Puglia, per gli chalet romiti di Cortina e Courmayeur, dove gli augusti proprietari stanno per dirigersi, non avendo l’obbligo di attendere le ferie, dopo aver diramato l’invito a una scrematura di affini proprio come si fosse in casa Palmieri, quella villa Schifanoia dove solo gli eletti meritano di trovare riparo, dedicandosi ad ameni passatempi letterari.