512b33426 gennaio villacacciaFino a qualche anno fa l’establishment informativo italiano presentava ancora una qualche forma di dialettica, forse più apparente che reale, la quale  raggiungeva il massimo grado di discordia tra il Fatto Quotidiano in qualche modo in sintonia con l’ondata cinque stelle e i giornali di riferimento del gruppo De Benedetti, oggi in mano alla Fiat di Detroit, che invece erano schierati con la vecchia guardia del potere euro prodiano, ovvero col Pd. Di questa area faceva parte, sia pure nell’estrema periferia,  anche il Manifesto, sedicente “quotidiano comunista” che tuttavia ambiva a spruzzare con un po’ di rosso, purché innocuo, le sue pagine. Naturalmente si parla in senso generale, perché mentre il Fatto batteva il ferro della corruzione e dell’onestà tradita , quando poi parlava di politica estera e di economia si rifugiava senza ma e senza sé nell’abbraccio del Washington consensus e nelle banalità vernacolari del neo liberismo, mentre il Manifesto faceva sue le istanze anti renziane, specie in occasione del referendum, lasciando intendere  che alle spalle del rottamatore esistesse ancora un partito in grado di esprimere qualcosa che non fosse la voce del più neghittoso e opaco capitalismo di relazione. Comunque queste due ali dell’informazione italiana giuravano di essere in totale antitesi e che mai e poi mai avrebbero volato assieme.

Poi invece è accaduto proprio questo e con la velocità  del lampo ed ecco che il Fatto e il Manifesto  sono diventati accaniti difensori del governo Conte, prima contro un presunto ” pericolo fascista” di Salvini utilizzato per mettere assieme i due contendenti che giuravano di essere come l’acqua e l’olio e poi affratellati da una finzione epidemica che li rende testimonial della ineffabile bontà del governo salvavita, cantori del virus,  dell’Europa e addirittura dei miliardi a fondo perduto che non ci sono come è detto a chiare lettere nelle dichiarazioni ufficiali e insomma degli inganni prodotti durante il fermo del Paese e di quelli che vanno  sotto il capitolo ripartenza: la minaccia di  prolungamento dell’emergenza  fino al prossimo anno,  del tutto inutile e in ogni caso controproducente per una qualunque ripresa, è stato concepito proprio per controllare la situazione quando finalmente i cittadini capiranno di essere stati fregati e sacrificati al grande capitale. Ma la formazione del giornale unico non è che l’effetto finale di un lungo cammino che dapprima ha visto la concentrazione delle testate direttamente o per vie traverse  in capo a un numero ristrettissimo di giganteschi soggetti economici e comunque ad aggregazioni di potere contigue a quelle: le ultime, residue resistenze sono state abbattute dalla favola del virus che non ha consentito di  conservare distinzioni apprezzabili ad occhio nudo se non quelle  dovute agli stilemi narrativi e alle formattazioni che sono ormai le distinzioni cui si aggrappano gli ultimi fedeli.

D’altronde in questa occasione niente era più necessario e imperativo  che compattare l’informazione intorno alla tesi della pestilenza, la quale  in primo luogo è stata una grande prova del potere persuasivo della comunicazione centralizzata nella quale si è anche messa a fuoco la convergenza di una scienza prostituita e dei governi di espressione politico – finanziaria: dunque non era possibile tollerare diserzioni di sorta di fronte al copione generale, già c’era il web non ancora interamente domato e occupato dalle voci ufficiali  per il quale sono stati istituiti tribunali inquisitori dal momento che niente come la menzogna ha bisogno di proclamarsi come verità. Non so immaginare se e quando potremo riavere un’informazione libera, visto che di emergenza in emergenza, di impoverimento in impoverimento, di stato di eccezione in stato di eccezione la situazione attuale verrà conservata e ribadita molto a lungo o addirittura rischi di diventare la normalità delle forme di governance, ma di certo ci sarà bisogno di un ricambio generazionale. Non so nemmeno se alla maggioranza delle persone importi poi molto della libertà di parola o se la ripetizione acritica e puramente assertiva non abbia preso il posto della socialità e della politica, ma se per Hegel la lettura dei giornali era la preghiera mattutina, di certo oggi è la bestemmia quotidiana.