Anna Lombroso per il Simplicissimus
Da anni la linea editoriale di Repubblica pubblica una sua posta del cuore, aperta alle lettere di influenti personalità che si aprono a confidenze toccanti e appelli edificanti. Come ricorderete tutto era cominciato con la attricetta prosperosa sposata con l’industrialotto come nei film anni ’50, dove la signora, ormai accolta benevolmente in società, guardandosi intorno dal palco della Scala, si ferma con lo sguardo su una più giovane promessa del grande schermo protetta dal consorte e si compiace con il marito: la nostra puttana l’è la più bela.
Promossa a renitente first lady svelò in prima pagina il suo malcontento per le imprese erotiche del cavaliere divenuto, purtroppo, incontrollate e ossessive, raccogliendo con la sua afflitta confessione, l’entusiastica approvazione dell’altra metà del cielo e di tutto lo schieramento costituzionale che era stato zitto su conflitto di interesse, golpismo, compravendita di parlamentari, corruzione, intrinsichezze mafiose, speculazione.
Seguirono altre accorate missive, di boiardi e manager pubblici, ad esempio, impegnati a accelerare la svendita del paese che invitavano i loro delfini a andarsene per sfuggire alla rovina da loro stessi provocata.
Ieri poi è stato toccato il fondo quando una intera pagina del quotidiano è stata regalata alla dinastia dei golf di lana mortaccina, in modo che potessero pubblicamente discolparsi e scindere le responsabilità famigliari di candidi azionisti da quella della bieca Atlantia S.p.A. (già Autostrade S.p.A.) società per azioni italiana che annovera nel suo pacchetto Edizione, holding operativa facente capo appunto alla famiglia Benetton), GIC Pte Ltd, Fondazione CRT, Lazard Asset Management, HSBC Holdings.
“Trovo necessario fare chiarezza su un grande equivoco: nessun componente della famiglia Benetton ha mai gestito Autostrade”, scrive l’autorevole capostipite. “Ci riteniamo parte lesa” prosegue, “dalla campagna d’odio che si è scatenata anche da parte di esponenti del Governo”, che li ha additati “come malavitosi” e chiede alle istituzioni “serietà, non indulgenza…. Le notizie di questi giorni su omessi controlli, su sensori guasti non rinnovati o falsi report, ci colpiscono e sorprendono in modo grave, allo stesso modo in cui colpiscono e sorprendono l’opinione pubblica. Ci sentiamo feriti come cittadini, come imprenditori e come azionisti“.
Per farla breve il crollo non imprevedibile del ponte Morandi è da attribuire interamente a un management “non idoneo”, ma che “aveva avuto la piena fiducia degli azionisti e della famiglia”, oggi ingiustamente indicata dall’onorevole Di Maio “come fosse collusa nell’aver deciso scientemente di risparmiare sugli investimenti in manutenzioni”.
Beati i tempi del teorema Craxi quando un dirigente politico non poteva professare innocenza e era chiamato a rispondere delle colpe della sua cerchia di esecutori: il casato di Ponzano, potendo, interpreterebbe a modo suo anche il processo di Norimberga in modo che i crimini del nazismo fossero a carico dei gerarchi e dei gauleiter escludendo Hitler e pure le grandi imprese e banche impegnate a far fruttare guerra e olocausto.
Insomma meglio passare per cretini – anche se nuoce alla reputazione di tycoon spregiudicati – che per assassini, se la vibrante e sdegnata comunicazione lascia intendere la brutale agnizione che ha percosso la poliedrica stirpe imprenditoriale che, attiva in Autogrill S.p.A. (50,10%), in Olimpias Group (100%), in Benetton Group S.r.l. (100%), in Edizioni Property S.P.A. (100%), in Cia de Tierras sud Argentino S.p.A. (100%), in Maccarese S.p.A. (100%), in Eurostazioni S.p.A. ( 32,71%), in G.S. Immobiliare S.p.A. (40%), in Cellnex (29%), in Assicurazioni Generali S.p.A. (4%, ) in Mediobanca S.p.A. (2,16%), in Verdesport S.p.A. ( 100%), in Sintonia S.p.A. (100%), in Autostrade per l’Italia S.p.A. (84%), in Autostrade dell’Atlantico (100%), in Aeroporti di Roma S.p.A. (99,4%), in Aèroports de la Cote d’Azur (38,7%, ) in Abertis (50%), in Getlink Eurotunnel ( 15,4%), oltre che, appunto, in Atlantia S.p.A. (30, 35%) mica ha modo e tempo di controllare ogni minimo particolare.
Eh si, deve essere stata una gran brutta scoperta avere contezza che qualcuno è più furbo, sfrontato, furfante e manigoldo di chi, senza vergogna, ha fatto fortuna sfruttando fino alla morte per trascuratezza delle più elementari norme di sicurezza una manodopera di donne e ragazzini nel terzo mondo esterno, mentre agiva per spingere nel terzo mondo interno attività, imprese costrette al profittevole fallimento in modo da essere assorbite nel patrimonio familiare purché con una significativa riduzione dei molesti addetti.
E che ci fosse qualcuno più farabutto e insolente perfino di chi ha comprato da amministratori complici in qualità di festosi mallevadori e a prezzi stracciati valori e gioielli di una città che facevano parte della sua identità storica per rivenderli dopo averli convertiti in squallidi empori e monumenti alla più trucida modernità, dove vendere squallida merce uguale a Venezia come a Dubai, o accogliere riccastri omologati al gusto dei re dei maglioncini o dei petrolieri di Dallas o del Qatar che ancora per poco sceglieranno siti antichi dove risiede ancora qualche indigeno irriducibile, preferendo le più comode imitazione nelle loro Las Vegas.
Si può vedere:
Ho visto che nell’elenco sterminato di aziende risalta quella argentina.
In effetti i terribili indios Mapuche sono da anni in lotta per il controllo delle loro terre cilene e argentine.
Si tratta di un popolo che ha sconfitto gli Incas prima e i conquistadores spagnoli poi.
Fino al XIX secolo tutte le spedizioni dell’esercito spagnolo a sud del Rio Negro, che i Mapuche consideravano il loro confine, furono sconfitte e annientate.
Si arrivò al punto che i soldati spagnoli si rifiutarono di avventurarsi nelle terre dei terribili nativi e si ribellarono gettando le armi.
https://www.leggo.it/esteri/news/mapuche_chi_sono_popolo_cile_papa_15_gennaio_2018-3485212.html
Ma contro la nostra famiglia veneta non la spuntano neppure gli indios più coraggiosi d’America.
http://www.farodiroma.it/i-benetton-e-la-cacciata-dei-mapuche-dalle-loro-terre-una-storia-argentina/