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Medico, cura te stesso

Anna Lombroso per il Simplicissimus

Quando in tutta Italia sono stati chiusi reparti, ridotte o cancellate strutture ospedaliere specialistiche  abbiamo visto la “resistenza” di personale infermieristico arrampicato sui tetti dei vecchi nosocomi, i loro sit in che sollecitavano la partecipazione di cittadini.

Ma di manifestazioni di medici ne abbiamo viste poche e dire che quando è accaduto nel 2013, nel 2018 hanno avuto risalto sulla stampa per la sensazione suscitata dalle rimostranze  dei camici bianchi con stetoscopi penzolone scesi in piazza contro i tagli che hanno impoverito la sanità pubblica.

È che come è sempre successo ci vuole un bel po’, un bel carico di umiliazioni, un bel numero di affronti alla dignità e alla professionalità prima che certi lavoratori si accorgano di non appartenere più a ceti risparmiati dalla perdita di beni, di privilegi e del riconoscimento di una superiorità sociale, economica e morale.

E c’è da dire che otto mesi di promozione a martiri e eroi non ha  restituito interamente alla categoria  la reputazione  macchiata da obiettori di coscienza nel pubblico e cucchiai d’oro nel privato, intra moenia e extra moenia opachi, chirurghi che arrotondano col botulino, altri che dimenticano le forbici negli anfratti dello sventurato paziente, dentisti che preferiscono donare lo sfarzoso prodotto dell’implantologia piuttosto che emettere regolare fattura.

Ma anche dai molti medici di base, già prima retrocessi a ruoli impiegatizi di erogatori di ricette, che in questa fase godono le opportunità della smartworking, non rispondendo nemmeno al telefono per far dire 33 alla “clientela”, che non hanno preteso venisse predisposto un protocollo e un piano terapeutico per la cura del virus, lasciando alla buona volontà del singoli totale discrezionalità.

Non stupisce che la voce della corporazione si sia sentita poco in questo frangente, anche se da giorni associazioni di clinici specializzati lanciano l’allarme sui danni provocati da una gestione dell’emergenza indirizzata unicamente a contrastare il Covid, che lascia scoperte prevenzione e ordinaria assistenza e cura di patologie gravi, croniche, sottodiagnosticate o trascurate.

Il fatto è che le poche voci dissenzienti, le denunce di malgoverno della crisi e per l’incidenza di interessi privati, sono state censurate fin da marzo, in Sardegna, in Romagna, nel bergamasco, in Campania dove lo zar ha proibito al personale sanitario di “parlare con la stampa”, nelle zone più calde dove le rivelazioni sulla proibizione di fatto di eseguire autopsie sono state tacitate malgrado le ammissioni dello stesso Ministero della Salute, o sono state smentite alla stregua di fake news o fantasie di ciarlatani in cerca di notorietà.

E molti altri se non venivano zittiti, mettevano volontariamente il silenziatore facendosi assorbire da una spirale di soggezione e conformismo, nel timore di ripercussioni sulla carriera.

Sarà sempre peggio. E i precedenti lo lasciano intendere: molti medici  sono in attesa del verdetto della CCEPS, Commissione Centrale Esercenti Professioni Sanitarie, con la più grave delle sanzioni disciplinari, la radiazione, una punizione obbligatoriamente comminabile solo per condotte aventi rilevanza penale o assimilabili.

Invece gli accusati sono perseguiti per “reato d’opinione”,  per aver espresso   un loro convincimento non allineato con la determinazione del potere politico di promuovere la diffusione di determinati “trattamenti sanitari”.

Parte dei procedimenti risalgono ad anni nei quali regnava la ministra Lorenzin, altri si sono aggiunti,. La colpa della quale si sono macchiati non ha prodotto danni personali alla salute degli assistiti, né tantomeno sono venuti meno agli obblighi  sottoscritti con il giuramento di Ippocrate.

No, l’accusa è quella di aver manifestato le proprie convinzioni, nel pieno rispetto dell’articolo 21 della Costituzione che afferma che “tutti hanno diritto di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e con ogni altro mezzo di diffusione” e di  aver così influenzato  la popolazione istillando dubbi sull’utilità dei   vaccini.

Figuriamoci che gogna mediatica, che anatemi e che ostracismo colpiranno i 935 medici di Anpas e di altre associazioni che si riconoscono nella Medicina di Segnale, che si stanno esprimendo con forza per contestare la confusione artificiosa tra asintomatici, da sottoporre a inutili tamponi, e contagiati, che rischia di imporre restrizioni irragionevoli, proprio quando si starebbe consolidando “la resistenza anticorpale alla malattia”, in virtù di  un “autoritarismo emergenziale”, che ha come pilastro la  colpevolizzazione del comune cittadino, spezzando i già labili legami di solidarietà sociale.

