avvvvvAnna Lombroso per il Simplicissimus

Sono davvero senza vergogna: parlo dei media, dei giornaloni, delle dirette dal virus con la mascherina che dagli occhi è scivolata giù, non impedendo purtroppo di somministrare scemenze.

Parlo dell’inevitabile ruzzolone dalla cronaca alla testimonianza e rappresentanza degli umori delle tifoserie, governo si, governo no, Conte celebrato statista, Conte azzeccagarbugli narcisista, come avviene di consueto in un paese che vive in perenne campagna elettorale in vista di un voto sempre più ridotto a sigillo notarile su liste chiuse e a teleconsenso riservato a chi si mostra di più, perfino per quel che è davvero, miserabile e cialtrone quanto e più del volgo rozzo e ignorante di cui vuol dare testimonianza.

Parlo della legittimazione offerta all’opinione scientifica che sostituisce le auspicabili certezze, le rilevazioni su campioni, le analisi di laboratorio, proposta da dei Dulcamara che alle fiere di paese hanno preferito le più comode poltroncine dei talkshow o Skype da casa, non dall’ospedale, dall’ambulatorio o dall’università.

Parlo del maldestro impiego della disciplina statistica, ridotta a confusa e disordinata distribuzione di numeri a caso, che, a conferma della felice intuizione di Trilussa, ha abbracciato la dottrina emergenzialista, sicchè  nessuno avrà l’ardire di decretarne la fine della pandemia identificando il paziente Ultimo.

Parlo dei torrenti di indecente retorica che si rovesciano dalla carta stampata, dai social, dai balconi tra “siam pronti alla morte”, corna facendo, alla “maglietta fina”, all’encomio dei “martiri” del lavoro che “doverosamente” si prestano per riempire scaffali e produrre pezzi di bombardieri, ugualmente indispensabili alla sopravvivenza e al prestigio della nazione, e alla celebrazione dei “commendatori” del lavoro di Confindustria che “generosamente” si preoccupano dei destini dell’economia e del benessere generale, bene incarnato dai loro azionariati (ben 80 settori produttivi e merceologici) costretti malgrado il tempo libero a ridurre le puntate al casinò finanziario.

Parlo della rievocazione dello spirito patrio, del grande spolvero dello sciovinismo, che per fortuna non aveva mai avuto gran successo di pubblico nella nostra autobiografia nazionale, rigenerato per offrire una sponda alla militarizzazione perfino del linguaggio con gran spreco di trincee, eserciti, generali e desiderabili soldatini, eroi e traditori nella guerra contro il coronavirus, dell’obbligatorietà di disporre e di mettere in campo tutte le armi – e le leggi marziali e il coprifuoco – per riportare pulizia, ordine sanitario e non solo, contrastando i germi della insubordinazione.

Parlo dell’epica sui reclusi e sulla loro resistenza sul divano davanti a Netflix con la lattina dell’ultima birra in mano, disattivata saltuariamente per mettere un mi piace sull’invettiva contro i disertori/untori o per controllare dalla finestra quante volte la vecchia pensionata del terzo piano va dall’alimentari.

In controtendenza, però. Perché il sigillo lirico sulla commemorazione della terza età che bella età, l’ha messo proprio il Manifesto a firma di una giornalista e scrittrice poliedrica che si divide equamente tra il quotidiano comunista e Vanity Fair, e che ha dedicato un inno alle nonne guerriere che non si rassegnano “al ruolo di parente fragile e da proteggere”, quelle reattive “ che non si deprimono neanche se dai loro una padellata in testa, forse perché sono guerriere da sempre o lo sono diventate per necessità”. Quelle che, ricordandole le staffette partigiane, vanno a comprare il giornale o cantano Volare coi ragazzi di fronte. Tanto da farle concludere spericolatamente: ” e chi le ammazza queste qua?”,  che non si sa se sia una minaccia  o un auspicio mutuato da Madame Lagarde o dalla professoressa Fornero e che sfida buonsenso e statistiche a vedere come la fine del diritto di cura ne stia abbattendo in numero esorbitante.

Non perdo nemmeno tempo a citare la paccottiglia  non sorprendente dei Giornali, delle Verità, dei Fogli, che poi non è mica differente dal resto della stampa, con la stessa determinazione a dare comunque sostegno alle misure disciplinari di severa restrizione delle libertà personali, che si sia Feltri padre o Feltri figlio, si sia Giannini o Ferrara (quello che scrive: “Bisogna che i compatrioti si decidano a obbedire all’autorità, al governo, quando gira come un pipistrello un virus di cui non si conoscono l’origine, la natura, il comportamento, la cura. Affidiamoci per una volta ai pieni poteri”), sono indicate per contenere le esuberanze dei cittadini comuni, già da anni criminalizzate per via di capricci dissipati e di aspirazioni illegittime, con l’intento ormai esplicitato di conferire potere assoluto e illimitato a autorità superiori, delegando loro docilmente e forse non temporaneamente la propria precaria esistenza in pericolo, attaccati come cozze alla roccia di Gibilterra, ultimo confine dell’Europa che si sta sgretolando.

È che siamo di fonte a una fenomeno già molto esplorato, quello della “scomparsa del reale“, sostituito dalla sua rappresentazione  e narrazione a opera delle telecamere, dei titoli urlati, degli appelli apocalittici a non farsi possedere dalla paura, alle “opinioni” degli esperti a confronto, ai numeri e i dati ogni aggiornamento dei quali smentisce la veridicità del precedente, a conferma che quello straordinario effetto del progresso: la trasparenza, la disponibilità e l’accesso alle informazioni, contiene le sue più paradossali controindicazioni: l’incertezza, l’opacità, la manipolazione.  Così chi vede scorrere la pandemia da casa, sul divano col telecomando, possa aspettare fiducioso che passi tutto, senza interrogarsi sul terribile dopo che ci sarà, il suo e quello del Paese.

E dire che qualche certezza l’abbiamo, chiunque può farsi un’opinione, non sull’ipotetico numero di decessi da Covid19 magari, ma su quelli da nuove e antiche povertà, da sanità pubblica malata e sanità privata vaccinata contro il diritto alla salute, diventato un lusso e un privilegio. Chiunque può farsi un’opinione su uno sviluppo che avrebbe dovuto recarci doni in benessere, salute, garanzie, istruzione, e che mostra la sua faccia regressiva, facendo circolare con i capitali, inquinamento, sfruttamento, disuguaglianze, malattie.

Chiunque può farsi un’opinione non sul pipistrello magari,  ma sugli avvoltoi, si.