Anna Lombroso per il Simplicissimus

Povero Agamben retrocesso da venerabile maestro a vecchio pazzoide, per aver osato equiparare il dubbio filosofico alle certezze di Burioni e, peggio ancora, per aver sostenuto che la tutela di un solo diritto reso prioritario dall’emergenza non può che sottrarre salvaguardia e rispetto agli altri, a cominciare dalla libertà di pensiero, di espressione e di culto limitato agli atti di fede da rinnovare nei confronti del governo e delle autorità speciali manageriali e scientifiche.

A dare una mano al dileggio sprezzante per l’accademico un tempo incensato che irresponsabilmente non vuole arrendersi al lockdown volontario e meno che mai a quello obbligatorio malgrado il suo status di soggetto non profittevole e non redditizio, per età e non solo (ormai i filosofi utili sono quelli assunti dalle imprese un tanto al chilo pe favorire una razionale e efficace selezione del personale), ci ha pensato il Presidente della Corte Costituzionale prestato in via non eccezionale al cerchiobottismo.

Intervistato dal Corriere,  Mario Rosario Morelli nel ribadire che non esistono “diritti tiranni”, ha subito aggiunto però che “quando bisogna trovare un equilibrio tra il diritto alla salute, il diritto al lavoro e il diritto d’impresa (riferendosi al caso dell’Ilva. ndrnon ce n’è uno da tutelare in maniera integrale a discapito di altri, ma, in una situazione di conflitto, ciascuno può essere sacrificato, sia pure nella misura minima possibile, per consentire la tutela degli altri”. E quindi e senza dubbio bisogna compiere  “un piccolo sacrificio di tutti i valori in campo” perché “in una situazione di conflitto, ciascun diritto può essere ridotto, per consentire la tutela degli altri”.

Ora, potendo esibire le necessarie referenze: esco poco e solo per attività essenziali, indosso la mascherina pur ritenendola largamente inutile e nel mio caso addirittura dannosa per via di effetti collaterali, applico il distanziamento sanitario e anche quello sociale, e di buon grado onde evitare contatti molesti, mi sento autorizzata a chiedere al Presidente la congruità dell’operato del Presidente del Consiglio  con il dettato costituzionale che prevede  solamente la “deliberazione dello stato di guerra”  da parte delle Camere con il quale il Parlamento conferisce al Governo i poteri necessari ad affrontare possibili conflitti bellici (art.78).

E se non si sia configurato una scavalcamento degli organismi rappresentativi dichiarando lo stato di emergenza (anche grazie al ricorso a una narrazione epica e a un linguaggio militaresco)  in forza della Legge n. 225/1992 sulla Protezione Civile senza il coinvolgimento nella decisione del Parlamento, mentre l’articolo 77della Costituzione  ipotizza la possibilità in capo al Governo di adottare in “casi straordinari di necessità e urgenza”, provvedimenti purché provvisori   e in forma di decreti legge e non di Dpcm, al fine di  garantire  il dibattito parlamentare.  

Sospetto che per quanto riguarda l’abuso dell’istituto del Dpcm, la quinta carica dello Stato mi potrebbe rispondere come un qualsiasi militante di una qualsiasi formazione presente immeritatamente nell’arco costituzionale commentandomi su Fb, per ribadire che tutto risale a un passato remoto o prossimo che ne ha permesso il reiterato ricorso, che le colpe risalgono a altri governi, altri referendum tentato o vinti che ha imposto il primato di un atto amministrativo, fragilissimo e impugnabili davanti ad un Tar qualunque, con l’intento evidente di svincolare le decisioni dal controllo delle Camere, dei Presidenti della Repubblica e della Corte Costituzionale. E che ormai il danno è fatto e torna buono quando si tratta di gestire situazioni più rischiose e emergenziali della mafia, delle stragi nelle stazioni e nelle piazze, della criminalità a norma di legge che autorizza la corruzione come cultura d’impresa.

A conferma che alla legittimazione di questi strumenti sul piano normativo se ne accompagna una di carattere “morale” e guai a metterla in discussione se non si vuole passare per incoscienti trasgressivi fino all’accusa più infamante: negazionisti.

E infatti afferma Morelli, l’obbligo etico di obbedire a questi “comandi”, anche se dati in forma contraddittoria, criptica, confusa, anche se è arduo rilevarne l’efficacia, anche se hanno creato una sostanziale disuguaglianza (anche quello incostituzionale) tra i cittadini, alcuni obbligati con la paura e dietro minaccia a salvarsi in isolamento, alcuni invece obbligati per garantirsi la sopravvivenza a rischiare quel pericolo estremo che imponeva decisioni estreme, deve essere dettata dal senso di solidarietà dal quale “discende il dovere di evitare comportamenti egoistici e di perseguire sempre l’interesse comune, e ciò vale sia per le istituzioni che per ciascun cittadino”. 

