Non-mi-avete-fatto-nienteCos’è un’informazione? Parrebbe semplice dare una definizione perché in fondo basta misurare il numero di bit di un qualunque messaggio per quantificarlo, ma questo è un concetto  da elettrotecnici  o da esattori delle compagnie telefoniche che in realtà non ci dice nulla: l’informazione infatti è esclusivamente qualcosa di nuovo che prima non sapevamo la cui valenza cambia a seconda di chi la produce e  di chi la riceve. Per esempio sapere che in italiano “a” si pronuncia sempre “a”per me ha un valore informativo uguale a zero, mentre per uno che sta studiando la nostra lingua, può essere fondamentale. Ma non è ancora finita perché il valore informativo dipende anche da tutto il contesto di sapere della parte trasmittente e ricevente per cui anche i livelli di comprensione dell’informazione stessa variano in maniera del tutto imprevedibile, così come la sua accoglienza o persuasività. Ecco perché la comunicazione pubblicitaria fa soprattutto conto dei meccanismi più arcaici e più automatici per colpire nel mucchio, mentre i discorsi di target vengono riservati soprattutto alla scelta del tipo di media, alla collocazione oraria o impaginativa o via dicendo.

Tuttavia la società contemporanea che si basa sul consumo e sull’ablazione della solidarietà ha trovato un modo per superare le difficoltà, ovvero la saturazione della comunicazione in maniera che si sia disposti a credere ciò che viene ripetuto da tutte le fonti, ovvero che sembra provenire dalla realtà stessa: in poche parole un’informazione non ha più relazione dialettica col dato di realtà, ma semplicemente con la quantità del flusso di bit che riesce a convogliare. Si è portati a pensare che le religioni creino le chiese, i templi, i luoghi e il tempo dei culti, ma è piuttosto vero il contrario , ossia che le chiese, i luoghi santi, templi creano il culto portando con la loro esistenza stessa, con la loro imponenza, la loro tangibilità, l’insieme dei rapporti di potere ed economici che vengono incorporarti nella pietra, a credere nelle cose più irreali che senza questo apparato apparirebbero davvero sconcertanti. Noi non abbiamo solo templi fisici, ma anche più immateriali che appunto sono fatti di carta e di bit: la loro concordanza e ridondanza garantiscono che il messaggio per quanto palesemente errato o non provato o esplicitamente menzognero o tale da suscitare dubbi, sia comunque persuasivo almeno per la maggior parte delle persone. Così la comunicazione presenta contemporaneamente due caratteri contrastanti, ma funzionali allo scopo: l’iperinformazione che riguarda taluni fatti, rapporti, condizioni e rapporti umani, dinamiche politiche che devono confermare la visione geopolitico e antropologica del neo liberismo i quali  vengono ribaditi in qualunque momento, attraverso le forme proprie di ogni mezzo e l’ipoinformazione sul contesto nel quale i fatti dovrebbero acquisire il loro senso. Faccio un esempio semplice e di giornata: dal giorno della vittoria di Boris Johnson tutti ripetono un mantra assurdo, ovvero che i Laburisti avrebbero perso perché sono andati troppo a sinistra con Corbyn. Ora questo è semplicemente falso perché con l’allontanamento dal blairismo il labour ha avuto un grande successo elettorale che è stato poi dissipato con lo sciocco ripensamento sulla brexit cui inizialmente il partito era favorevole: per comprenderlo basta andare a vedere i risultati delle ultime quattro tornate elettorali e tuttavia cancellando questo contesto si può sostenere la verità semplicistica delle oligarchie e di chi fa finta di combatterle. Si tratta perciò di una tesi che ribalta la realtà grazie alla ripetizione massiccia della tesi e alla sottrazione di contesto. Per questo molta narrazione pubblica, sia economica che politica e persino culturale sembra navigare nel vuoto assoluto delle formule standard e della lingua standard, quasi fosse un rosario ipnotico nel quale si consuma l’entropia del discorso. Del resto qualsiasi elemento che mettesse in discussione il sistema in sé e si suoi fondamenti, anche laudativo, si presterebbe facilmente alla riflessione e dunque alla deviazione dalla retta via.

Ovviamente in un mondo in cui l’informazione e la persuasione  non si basano sulla qualità, ma sulla quantità è statisticamente impossibile che non nasca l’eresia, specie da quando sono nate le reti  di comunicazione orizzontali, controllate anch’esse, ma secondo la legge dei grandi numeri, dunque non in maniera totalizzante come accade per giornali, editoria, televisioni, spettacolo: anzi per un migliore controllo una parte di questa è prodotta dal sistema stesso sotto forma di ravvedimento morale a posteriori che dovrebbe provare la tentata buona fede dell’insieme o come critica della gestione, ma mai del sistema stesso nei suoi fondamenti.  Solo quella che nasce spontanea dall’analisi degli eventi al di fuori dello standard diventa vera e propria miscredenza e si trova dunque ad affrontare i tribunali dell’inquisizione istituiti per mettere al rogo le cosiddette fake news, che sono tali solo per decreto. Devo confessare che questo discorso mi è venuto in mente leggendo la lettera a Babbo Natale scritta dal presidente Ovvio Mattarella il quale promette ai potenti genitori adottivi che gli italiani saranno buoni e ubbidienti nel 2020: mi ha fatto venire in mente la distesa di gusci vuoti della frutta secca che popolavano le tovaglie buone durante le feste quando ero bambino. E no ,per il 2020 vogliamo almeno delle noccioline piene.