PetriniE’ fin troppo chiaro, anzi in qualche modo dichiarato. che il movimento delle sardine, chiamiamolo così anche se si tratta di qualcosa allo stato aeriforme, sia nato dal Pd e per il Pd in modo da far rumore e impedire una perdita di potere del partito in Emilia – Romagna dove risiede il suo cuore economico affaristico: perso questo tradizionale bastione la dissoluzione sarebbe rapida, visto che da decenni non rappresenta che la conservazione nel suo aspetto diciamo così compassionevole o altrimenti ipocrita. Ma dai e dai, una volta fuori gioco Berlusconi, il falso nemico che alimentava un’altrettanto falsa battaglia, anche il partito ha perso credibilità e ha bisogno di qualche riverginazione, di distrarre voti dagli avversari, di tentare una ripetizione del gioco con Salvini. Ciò nondimeno le sardine costituiscono un fenomeno interessante per comprendere fino in fondo il declino del Paese: dove si potrebbe avere un’immagine più precisa dell’assenza devastante di cultura politica e della cultura tout court, della rimozione, peraltro rivendicata, del disagio sociale e della disuguaglianza ale quali non si cercano ragioni e cause?

Questi non sanno nulla dei loro coetanei che sono dovuti andare altrove, dei ricatti sul lavoro umile, delle paghe da fame, delle case misere, dei quartieri trincea, della sanità escludente, della precarietà senza il sostegno di patrimoni familiari e senza santi in paradiso che alla fine ti sistemano a vita in qualche interstizio parassitario del sistema. Sono accoglienti nella misura in cui il fenomeno li sfiora soltanto ed è tema di comunicazione,ma non di realtà quotidiana.  E’ il privilegio, per quanto modesto possa essere, che scende in piazza per affermare la propria legittimazione e la continuazione di se stesso.  Fa spaccio di bontà a buon mercato e di bon ton e moralismo spicciolo, forte di essersi isolato rispetto al male sociale, tutto intento alle proprie case, alle proprie palestre, agli happy hour, a coltivare la propria  radicale ignoranza nel senso pieno del termine, costellata di fogli di carta e di attestati e per questo subito disposti a delegare ai  “competenti” non tanto le tecnicalità, quanto le scelte collettive. Sono persino patetici nel portare il loro piccolo mondo sulla bilancia del sistema neo liberista, adorando lo status e quo e ogni sua imposizione, ogni sua incarnazione, in primis europa ed euro e odiano benché non lo dicano, anzi sostengano di rifuggire da questo sentimento, tutto ciò che osa offendere la costellazione del potere e metterla in crisi. Essi sono in realtà odiatori implacabili di qualsiasi cambiamento che avvertono come un pericolo.  Sono insomma il frutto del rimbambimento unito a quello di una società che ha perso la propria bussola sociale e hanno tutti acquisito un master in qualunquismo, meglio se tenuto direttamente in inglese che è la lingua specialmente dedicata a questo.

Va detto che la nascita dei Cinque stelle sembrava l’accademia di Atene di fronte a questa farsa d fine anno della politica perché almeno vi avevano vita anche pensieri non banali dentro una fin troppo ricca di intenti eterogenei. Qui invece siamo all’apice del banale domestico e della stupidità conformista che appare chiaramente nel decalogo stilato in vista della manifestazione di Roma cui parteciperà pure Casa Pound:

  1. I numeri valgono più della propaganda e delle fake news;
  2. E’ possibile cambiare l’inerzia di una retorica populista. Come? Utilizzando arte, bellezza, non violenza, creatività e ascolto; 
  3. La testa viene prima della pancia, o meglio, le emozioni vanno allineate al pensiero critico;
  4. Le persone vengono prima degli account social. Perché? Perché sappiamo di essere persone reali, con facoltà di pensiero e azione. La piazza è parte del mondo reale ed è lì che vogliamo tornare;
  5. Protagonista è la piazza, non gli organizzatori. Crediamo nella partecipazione;
  6. Nessuna bandiera, nessun insulto, nessuna violenza. Siamo inclusivi;
  7. Non siamo soli, ma parte di relazioni umane;
  8. Siamo vulnerabili e accettiamo la commozione nello spettro delle emozioni possibili, nonché necessarie. Siamo empatici;
  9. Le azioni mosse da interessi sono rispettabili, quelle fondate su gratuità e generosità degne di ammirazione. Riconoscere negli occhi degli altri, in una piazza, i propri valori, è un fatto intimo ma rivoluzionario;
  10. Se cambio io, non per questo cambia il mondo, ma qualcosa comincia a cambiare. Occorrono speranza e coraggio

In mezzo a questa gragnuola di stronzate da temino furbo delle elementari , ne voglio sottolineare una, laddove si dice che riconoscere negli altri i propri valori è un fatto intimo, ma rivoluzionario, due cose che non stanno insieme e che sembrano tratte dalle wings  più che da una qualche tensione politica. Del resto nel breviario non compaiono mai le parole società e sociale, popolo e comunità, classe e lotta, ma solo persone, relazioni umane, fatti intimi e in questo caso anche cose eccitanti come direbbe un bollettino aziendale per queste passeggiate in piazza dove esiste c’è solo una folla indistinta di bimbi minchia.  Esistono solo gli individui e le loro relazioni che sono le uniche rivoluzioni possibili: l’ atomizzazione sociale raggiunge il suo acme con tutte quello che ne segue e loro sono felici, nessun tormento dell’intelligenza e della conoscenza li sfiora. E a vedere come sono coccolati dall’informazione, compresa quella della finta sinistra, si direbbe che i pescatori di frodo del neoliberismo si faranno una bella scorpacciata. E senza nemmeno il timore che questi pesciolini puzzino dalla testa.