A  proposito del necessario senso di responsabilità che dovrebbe accomunare autorità e gente comune forse anche voi ricorderete l’anatema lanciato contro le menti criminali che nei primi giorni di marzo avevano spifferato le intenzioni di governo di chiudere la Lombardia, invitando direttamente e indirettamente i terroni residenti al Nord e antropologicamente inadatti a esercitare qualsiasi forma di coesione sociale a prendere d’assalto i treni per far ritorno nei loro Rio Bo, sfuggendo a obblighi di mutua assistenza.

E che si sarebbero materializzati anche pagando l’affitto di stanze ammobiliate, nutrendosi e saldando bollette, in coincidenza con l’interruzione di un contratto di lavoro precario o anomalo, proprio mentre apprensivi genitori che ricevevano compassionevole partecipazione, mobilitavano buone conoscenze per ottenere blasonate certificazioni che permettessero il ritorno legittimo dei delfini dagli Erasmus oltre frontiera.

Ora, si sa che le crisi promuovono differenze e discriminazioni, ma allora siamo autorizzati a pensare che non sia casuale che il Presidente Conte abbia fatto le sue soffiate in forma di conferenze stampa e presentazione del nuovo Dpcm,  anticipandone i contenuti e facendo slittare la data dell’applicazione, in modo da mettere in scena il solito gioco delle parti, l’ormai irrinunciabile rimpallo con Regioni e Comuni.

Litigano ma poi si sa che trovano una non temporanea intesa grazie alla concorde criminalizzazione della marmaglia riottosa. Compresa quella che, dopo che per mesi la comunità scientifica ufficialmente riconosciuta ha indicato nel sole il “salvavita” alla pari con le mascherine del Fca e Immuni (oggi in disgrazia prevedibile tramite trasmissione Rai, ovviamente in odor di negazionismo), è andata al parco o sul lungomare in attesa del temuto trascolorare da arancione a rosso, somministrato in caute dosi omeopatiche secondo criteri a dir poco arbitrari e discrezionali che confermano la vera natura delle baruffe tra gli attori in campo, con le regioni che danno i numeri dello stato della sanità, dei trasporti, della scuola e il governo che fa finta di crederci, salvo poi rimangiarsi la fiducia a seconda degli umori dei partner della difficile governabilità.

E a noi resta il dubbio di come mai la Campania da  modello di assistenza pubblica grazie all’opera instancabile del fumantino ras sia stata retrocessa a inumano lazzaretto, come anche le perplessità sui poteri e le competenze degli enti regionali, come mai il presidente Emiliano invece ci decidere, sollecita i  genitori a tenersi a casa la prole, sulla lunghezza d’onda della giurisprudenza come la interpreta Conte che indora la pillola “raccomandando”, se incarni quel senso di responsabilità invocata dall’alto verso il  basso l’invocazione a sanificare periodicamente le case, indicate come i focolai dove si annida il virus bastardo (cito Zingaretti) e che fa malignamente immaginare un nuovo brand dopo le mascherine il Welfare privato nel Lazio.

Ci resta invece la certezza di essere davanti a delle sfrontate facce di tolla guardando la pubblicità “progresso” della Lombardia che già da titolo istilla l’amletico dubbio,  “The covid dilemma” esibendo un giovanottone in felpa cui viene esposta la scelta “Evitare i luoghi affollati” o “affollare le terapie intensive?”, e sotto:  “La scelta è tua”.  Con versione al femminile di ragazza perplessa tra “senso di responsabilità o senso di colpa?” , prima dell’icastico monito: “la scelta è tua“.

A significare che la responsabilità della propria salvezza dopo anni di demolizione della sanità, della ricerca e della formazione del personale sanitario, dopo mesi di scelte terapeutiche sbagliate, di informazioni contraddittorie, di dati manipolati, di anziani conferiti in probabili focolai, di lavoratori esposti in mezzi pubblici e luoghi di lavoro insalubri, è sempre e solo nelle mani della gente.

Quella stessa gente che oggi è colpevolizzata perché dopo nove mesi di minacce millenaristiche, di allarmi apocalittici, di culto della paura, di dominio della profilassi su ogni altro bisogno, aspirazione, necessità, affetto, adesso al primo sternuto corre al pronto soccorso, “intasando le strutture” come denunciano ormai virologi e infettivologi affetti da un evidente marasma e che, per risparmiare chi non è intervenuto per rafforzare la medicina di base, primo avamposto per la prevenzione e la diagnosi, puntano il dito contro questo popolino già riottoso, scapestrato, disobbediente  e per giunta cacasotto e ipocondriaco.