casalAnna Lombroso per il Simplicissimus

Immaginate di essere una barbona, invitata da una principessa a accedere alla sua persona perché vuole personalmente elargirvi l’elemosina, in modo da essere sicura che la spendiate oculatamente e ragionevolmente per migliorare e addirittura favorire il vostro riscatto dalla miseria materiale e morale.  E voi siete là, piene di timida gratitudine, con la mano tesa. Lei lascia cadere qualcosa sul vostro palmo, poi gira sui tacchi e se ne va. È allora che scoprite che non vi ha donato il nichelino che si  consegnava benevolmente alle scimmiette dell’uomo con l’organetto, e nemmeno un centesimo farlocco rivestito di rame, macché, quello che vi trovate tra le dita è il gettone per il carrello del supermercato.

Proprio come l’augusta peracottara della favoletta che ho confezionato per voi, la ministra della Famiglia e delle Pari Opportunità, di Italia Viva, ha annunciato esultante di aver lottato in vostro nome per inserire nel cosiddetto “Dl agosto” le risorse: una dotazione di  3 milioni di euro, per un fondo speciale, dedicato, sono le sue parole,  “alla promozione della formazione personale delle donne e in particolare alle casalinghe” e che  servirà ad attivare “percorsi volti a favorire l’acquisizione di nuove competenze e l’accesso a opportunità culturali e lavorative“.

Deve proprio costituire un caposaldo, un valore strategico del partito di appartenenza della Bonetti la sfrontata sicumera nel prendere per i fondelli: basta pensare alle sue illustri colleghe, dalla Boschi alla Bellanova. E guai se si  osa denunciare le loro schifiltose marachelle, le loro smorfiose empietà da Meninas di Velazquez che alzano l’orlo dell’abito di seta per non sporcarsi col nostro fango plebeo: si viene immediatamente arruolati nelle schiere riprovevoli dei sessisti, dei maschilisti e per di più disfattisti, che non sanno cogliere lo spirito di una misura equa e solidale destinata a  promuovere “l’empowerment femminile”.

Vorrei avere a disposizione un esercito di donne, casalinghe, casalinghe part time, lavoratrici e casalinghe, disoccupate e casalinghe, casalinghe e infermiere degli anziani di casa, casalinghe e docenti saltuarie della Dad, lavoratrici precarie e casalinghe – le combinazioni cominciano e essere infinite, che saprebbero bene dove ficcarlo quel gettone per il carrello, che, fatti due conti, ammonta a ben 40 centesimi a testa!

Eh si, 40 centesimi, tanto vale l’impegno del governo, che ha accolto e fatta sua la proposta della compunta beghina, per dare riposta concreta “alla necessità che l’autonomia personale delle donne sia sempre sostenuta, anche nei contesti domestici. Anche oggi affermiamo che l’Italia crede nelle donne, tutte, e scommette di loro, soprattutto ora che abbiamo l’opportunità di ripartire. Con le energie di tutti, donne e uomini insieme“.

Io ci credo eccome nelle donne, anche se qualcuna di loro mi provoca qualche tentennamento, come appunto la Bonetti,   che divide con Renzi l’idolatria per le stronzate fasulle purchè enunciate nello slang dell’impero, e la riconoscenza imperitura per la lezione morale dello scoutismo,  una  che per formazione e militanza sarebbe stata a pennello nei Family Day a fianco di Buttiglione, Formigoni, Casini, di Pillon e Gandolfini, e pure di Adinolfi, insieme a una pletora di divorziati, consumatori finali di congiungimenti mercenari anche con gli aborriti Lgbt, ipocriti inveterati che hanno piegato i dogmi della cristianità a una perenne propaganda elettorale, sempre in auge grazie a autorevoli adoratori in carica di Padre Pio e San Gennaro.

E dire che la signora  è Professore Associato di analisi matematica all’Università degli Studi di Milano, non una casalinga di Voghera, unica testimonial rimasta della categoria che in forma intermittente viene o dileggiata o celebrata, a seconda dei bisogni del mercato del lavoro e delle persone – merce, ma si vede che non le funzionava la calcolatrice sullo smartphone, quando si è compiaciuta del suo successo virtuoso e solidaristico, per quei 3 milioni che vogliono dire 40 centesimi. Che comunque andrebbero alle casalinghe autocertificate, quelle “pure”,  quelle che ce l’hanno scritto sulla carta d’identità, quelle che non hanno un reddito dichiarato e “dipendono” da qualcuno, quelle che con quella cifra dovrebbero cogliere l’occasione per affrancarsi da un ruolo subalterno.

