Il popolo per le classi di comando della democrazia di modello neo capitalista è una specie di amante: invocata e lusingata quando se ne sente il bisogno, ma nascosta e rinnegata quando fa i capricci e insiste per essere sposata. Ed è per questo che quando il popolo si mostra meno incline al gioco al massacro e diventa persino populista, termine ambiguo col quale si designa in sostanza la renitenza e al principio di autorità, lo si minaccia di abbandono e persino di rappresaglie. Tali intimidazioni consistono nel mettere in forse l’ essenza stessa della democrazia che consiste appunto nel suffragio universale, ossia nella possibilità da parte di tutti cittadini, siano essi uomini o donne, poveri o ricchi di potersi esprimere sul loro futuro e sui loro interessi. Non è una storia nuova perché anche durante la rivoluzione francese il popolo cominciò ad andare stretto quando non non dava ragione a qualche fazione in auge ed anzi proprio per evitare di metterlo alla base della nuova concezione del potere nata dalla dissoluzione della monarchia assoluta la Dichiarazione dei diritti dell’uomo mise al centro della sovranità la Nazione e non il popolo. Paradossale che gli anti populisti sembrino invece credere che popolo e Nazione siano la stessa cosa, in modo da disprezzare l’uno e l’altro senza conoscere né l’uno né l’altro e tanto meno la storia delle idee: ma si tratta della palese dimostrazione della strumentalità e della pochezza di tic comunicativi dietro i quali c’è il niente o meglio solo gli interessi attuali delle oligarchie e delle classi di sostegno indignate dal fatto che i cittadini nel loro complesso non siano appagati della mera ritualità elettorale.
Così comincia ad emergere una tendenza che mette in discussione il suffragio universale con argomenti affini alla tendenza tecnocratica ed epistocratica che domina la governance europea, rinunciando però ai sofisticati argomenti sociologici tipo Crozier o Brennan con cui in passato si era occhieggiato a questo tema,ma rifugiandosi in tematiche triviali e grossolane, ancorché di carattere elitario quali l’ignoranza del popolo come il povero Gramellini, una Liala priva di stile, che di ignoranza, frasi fatte, chincaglierie pacchiane e conoscenze un tanto al chilo deve essere un insuperabile esperto o argomenti vagamente estetizzanti quali l’ignoranza del bene comune, della bellezza, del gusto come il disgraziato Luca Sofrì, il cui ingrato mestiere è quello di essere figlio e di dover sembrare intelligente, una condizione che non si augura al peggior nemico. Il problema che sta anche alla base dell’economia capitalista è che nessuno è onnisciente e tanto meno in possesso della verità, dunque non sarebbe titolato ad essere elettore quando anche fosse espertissimo in qualche singolo campo, mentre tutti conoscono benissimo le loro condizioni, hanno una visione del mondo per semplice che sia che sia e hanno il diritto fondamentale di esprimere e di difendere i propri bisogni: la democrazia in senso moderno è questo, se poi vogliamo prendere ad esempio le società schiaviste o quelle divise in caste è un altro conto. Ma quanto meno sarebbe onesto ammetterlo. E poi anche facendo l’impossibile equazione fra la politica che implica la direzione da prendere, sulla quale tutti sono titolati dire la loro e la tecnica che consiste nel trovare i mezzi di attuazione quale sistema ci sarebbe per scegliere gli eletti a cui è concesso mettere la scheda nell’urna? Il censo, il titolo di studio (che però potrebbe riguardare materie lontanissime dal governo delle cose), quale grado di conoscenze si deve avere? Evidentemente non esistono criteri oggettivi, ma criteri ideologici questa scelta: dunque saremmo di fronte non una democrazia, ma a una tautologia politica, nella quel il sistema sceglie chi è d’accordo con il sistema. Se ci si lamentasse solo di uno scarso livello di conoscenza istituzionale, il rimedio è a portata di mano: ripristinare i corsi della vecchia educazione civica e renderli materia centrale nelle scuole.
Ma non è questo che vogliono i neo ipocriti reazionari contrari al suffragio universale, il livello di conoscenza non c’entra proprio nulla in questi discorsi da bar e da salotto grazie ai quali lucrano grassi stipendi: ciò che essi intendono affermare, senza nemmeno averne coscienza, è invece l’identità fra mezzi e fini. In una società in cui è impossibile immaginare cambiamenti di fondo, nella quale si predica la fine della storia in quanto evoluzione sociale, non ci possono essere altri fini che i mezzi stessi, esattamente come al tempo dell’ancien regime: l’oligarchia non può non essere tecnocratica, anzi non può nemmeno andare oltre essa e dunque non può non avere paura delle libere scelte.
