Chi comanda è in grado di gestire qualsiasi verità e dunque anche qualsiasi illusione o paura. Ed ecco qui un fotogramma della trasmissione “Italia in diretta “nella quale si descriveva l’atmosfera fanta funebre di una terapia intensiva ” che scoppia” in cui compaiono infermieri completamente imbustati dentro tute protettive come in qualche film distopico e pazienti che sembrano appena usciti dal pianeta Helzapoppin. Però sono talmente cialtroni che non sono  riusciti a nascondere la realtà ovvero qualcuno che se ne sta bello e pacifico nel letto, a braccia conserte, senza alcun tubo di prolunga, tuta o mascherina, magari uno della troupe, un inserviente ingaggiato per far numero e occupare un letto, va a sapere, ma di fatto uno che di certo non mostra la minima paura del virus. Questo denuncia per l’ennesima volta come il servizio pubblico non produca giornalismo  e reportage, ma semplice fiction, metta in piedi, magari anche a pagamento, questo sarebbe interessante accertarlo, vere e proprie sceneggiate destinate a tenere alta la paura specie tra il pubblico meno avvertito, quello che se le beve proprio tutte. E tuttavia tra un po’ immagini come queste saranno censurate come chiede una parte delle belle intelligenze sulle quali il Paese può sempre assolutamente contare quando si deve fare un passo indietro nella vita civile e politica.

Chi sta nel gregge non si ribella, ma se trasgredisce lo fa per motivi assolutamente futili, come ad esempio procurarsi le imperdibili “scarp del tennis” della Lidl e non perché costino poco, siano probabilmente assemblate da bambini pakistani e facciano abbastanza schifo dal punto di vista estetico, ma perché sono a tiratura limitata e dunque possederle è una sorta di allungamento del pene o l’occasione per rivenderle on line poi a prezzo stratosferico. Quando ero ragazzo, nessuno si metteva scarpe col marchio del supermercato o di qualunque azienda che non fosse quella dello stesso produttore delle calzature, perché davano l’idea di essere state trovate nel fustino del detersivo, di essere un espediente. Ora invece operazioni di questo tipo colgono sempre nel segno visto che i marchi costituiscono una sorta di pantheon del consumismo, piccoli dei, lari cui affidare il proprio destino. Vuoi che un oggetto costi il doppio degli altri pur avendo le medesime funzioni, vuoi che non costi un cavolo, ma sia comunque esclusivo, roba che si conquista facendo la fila all’alba davanti al negozio, quasi fosse un primitivo rito di iniziazione, il trofeo totemico con cui vantarsi con gli amici: ho le scarpe della Lidl, io si che valgo .Si capisce sin troppo bene come generazioni allevate in questo modo, che non hanno mai abbondato il magico mondo del gioco e dei giocattoli non abbiano alcuna possibilità di liberarsi, mentre sedicenti “scrittori” e intellettuali non fanno altro che scrivere manuali di istruzione di gioco.