colao Anna Lombroso per il Simplicissimus

Pensate a quanti dovremo riconoscenza per essersi prestati generosamente per la nostra sopravvivenza ai tempi del virus.

Non parlo ovviamente di medici, un centinaio è morto, esposto a contagi e infezioni non rare nei nostri nosocomi, né del personale paramedico, immeritevole, pare, di statistiche, costretto a prestazioni eroiche, dopo essere stati per anni bistrattati, umiliati, favorendo l’esodo verso strutture private.

Non parlo di chi è in trincea (il linguaggio bellico ci sta bene): milioni di lavoratori nelle fabbriche, alla guida di metro e bus dove viaggiano stipati altri lavoratori, funzionari negli uffici, commesse, cassiere delle catene di supermercati, magazzinieri della distribuzione, facchini e pony, senza protezioni e tutele, salvo il minimo elargito dai padroni grazie a una accordo unilaterale e non vincolante, obbligati a prodigarsi in modo che altri possano restare agli arresti domiciliari in una realtà parallela di confinamento, repressione e militarizzazione, ricattati dal bisogno di conservare il posto e dal miraggio che l’indispensabilità temporanea generi garanzie per dopo.

Parlo invece delle affaccendate autorità governative, scientifiche, tecniche, organizzative, sulle cui prestazioni è lecito sollevare qualche dubbio, ma che  sembrano trarre dalla infausta contingenza  una potenza superiore e una formidabile efficienza per assicurare la protezione della loro cerchia, la continuità della loro presenza e influenza, tra uomini d’ordine, uomini de panza, omminicchi tutti convertiti dalla stampa ufficiale in uomini di Stato.

Per garantir loro la nostra riconoscenza, dovremo farci largo tra le figurine Panini dell’album dedicate alle task force. Fino a ieri l’unico super commissario era Domenico Arcuri (ne avevo scritto quihttps://ilsimplicissimus2.com/2020/03/13/il-curatore-fallimentare/) incaricato in particolare di “rafforzare la distribuzione di strumenti sanitari e impiantare nuovi stabilimenti”, anche nel “dopo pandemia”, adesso il ruolo fiduciario di ministro della Postbellica, come fu a suo tempo Emilio Sereni nel 1945, con qualche differenza trascurabile per i plenipotenziari attuali, è stato attribuito a una sua fotocopia meglio riuscita, vantando minori esiti fallimentari, Vittorio Colao, una versione più severa, più “internazionale”, dei  Golden Boys della cupola economico-finanziaria al servizio dell’impero.

È lui, messo a capo da Conte, di un’altra task force  (presto saranno innumerevoli come i format delle autocertificazioni e come i comparti essenziali) che affianchi gli scienziati per “far ripartire l’Italia”, ripensando  i modelli di lavoro, l’organizzazione degli spostamenti, i regolamenti dei mezzi pubblici, che collaborando con il governo nel programmare con schemi nuovi la graduale riapertura del Paese, con suggerimenti di ogni natura, sociologici, psicologici, di economia del lavoro.

E siccome dovrà lanciare la Fase 2 “avvalendosi, è stato detto,  delle migliori strategie e competenze possibili”, affiancheranno Colao, tra gli altri,  Enrico Giovannini, economista, statistico e accademico italiano, ministro del Lavoro nel governo di Enrico Letta, ex Istat (magari, chissà, potremo avere qualche dato statistico decente sull’andamento dei contagi),  il presidente della Cassa depositi e prestiti, Giovanni Gorno Tempini,  Raffaella Sadun, docente di Business Administration alla Harvard Business School,  Enrico Moretti, italo-americano, docente di economia presso la University of California a Berkeley, Marianna Mazzuccato, professore all’Università di Londra in Economia dell’innovazione e del valore pubblico e fondatrice-direttrice dell’Institute for Innovation and Public Purpose, insomma quelli che i maligni potrebbero definire gli appartenenti al Gotha peracottaro da Wall Street alla City alla Bocconi.

E infatti è proprio da quella fucina che esce Colao, bresciano (è stata sottolineata la sua appartenenza all’area più “martoriata” dal Covid 19, a conferma che ci metterà “più cuore” nel governo del post emergenza, anche se il suo curriculum non ne conferma la presenza nel suo organismo rigoroso, austero e tetragono a emozioni e mollezze sentimentali), bocconiano,  che vanta referenze di successo, da Omnitel a Vodafone  , dove ha scalato tutti i gradi gerarchici fino a diventare l’Ad (a 17 milioni l’anno di stipendio).

Quelle che agenzie e giornali hanno, forse involontariamente, trascurato sono due prestigiose referenze  che dimostrano come la scelta di Colao sia perfettamente coerente e funzionale all’era che si sta preparando, quando arriverà il grande sciacallo, l’Eletto incaricato di replicare la sua grandiosa performance greca qui da noi.

