corona-virus-withLa vicenda del coronavirus cinese dimostra che per la guerra batteriologica non c’è affatto bisogno di sofisticati laboratori segreti, ma basta avere in mano l’informazione e trasformare in peste una delle tante sindromi influenzali che percorrono il pianeta: basta dire che  ci sono 100 o 200 morti che subito scatta la sindrome del contagio e costringe il Paese nemico, quello dove è nato il focolaio, a eccezionali sforzi per circoscrivere la diffusione del virus con straordinari danni economici. Tanto l’uomo della strada non ha la minima idea che l’influenza “normale” fa centinaia di migliaia di morti ogni anno, quando va bene e quando non si diffonde un ceppo virale particolarmente aggressivo e che le stesse precauzioni cinesi dovrebbero essere prese ogni anno in ogni singolo Paese se si dovesse dare retta alla realtà delle cose e non alle rappresentazioni che nascondono o esaltano a volontà qualsiasi cosa formando il matrix della quotidianità Per esempio nelle ultime tre settimane in Usa sono morte 12 mila persone di influenza ( in realtà per le complicanze che sopravvengono in individui molto anziani, immunodepressi o già affetti da altre patologie) senza che nessuno si preoccupi di bloccare voli, mettere quarantene,usare mascherine.  Ma nulla è chiaro, anzi è tutto talmente confuso che si è avuto un drastico calo delle vendite della birra messicana Corona per semplice associazione con il nome.

Il fatto che questa epidemia cada come il cacio sui maccheroni dell’impero ha suscitato il sospetto che il 2019-nCoV, nome dato al virus in questione. possa essere made in Usa, cosa non impossibile visto che  bio-laboratori collegati al Pentagono esistono in molti Paesi del mondo e vengono finanziati  dalla Military Threat Reduction Agency nell’ambito di un programma militare da 2,1 miliardi di dollari l’anno. Il programma congiunto di “interazione biologica” comprende 25 laboratori situati nei paesi dell’ex Unione Sovietica, come Georgia, Ucraina, Azerbaigian, Uzbekistan  Kazakistan e inoltre Uganda, Tanzania, Tailandia, Iraq, Afghanistan,Vietnam  e Corea del Sud. In particolare uno dei sub appaltatori del complesso militare, la società privata Battelle, ha operato nei bio-laboratori del Pentagono in Afghanistan, Armenia, Georgia, Uganda, Tanzania, Iraq, Afghanistan e Vietnam svolgendo ricerche su sviluppo e sperimentazione dell’uso sia di sostanze chimiche tossiche che di agenti biologici altamente patogeni per una vasta gamma di agenzie governative statunitensi. La società ha stipulato contratti federali per un totale di 2 miliardi dollari. Come si vede la “corona dei virus” si stende tutto attorno alla Russia e alla Cina e dunque l’ipotesi non è di per sé così campata in aria e così banalmente complottista come potrebbe apparire a prima vita. 

In questo caso però è presumibile che si sarebbe scelto un agente più virulento, non uno che ha praticamente le stesse caratteristiche epidemiologiche dell’influenza e probabilmente una gravità minore con in aggiunta il rischio di essere colti con le mani nel barattolo della marmellata. No, in questo caso, davanti ai nostri occhi possiamo piuttosto vedere l’effetto dell’arma mediatica grazie alla quale è possibile drammatizzare fino all’estremo un’epidemia tutto sommato sovrapponibile all’influenza consentendo soprattutto di demonizzare il nemico avvicinandolo all’idea di male, così come al contrario si può tacere completamente su sindromi molto più allarmanti come ho tentato di mostrare in questo post nel quale, dati alla mano , si vede come l’epidemia di gran lunga più letale degli ultimi cinquant’anni sia nata in Usa senza che però nessuno abbia mosso un dito per fermarla. Una campagna che oltretutto può anche essere un buon affare per big farma, con la messa a punto di un vaccino che attirerà comunque molti fondi pubblici che venga messo a punto o meno e il maggior smercio di vaccini antinfluenzali che a torto o ragione si suggerisce che siano efficaci anche contro il nuovo coronavirus.