00000-BECCO_massoneE’ francamente  patetico vedere come l’informazione occidentale stia affrontando la nuova ” peste  cinese” con una messa in scena drammatica per un’epidemia già circoscritta e dovuta a un ennesimo corona virus, uno dei tipi più diffusi di agenti patogeni perché purtroppo è condiviso sia dagli uomini che da quasi tutti gli animali con cui entra in contatto dai bovini, ai polli, ai maiali e ai gatti. Già dopo una settimana dall’allarme ci sono i primi guariti e la mortalità sembra inferiore all’1% ovvero non lontana da quella dell’influenza: la metà dei morti riguarda infatti persone di oltre 80 anni e già gravemente malate. Ma per carità non si può perdere occasione per accostare la Cina al Male creando delle increspature cognitive davvero curiose: ieri a Venezia vedendo dei turisti cinesi con la mascherina evidentemente usata contro i miasmi lagunari dovuti alla scarsa manutenzione (tutti i soldi vanno al Mose) c’era gente che pensava che lo facessero per “proteggerci dal contagio”.

Ma ormai viviamo nel grottesco europeo dove il rapido declino e l’irrilevanza vanno nascoste con bendaggi mediatici. In questi giorni per esempio usciti i dati sulle vendite delle auto sul mercato mondiale nel 2019: chi ha venduto di più? Magari ci si aspetterebbe di leggere i nomi nobili che hanno fatto l’automobilismo, ma i marchi italiani uccisi dagli Agnelli sono di fatto scomparsi dai radar mentre gli altri arrancano, compresi i marchi tedeschi, anzi soprattutto quelli. Dunque nei primi venti modelli venduti non abbiamo i soliti nomi  ma praticamente solo giapponesi e cinesi. Se si escludono due pickup per bovari americani doc, il grosso viene dall’Asia. Prendiamo il maggior marchio europeo ossia la Volkswagen Nella classifica dei modelli più venduti la Golf è solo al nono posto, preceduta a sorpresa dalla Tiguan e seguita dalla Lavida.  Lavida? Chi è mai costei? Bene è un modello marchiato VW che viene costruito esclusivamente in Cina e per il mercato cinese, anche se poi i motori in particolare il 1.4 TSI e 2.0 TSI finiscono anche i in Europa. E non basta:  la Tiguan risulta l’auto del marchio più venduta solo grazie al mercato cinese che assorbe oltre la metà delle vendite e dove del resto viene costruita la maggior parte degli esemplari del modello  ( a parte la fabbrica di Kaluga, in Russia). Questo per qualche verso è davvero interessante perché per realizzare questo Suv, Vollkswagen aveva costruito uno stabilimento ad hoc e costituito una società parallela, l’Auto500 con il preciso scopo di mantenere la produzione in Germania grazie  una riduzione della retribuzione settimanale e orari di lavoro più flessibili. Ma alla fine il risultato non è stato quello che ci attendeva da questa operazione tutta a carico del costo del lavoro e dei lavoratori perché la crisi ha falcidiato il mercato europeo e perché il prodotto in sé non era alla fine che l’ennesimo bricolage con i soliti motori e la solita scocca di Golf, Audi 3, Seat e Skoda con pelle un po’ diversa

Proprio questo immobilismo accompagnato dalla contrazione del mercato interno tedesco e da quello europeo ha spinto il capo dell’azienda di Wolfsburg a prodursi in un discorso assurdo in cui ha detto che bisogna costruire solo elettrico e che per questo occorre che il governo intervenga in maniera massiccia: a parte i vaneggiamenti come al solito finisce che  il privato così carico di invincibili qualità secondo il neoliberismo, fa la questua allo Stato e mette in chiaro tutti i suoi limiti, i suoi infingimenti e la sua cattiva coscienza. Ma insomma da queste vicende appare chiaro come dopo decenni di Europa, l’Europa sia divenuta periferica e marginale in mano alle lobby  e alle oligarchie di potere. Essa ha voluto in ossequio al globalismo cancellare le sovranità dei singoli paesi senza però creare una nuova sovranità democratica. Si è arrivati a questo a forza di mortificare le forze vive nei vari Paesi e di omologarle forzatamente a un modello unico, senza peraltro supportalo con partecipazione  e solidarietà, ma anzi  caricandolo di opachi giochi di egemonia. Adesso l’Europa da nano politico che era, si sta trasformando anche in un nano industriale, ed è ormai  a tutti gli effetti periferia del mondo.  Se non si hanno gli occhi foderati di prosciutto  è abbastanza evidente come i singoli Paesi da soli potrebbero fare molto meglio per sé e per gli altri partner, di questa ameba cresciuta nel brodo di coltura dei massacri sociali, anche perché i meccanismi comunitari e le tentazioni egemoniche che vi si inseriscono fanno sì che comunque si vada in ordine sparso verso i nuovi giganti, ma per giunta col freno a mano tirato.