Sono sempre loro che hanno cercato di mettere  in guardia i “decisori” sull’affidabilità dei tamponi, che comunque non hanno  alcuna efficacia sul piano della prevenzione, e non solo per gli eventuali danni prodotti da una procedura invasiva soprattutto se affidata a personale non adeguato, ma anche perché l‘amplificazione del materiale genetico può portare a errori “tecnici”, facendo risultare  positivo al test un soggetto affetto da uno qualsiasi dei virus che appartengono alla famiglia degli “orthornavirae”, i comuni virus influenzali. E quindi non solo il Sars-cov-2, ma anche quello del raffreddore, o della gastrite, ecc.

Qualche sera fa una trasmissione ha deciso che era proprio il momento opportuno per informare sui successi e le carriere di maghi, ciarlatani, guaritori della libera e disincantata America, e non si parla di quelli passati e futuri alla Casa Bianca.

Ovviamente l’occasione era buona per arruolare in questa stessa compagnia di giro, che in Italia ha avuto ogni genere di rappresentante da Vanna Marchi al mago Do Nascimento, da Di Bella, che almeno medico era al veterinario Bonifacio che oggi avrebbe nuovo sbocchi professionali grazie a Zaia, quelli che correntemente vengono ormai chiamati impropriamente negazionisti.

L’intento delle cheerleader della Pfizer, come di tutti quelli che si ostinano a condannare in qualità di apostati quelli che, in numero sempre più numeroso, non dichiarano l’inesistenza del virus ma contestano la strategia intrapresa per contenere e gestire una crisi sociale che ha creato i presupposti  di una emergenza sanitaria, è quello di persuadere il popolo puerile, ignorante, irresponsabile, che oppugnare una teoria scientifica significa disconoscere la Scienza. Quella scienza oggi incarnata in forma spettacolare da quei santoni che hanno riposto il caposaldo di ogni disciplina, quel dubbio che promuove ricerca continua, tenace sperimentazione.

Così non c’è diritto di cittadinanza per lo “scrupolo” che obbliga a cercare alte conferme ma solo per i dogmi incontrastabili, elargiti da un ceto di sacerdoti che possono contare sulla visibilità e la credibilità conferiti  dall’affiliazione non tanto alla casta accademica o a istituzioni rappresentative del sapere specialistico, ma dalla appartenenza a contesti, salotti, poteri  che consentono il diritto di parola solo a chi si muove nel solco del conformismo.

Il processo che concede solo a questa élite di esprimersi e di comunicare, collocando gli eretici nel girone infernale dei “pazzi” secondo  Galimberti molto citato in questi giorni, immaginiamo insieme a Galileo ma pure a  Pappalardo, è lo stesso che ha fatto dell’economia una scienza che si basa su leggi diventate naturali e perciò inconfutabili e incontrastabili, alle quali non è legittimo opporre un’alternativa.

Allo stesso modo gli stretti vincoli tra ricerca speculativa e applicazione profittevole sono gli stessi per i quali Schumpeter  o Keynes devono obbligatoriamente piegarsi agli algoritmi della realistica austerità interpretati dai “ragiunatt” bocconiani.   

L’anatema  e il disprezzo supponente espresso con violenza nei confronti di  mette in discussione una teoria egemonizzata dai poteri politici e economici, indicati come irresponsabili, disfattisti, nel più benevole dei casi, come visionari,  si basa sulla decodificazione aberrante del concetto di competenza, assurto a “principio” che diventa insindacabile, contro gli attacchi dei dissenzienti, grazie non alla verifica degli effetti e dell’efficacia dei risultati, ma solo all’autorevolezza e al prestigio dei suoi detentori autonominatisi. E che adottano il meno scientifico degli approcci, quello dell’assertiva imposizione dell’obbedienza a un dogma e a una teoria che non lasci spazio alla discussione, all’approfondimento, all’ulteriore indagine.   

A consolazione di quelli che oggi, come è successo a me, vengono zittiti in quanto negazionisti, offro come consolazione la frase che un perseguitato mette in bocca a un altro perseguitato per eresia: “Scopo della scienza non è tanto quello di aprire le porte all’infinito sapere, quanto quello di porre una barriera all’infinita ignoranza”.  (da “Vita di Galileo” di Bertolt Brecht )

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