Per capire la visione antidemocratica e di totale sfiducia nel popolo che caratterizza la UE dei tecnocrati di Bruxelles, bisogna considerare che costoro si ispirano non tanto al liberalismo classico, bensì all’ordoliberismo secondo il quale, senza un intervento attivo dello Stato, la logica della concorrenza e del mercato non può plasmare la società a propria immagine e somiglianza.
Gli ordoliberisti non credono al lassaiz-faire perché le leggi della concorrenza non sono un “dato di fatto” che basta assecondare, bensì un principio formale “ideale” che bisogna sforzarsi di raggiungere, per quanto non sia possibile realizzarlo nella sua purezza.
Ecco quindi il concetto di “politica di cornice”, cioè lo Stato liberale non può adottare politiche qualsiasi, ma solo quelle che intervengono sul “quadro” della società senza alterare i meccanismi della concorrenza, che sono il vero nucleo del libero mercato.
Quindi solo coloro che conoscono le leggi che garantiscono la realizzazione di questo ideale di purezza sociale possono ricoprire ruoli decisionali; gli altri, il popolo, gli inferiori che non conoscono le cose, potrebbero con il loro intervento rovinare la realizzazione della società ideale basata sulla concorrenza e il mercato.
Sono in sostanza dei fanatici che perseguono un ideale insensato a costo di annientare le vite delle persone. E sono estremamente pericolosi perchè inseguono un ideale di “purezza” e di “perfezione” che ci riporta alle follie del passato.
vale la pena anche considerare che la cina attualmente ha un miliardo e quattrocento milioni di abitanti, la popolazione che lavora nel circuito moderno è strabiliante in proporzione, se ognuno produce un cent in più di valore il pil complessivo vola, ma vuol dire poco o nulla ( e tale volo del pil comprende pure il contributo dei milioni di contadini arretrati)
Uno stesso incremento del pil complessivo ottenuto in un paese con 50 milioni di abitanti implicherebbe l’uso di tecnologie ultramoderne, solo con una grande crescita della produttività del lavoro gli attivi sui 50 milioni di abitanti potrebbero eguagliare l’aumento del pil di sopra immaginato per la cina
Ovvero, risultati strabilianti che la cina può esibire dipendono dalla crescita del suo pil come MASSA, ma tale pil inteso pro capite è di circa 50.000 dollari inferiore a quello americano, segno che la tecnologia produttiva cinese è mediamente assai arretrata, a parte i picchi sempre dacantati da taluni
Come ha detto una volta il ministro delle Finanze tedesco: “Le elezioni non cambiano nulla. In Europa ci sono delle regole”.
Con il Trattato di stabilità del 2012 si è realizzato il sogno neoliberista della completa separazione tra processo democratico e politiche economiche.
Infatti fu Mario Draghi a dichiarare dopo le elezioni italiane del 2013: “Gran parte dell’adeguamento fiscale che l’Italia ha intrapreso continuerà con il pilota automatico“.
I tecnocrati europei mi sembra siano stati abbastanza chiari sul futuro della democrazia in Europa.
si può aggiungere che da sempre l’unione europea è stata uno strumento di armonizzazione tra i grandi capitali, che ha escluso ogni altro scopo e rappresentanza, oggi siamo al compimento
Bisogna dire che un’unica moneta al posto delle 32 che c’erano prima rende molto più semplici e razionali gli scambi commerciali tra Stati Uniti ed Europa e facilita la circolazione delle merci all’interno del mercato unico globale guidato dalle regole americane.
La creazione, l’estensione e il rafforzamento del libero mercato e dei valori sociali ad esso connessi è da sempre il principale obiettivo della politica estera americana.
Non è un caso che prima di entrare nel “paradiso neoliberista” europeo sia necessario aderire alla NATO, cioè fare atto di obbedienza al sistema militare dell’impero americano.
Per far parte della NATO bisogna però soddisfare le richieste dell’alleanza atlantica che consistono sostanzialmente nella liberalizzazione degli scambi economici tramite l’abbassamento delle tariffe doganali.