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Pandemia e pandemonio

Che ci sarebbe stata una seconda ondata di chiusure e segregazioni del tutto inutili dal punto di vista sanitario, ma dolose dal punto di vista sociale, inferte nella piena coscienza della scarsissima pericolosità del coronavirus ( vedi Virus, i fatti e le balle ) lo si era capito benissimo quando due settimane fa gli illibati giornali del padrone avevano annunciato non che Israele avrebbe fatto attuato una seconda chiusura, ma che era il primo Paese a farlo facendo intendere chiaramente che c’era in giro per il pianeta occidentale una sorta di ordine di servizio preordinato, pianificato a prescindere dai fatti che dovevano invece piegarsi alla narrazione della seconda ondata, senza la minima giustificazione reale: d’altronde tanto per rimanere in casa anche con le considerazioni che credibilità può avere un informazione che vede il principale editore italiano essere anche il maggior produttore di mascherine? Ecco, qualcuno dovrebbe cominciare a farsi qualche domanda invece di sgranare il rosario delle paure e dei luoghi comuni, dovrebbe tentare di uscire dal coma dogmatico in cui giace e che la neo museruola sanitaria rischia di rendere definitivo.

D’altro canto questo atteggiamento del tutto subalterno a una narrazione apocalittica e assurda se riferita a una sindrome influenzale la quale, anche prendendo per buoni  i dati ampiamente manipolati, ha fatto molti meno morti di quelli che ogni anno vengono provocati dalle infezioni ospedaliere, non è che l’ultimo atto di una società dove ormai da tempo, non esiste una vera e propria opposizione  dal momento che i grandi pariti e movimenti o sono esplicitamente integrati nell’ordine neoliberista o rappresentano solo alternative di facciata il cui scopo è far convergere il malcontento sulle compatibilità di sistema indicati dalle classi dominanti. Con una differenza significativa rispetto ad altri Paesi, che qui la razza padrona ornai da trent’anni ha dimostrato di non avere più alcun interesse nel Paese nel quale non crede affatto  e dunque non ha nemmeno alcun interesse a preservarne né la sovranità né la cultura, né la forza economica. Questa dialettica del nulla tra maggioranze e opposizioni che sono soltanto due facce della stessa moneta  vive ormai da decenni della creazione di dicotomie fasulle il cui compito è di dare l’impressione di movimento, ma soprattutto quella di nascondere ai cittadini quella fondamentale che è tra capitale e lavoro. Nel discorso pubblico, comunismo – anticomunismo,  fascismo – antifascismo, Salvini – Conte, sovranismo – europeismo, accoglienza – razzismo e via dicendo sono solo contraddizioni fittizie: per fare un esempio banale e non troppo complesso basti solo pensare alla Lega che viene ritenuta sovranista, quando è invece la forza più intrinsecamente europeista perché rappresenta regioni che assolutamente vogliono entrare nel cono dell’economia tedesca e in questo Bonaccini,  Salvini o Zaia sono perfettamente sulla medesima linea. Ora abbiamo aggiunto lo scontro fra responsabili e negazionisti, tanto per non capirci nulla ancora una volta.

In questo caso però le cose rischiano di prendere una piega diversa perché la dicotomia ritaglia la società italiana in due aree nette tra le quali lo scontro sarà inevitabile: quella del lavoro che viene danneggiata enormemente dalle inutili misure anti Covid, palesemente pretestuose, rivolte proprio contro chi produce e quella parassitaria che si incista sia nelle aree del lavoro pubblico o che sopravvive del welfare familiare, di quei 10 mila miliardi di risparmi che il nord europa vuole strapparci, anche se i diretti interessati, ignari di tutto questo, non fanno altro che favorire le possibilità di rapina. Questa area da cui ha preso spunto Luca Ricolfi per delineare il concetto di “società signorile di massa” non viene quasi per nulla danneggiata dalle segregazioni, non subisce drammatici tagli di reddito o incombente minaccia di disoccupazione o ancora maggiore precarietà fino al limite del vero e proprio schiavismo, anzi viene persino avvantaggiata dalla diminuzione dei carichi e dal lavoro agile svolto a casa. Quindi non sorprenderà verificare che al netto di sindromi ipocondriache esiste una certa sovrapposizione statistica tra accettazione anche solo simbolica del culto virale ed area sociologico – politica di appartenenza. Poiché queste contraddizioni sono più forti in Italia che altrove, vista la maggiore persistenza della società signorile di marca ricolfiana c’è da aspettarsi che le proteste contro le misure coviddiane e le vaccinazioni forzate siano meno forti che altrove e infatti dove a Berlino sono milioni a Roma sono quattro gatti. Ma si tratta di una condizione transitoria destinata a lasciare spazio a una violenta disaggregazione sociale man mano che si esaurirà il grasso sotto pelle dei garantiti, mentre i non garantiti si sentiranno definitivamente traditi da tutti e in particolare dalle forse di riferimento. Allora si che il pandemonio prenderà il posto della pandemia.

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