Non sarà certo un caso quindi che la accurata selezione di un manager che combini rigore, austerità e spregiudicatezza abbia portato a scegliere chi ha iniziato la sua carriera prima in Morgan Stanley, come Siniscalco e Roscini,  e poi  in McKinsey come Corrado Passera e Alessandro Profumo.

Si, la Morgan Stanley, nata come banca d’affari   costretta dal Glass-Steagall Act che imponeva la separazione tra attività bancaria tradizionale e attività bancaria di investimento  a  operare solo come banca commerciale che sviluppa n quella veste le sue strategie velenose, fino al crack dei mutui subprime, che la travolge nella sua onda lunga insieme a Lemhan Brothers e Goldman Sachs,  per diventare nell’anno della crisi una holding bancaria. Si, quella Morgani Stanley i cui  derivati finanziari stipulati con il Tesoro tra il 1994 e il 2012 hanno comportato una perdita per l’Italia di di 3,8 miliardi, grazie all’applicazione di una serie di “clausole capestro” inserite nei suoi contratti speculativi e accettate dallo Stato Italiano, grazie proprio ai vertici ministeriali, da Grilli a Siniscalco e che, è il Sole 24Ore a elogiarne l’imprenditorialità, e diventata sempre più il nostro “main partner bancario internazionale”.

E che dire di McKinsey & Company, società di “consulenza manageriale e di strategia”, che focalizza la sua attività nel risolvere “problemi d’interesse per il top management di grandi aziende e organizzazioni” da anni al centro di attività investigative e inchieste, tra le quali la più nota condotta  dal Financial Times, alzava il velo sulle sue iniziative speculative  in grado di condizionare, più di governi e Borse, l’economia globalizzata, il mondo delle aziende multi- nazionali e quello della finanza.

E che dire ancora delle aspirazioni della nostra Cassa Depositi e Prestiti?  – il presidente, contiguo all’area che fa capo nel Pd a Franceschini.  non a caso fa parte della task force di nuova istituzione –  di collocarsi sulla stessa direttrice operativa della McKinsey, agendo come collocatore dei titoli di Stato, ma anche come «serbatoio» manageriale – replicando il ruolo che la società di consulenza ebbe venti anni fa nelle aziende private – per ruoli apicali di società pubbliche e istituti finanziari, proponendo in questa veste candidati eccellenti provenienti, ma sarà una coincidenza,  dal pantheon di JP Morgan, Merrill Lynch, Goldman Sachs, tanot per fare qualche nome: Palermo, del Fante, Nola.

La stampa estatica esulta per la nomina di un uomo ruvido, che avrebbe un difetto imperdonabile: l’onestà. Come a dire che non farà la cresta sulla spesa.

Contenti loro. È  che ci sarebbe molto da discutere ancora una volta sull’inflessibile morigeratezza di chi non ci sfila le banconote dal portafogli, ma si presta a fare il cane da guardia per chi ce l’ha già svuotato. Di chi non ha l’indole del ladruncolo ma partecipa del Grande Sacco, nell’interesse del totalitarismo economico e finanziario, per consolidare la vittoria della teocrazia ultraliberista.

Proprio vero niente sarà come prima perché sarà molto peggio, con il definitivo indebolimento delle capacità di intervento dello Stato, del governo e del Parlamento, in virtù del fiscal compact, anche grazie all’irruzione sulla scena, preparata da anni, del suo inventore e coautore  della Raccomandata a carico del destinatario con la quale l’Europa intimava alla sgangherata Italia, come misure improrogabili al fine di riconquistare la fiducia degli investitori, la “profonda revisione della pubblica amministrazione”, la “privatizzazioni su larga scala”, la “piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali” e poi la riduzione del costo dei dipendenti pubblici, la riduzione dei salari; la riforma del sistema di contrattazione collettiva nazionale; l’applicazione di “criteri più rigorosi per le pensioni di anzianità”, l’attuazione di “riforme costituzionali che inaspriscano le regole fiscali” e, vogliamo forse dimenticarlo proprio ora? i tagli alla spesa sanitaria.

E se  “la pandemia del coronavirus è una tragedia umana di proporzioni potenzialmente bibliche”, Draghi ha ridotto la sua Legge a un solo comandamento, perché il sistema bancario è Dio e lui il suo profeta, così nella sua chiesa a officiare, a far entrare i mercanti e a svuotare la cassetta delle elemosine, c’è un clero fedele e obbediente nei secoli.

Sarà mica un caso che Colao ha fatto la naja, e lo rivendica,  come carabiniere?