Roger-Waters-1024x576Viviamo in un Paese così attanagliato dalla paura e ormai così incapace di visione di visione e dignità che anche una foglia che cade nell’acqua fa gracidare le rane e questo accade ad ogni livello, sia quello minimo del privato di ciascuno che nel discorso pubblico retto da un notabilato cinico e salottiero, dove l’etichetta è tutto. Così persino il castello di carte false di Sanremo, viene travolto dal panico di fronte all’annunciato messaggio video di un guru del modernariato, ovvero Roger Waters, fondatore dei Pink Floyd: di certo sarebbe piovuto sul bagnato delle orride banalità pop&rock, ma il fatto che il personaggio sia noto per avere in simpatia la causa palestinese, espresse anche al Festival del cinema di Venezia, ha indotto la Rai a lasciar perdere e a cassare l’intervento forse voluto in un primo momento perché il personaggio nell’esprimere la sua visione si era speso contro Trump. Quale dei due secchi andava bene per l’asino di Buridano della tv pubblica? E’ arrivata una telefonata da Tel Aviv  come si dice sia avvenuto per l’intervista ad Assad tolta dal palinsesto e relegata nell’angolino di Raiplay? Ne dubito, anche se la stupidità non ha confini, ma la paura di inciampare  in un ciottolo invece di lanciarlo nel cielo deve essere stata tale da creare vere una vera e propria crisi di panico nel bicchier d’acqua del festival. Meglio affidarsi al ben collaudato Benigni, un fedelissimo di stelle e di strisce da quando ha vinto l’Oscar grazie a un falso storico.

La cosa veramente interessante sarebbe il fatto che questi vecchi “bandisti” come Waters pur essendo giunti a una veneranda età e dunque presumibilmente al di fuori  della giostra delle ambizioni, non si rendano conto di essere stessi parte di quel meccanismo di distrazione e consenso che ci ha portati alla situazione attuale, che essere contro stando però al gioco è nel migliore dei casi ipocrisia, che in un certo senso la faccia oscura della luna è proprio quella brilla. Ma la cosa che ci interessa più da vicino è che anche in questo episodio minimo si avverte la paura pervasiva che attraversa trasversalmente il Paese di fronte a qualsiasi cosa significativa, di fronte a qualsiasi strappo allo status quo, dai dettami ideologici del globalismo fallimentare alle geopolitiche di rifermento, dal politicamente corretto agli assetti di potere locale: così non viene mostrato Waters e si fa come i pesci in barile di fronte alle concessioni letali di Benetton, si vendono come oro colato i diktat stupidi di Bruxelles anche oggi che hanno gettato la maschera e si palesano come mossa egemonica del centro europa, si continua il gioco al massacro delle pensioni chiudendosi occhi ed orecchi di fronte a qualsiasi ragionamento che non sia quello del macellaio, si esercita un’umanità schizofrenica e crudele dove si accoglie ad ogni costo e si demonizza chi recalcitra, ma si mandano ministri in Libia per fermare l’emigrazione, possibilmente senza troppi scrupoli, si fabbricano nemici di carta per idee di carta. E soprattutto si evita di farsi domande: anzi c’è persino chi scende in piazza per protestare contro ogni domanda e affermare che la buona politica è il mutismo dei cittadini la cui salvezza viene affidati ai pifferai di Hamelin. D’altra parte è la filosofia dei topi che si sono infilati in comode tane col formaggio di qualche stipendio sicuro.

L’Italia è come un auto sul ciglio del precipizio dove nessuno osa muovere un dito per paura di infrangere il precario equilibrio della sopravvivenza, mentre la scocca dondola paurosamente sul precipizio. Così mentre si vorrebbe scappare da questo presente, non si muove un muscolo, quasi si immagina soltanto. Non si osa persino ospitare una vecchia gloria per terrore che dica qualcosa di sconveniente e metta in pericolo qualche  poltrona sudata nel dedalo dei corridoi del potere e delle sale di attesa.