Sono escluse dunque quelle del cottimo ulteriormente favorito dallo smartworking, quelle dei part time anomali senza ricevuta, e le partite Iva, già sufficientemente gratificate dalle elemosine dedicate  e spartite con cinque parlamentari, innumerevoli amministratori, notai, avvocati e altri liberi professionisti. E depennate quelle che non hanno ancora beccato un soldo della cassa integrazione, quelle della zona grigia nella quale si collocano le disoccupate che per stanchezza e frustrazione si sono estromesse dalle liste e pure quelle che percepiscono il reddito di cittadinanza che potrebbero anche avere l’opportunità di rendersi utili in qualità di braccianti.

40 centesimi, e per  stabilire come utilizzare in concreto quei soldi tocca attendere   un decreto del ministero delle Pari opportunità e della Famiglia da emanare entro la fine dell’anno, per evitare disdicevoli accaparramenti, indebiti illeciti e abusi, che si sa, non un vizio italiano che pare caratterizzi solo la massa, il popolino ignorante, riottoso e infantile, mentre ne sarebbe esente il ceto politico sempre intento a redimerlo, a guidarlo, a responsabilizzarlo, come fanno gli esploratori e le guide a lupetti  e coccinelle.

E cosa volevate aspettarvi dalla  Ministra che ha istituito la sua task force di notabili frugali, in doverosa quota rosa rispetto a quelle di Colao e Arcuri e in questa veste subito concessa, intitolata “Donne del Rinascimento”, tanto per non strafare,  e la cui attività si declinerà su cinque linee direttrici:   parità di genere, la responsabilità di progettare il futuro; lavoro, un nuovo paradigma femminile ed inclusivo; scienza, motore di un nuovo Rinascimento; solidarietà, investire per l’emancipazione di tutte; comunicazione: parole e immagini per generare un cambiamento, insomma tutta la paccottiglia della Leopolda combinata con il ciarpame vetusto prima di cominciare degli Stati Generali.

Chi potrebbe incarnare meglio di lei i miti fondativi dell’emancipazione “neoliberista – progressista”, che pensa che le disuguaglianze di genere si abbattano sostituendo meccanicamente  spregiudicati gaglioffi maschi con analogo  contingente di spregiudicate gaglioffe femmine, secondo quella mistica dell’ideologia del politicamente corretto che in maniera più o meno esplicita vuole ridurre la lotta di classe e il riscatto di sommersi e sfruttati alla graziosa contesa dei sessi, al fine di  ottenere “pari opportunità di dominio” e  un’affermazione personale e individuale secondo i criteri della meritocrazia,  che ha deciso che a essere degne di successo e conquiste sociali siano quelle che partono avvantaggiate o si avvantaggiano con fidelizzazione, conformismo, obbedienza.

Per quello, come succedeva prima di Brunella Gasperini e  “Donna Moderna”,   quando c’era la piccola posta  di Donna Letizia e della Contessa Clara (ma ci metterei anche Aspesi), pure prima di Desperate Housewives, la maîtresse  à penser del Family Act, definita la “prima grande riforma per le politiche familiari” coi fichi secchi, che “mette al centro i bambini” defraudati ancora prima dell’approvazione del diritto all’istruzione e ai giochi coi coetanei, guarda con indulgenza caritatevole  alle donne di casa.

E’ comprensiva, bontà sua,  di certe loro velleitarie aspettative da appagare con la solita mancetta renziana, ridotta, come è giusto che sia, se va a  cittadini di serie B, e che al prezzo di mezzo caffè assicuri la desiderabile possibilità di accedere a qualche lavoretto alla spina, a pedalare proprio come negli anni ’60 sulla Singer, a organizzare vendite piramidali di fondo tinta tra le mura di casa, in modo che contribuiscano con l’esempio a plasmare generazioni future dedite a mansioni precarie, poco remunerate, ma molto specializzate. Perché si sa che solo quello assicura il minimo sindacale di riconoscimento, dopo l’eclissi dell’incarico “riproduttivo” poco eseguito  alla faccia delle politiche per la famiglia da quando è diventato  un lusso esclusivo.

Così la missionaria dell’ l’empowerment femminile raggiunge l’insperato risultato di essere più sessista dei maschilisti, aggiungendo il dolce disprezzo della privilegiata, dell’arrivata che ha spezzato il soffitto di cristallo a quello riservato tradizionalmente dai virilisti bipartisan agli angeli del focolare.