Qualcuno, anzi molti, anzi quasi tutti hanno considerato singolare la frase pronunciata del triste comico Grillo durante uno spettacolo, pardon una presentazione al Senato: “E’ paradossale che funzionino meglio le dittature che le democrazie”, come se si trattasse di qualcosa del tutto estranea al leader dei Cinque Stelle e dunque inaspettata. Al contrario si tratta di un’affermazione in piena armonia col il sentire apolitico e piccolo borghese del personaggio, un modo di pensare che nell’ultimo decennio, quasi insensibilmente  è confluito nel grande fiume della tecnocrazia oligarchica dove la governabilità ha preso il posto della libertà e della dialettica politica. Se per funzionare si intende svolgere delle funzioni predefinite e non sottoposte al giudizio o al possibile intervento dei cittadini non è per nulla paradossale, ma anzi ovvio che le dittature o comunque i regimi autoritari funzionino meglio, semplicemente perché nessuno è in grado di dire “no”. Solo se per funzionare si intende un sistema di governo che dia rappresentanza ai cittadini, garantisca libertà alla pluralità di idee e sia luogo di mediazione di interessi ecco allora che i termini si invertono e la democrazia si rivela assai più efficiente. Semmai è da vedere quanto i cittadini tengano realmente alla loro libertà e quanto non considerino ormai liberatorio essere comandati, quanto insomma non siano  sedotti dal volgare funzionalismo neo liberista.

Ma in ogni caso, non si capisce come possa essere considerata anomala la frase di Grillo quando questi è l’ispiratore principale del progetto di riduzione del parlamento, presentato inizialmente  come sistema per far risparmiare un caffè all’anno agli italiani e per ridurre la famosa casta e successivamente – quando si è capito che l’argomento era davvero fragile – esibito  come un toccasana per la funzionalità del Parlamento. Il principio ispiratore è che meno parlamentari ci sono e più le cose funzionano: il che appunto porta a pensare che le cose andrebbero via via meglio quanto più le Camere  si assottigliano e che l’ideale per il funzionamento della democrazia sarebbe abolire il Parlamento stesso. Anche prendendo l’insensato argomento della qualità dei parlamentari, una sorta di favola per idioti, secondo cui meno sono i parlamentari più aumenta il loro valore , siamo dentro la medesima aporia: la qualità più eccelsa la si raggiunge senza parlamentari, magari con l’uomo solo al comando.  Grillo si è parato il culo con l’aggettivo paradossale che fa da paravento, ma in realtà egli non ha fatto altro che dar voce ai suoi bassi istinti e inseguire un proprio ideale inconsapevole: del resto la sua totale e quasi repentina conversione alla meccanicità del governo basato sui presupposti dell’economia neoliberista, l’adattarsi come acqua al contenitore in cui è cascato e che si proponeva invece di trasformare, il suo amplesso con un esecutivo che ha governato praticamente solo attraverso decreti illegittimi, non è che la prova del nove di questo approdo.  L’unica cosa paradossale in tutto questo è che un individuo come Grillo, assieme ai suoi luogotenenti abba un peso nelle vicende del Paese totalmente spropositato rispetto alla qualità politica che esprime. Anzi prendendo a prestito gli stessi concetti con i quali costoro magnificano la riduzione dei parlamentari si potrebbe dire che meno parlamentari o eletti di vario tipo hanno i Cinque stelle più saranno efficienti e maggiore sarà la loro qualità. Infatti se ci fosse solo Grillo saremmo a posto.