diritti-umaniConfesso di essere rimasto piuttosto perplesso già al liceo quando appresi che esisteva ed era parte di una sorta di carta fondamentale dell’Onu, un “diritto alla vita”: dal momento che il concetto stesso di diritto è un costrutto delle società umane, non ha alcuna esistenza nell’universo e nella natura e fortunatamente non può essere tema di qualche vaniloquio sul Big Bang , mi è sempre parso strano e sospetto che le condizione stessa per l’esistenza di un diritto, fosse a sua volta un diritto, quasi che esso fosse concesso dall’esterno, da una benigna volontà. Certo credevo che si trattasse di un artificio declamatorio per introdurre una petizione di principio contro le guerre e le pene capitali, anche se mi rendevo conto che queste idealità rimanevano carta straccia proprio per quelli che maggiormente le gridavano. Più avanti negli anni capii che tutto l’insieme dei diritti umani, come emergevano dalla magma charta onusiana, erano un pasticcio inestricabile dove ad esempio l’uguaglianza era era intesa come garanzia di partecipazione politica e pubblica degli individui, mentre la fratellanza veniva riferita ai diritti economici e sociali. Già questo sembrava frutto di un lavoro sottobanco degli sceneggiatori di Mr Smith va a Washington, ma soprattutto l’impianto nel suo insieme  rivelava che la parola diritto era usata abusivamente: un diritto concreto ed esigibile nasce sempre all’interno di una data società, frutto delle interazioni fra le persone, delle lotte, delle situazioni economiche e delle dinamiche storiche, mentre un diritto vuoto ovvero non esigibile perché non nato nel contesto di questa praxis, è semplicemente sibolico, non serve a nulla come argine del potere, dunque della disuguaglianza e dello sfruttamento, anzi può anche essere – come ha fatto notare Slavoj Žižek –  un supplemento di potere che impone i suoi universali ideologici ed economici.

L’intellettuale sloveno  è stato anzi un profeta in questo perché quando nel 2006 parlava della pretesa ‘neutralizzazione’ della politica attraverso i diritti umani non faceva che dipingere la situazione attuale dove uno dei diritti di cui dovremmo effettivamente godere, ovvero la libertà, è stato abolito da quello alla vita. Qui non ha importanza se si tratta di realtà o piuttosto di una drammatizzazione per ottenere certi effetti: ciò a cui assistiamo è qualcosa di preconizzato da Hannah Arendt ovvero la riduzione del  soggetto a nuda vita  che  lo priva della sua identità sociopolitica e dunque anche di quei concreti diritti nei quali si concreta il senso della sua vita. Si tratta soltanto di fare un passo avanti e segnalare lo scarto tra l’apparenza ideologica della forma simbolica universale universale e gli interessi che realmente la sorreggono. I diritti umani sarebbero così una semplice giustificazione del diritto dei poteri occidentali e capitalisti di intervenire a loro favore nei paesi del Terzo Mondo, promuovendo i loro interessi e la “cristallizzazione” delle disuguaglianze interne al sistema economico globale. Intendiamoci non è che dovremmo stracciare la carta dell’Onu, ma riconoscere che i diritti simbolici che vengono formalizzati sono esclusivamente diritti individuali, dunque al di fuori del contesto sociale concreto nel quale dovrebbero e potrebbero agire:  in questo senso non sono degli imperativi, ma come diceva Kant spesso e nel migliore dei casi  finiscono per manifestare “un caldo senso di pietà, cosa bella ed amabile, perché rivela una certa partecipazione alle vicende altrui…ma questo sentimento bonario è debole e cieco.”

Se poi, dopo un lungo processo di riduzione dell’essere umano a un vago narcisismo  tutto si riduce alla nuda vita e alla sua difesa vera o presunta che sia, si crea anche un disvalore, ovvero tutto ciò che  si oppone a essa: il lavoro e i suoi diritti, la politica e il suo esercizio, l’agibilità sociale e paradossalmente la stessa attenzione sanitaria nei confronti della persona nella sua realtà e non come semplice portatore di contagio. Tutto questo non conta più nulla e per nessuno: non ci possono essere discriminazioni quando l’umanità stessa viene discriminata e privata di ciò per cui la vita è degna di essere conservata.