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Marcia dei golpisti con il simbolo totemico dei bianchi  da 500 anni a questa parte

Mi chiedo quando si ritornerà a pensare, un’ attività che nella sua essenza evolutiva consiste nella capacità di rintracciare analogie nella confusione degli eventi e/o scorgere differenze nella loro apparente uniformità. In questi giorni migliaia di giovani fanno i loro rave di piazza contro Salvini, un nemico costruito a tavolino e in odore di fascismo, ad onta del fatto che non è al governo e le leggi fatte dall’esecutivo precedente in cui il leader della Lega era ministro, rimangono pacificamente al loro posto senza minimamente essere contestate. Statisticamente qualcuno dovrebbe accorgersi della manipolazione, ma come potrebbe avvenire se siamo manipolati in vario modo ogni giorno e ogni ora del giorno da valanghe di messaggi: per le generazioni più giovani si tratta di un fatto così naturale che non se ne accorgono.

Eppure il caso Salvini potrebbe essere quasi di scuola, perché la sua xenofobia è invisa  a quella stessa governance europea e globale che invece appoggia concretamente ed idealmente il golpe in Bolivia dove l’assalto alla democrazia crea una chiarissima coincidenza  fra l’interesse del multinazionali occidentali ( vedi Il golpe elettrico ) e dunque con la in – tensione oligarchica in atto e la lotta razziale contro le popolazioni autoctone che con il governo socialista di Morales avevano trovato il loro riscatto. E’ quasi ovvio che la stampetta servile che ci ritroviamo faccia di tutto per coprire questo vaso di Pandora, ma l’odio razziale è esploso sotto gli occhi di tutti  il 20 ottobre scorso quando Morales ha vinto le elezioni, ma non con lo scarto del precedente appuntamento elettorale:  questo è stato il segnale per le forze regressive e  quelle  ultra-conservatrici all’Osa (Organizzazione degli Stati americani) sostenute dalla Chiesa che era possibile trascinare le classi medio alte  quasi al 100 per  cento bianche in un colpo di stato sfruttandone l’innato razzismo: già il giorno dopo le bande paramilitari sono andate a caccia dell’indigeno creando una situazione insurrezionale anche grazie alla scarsa o nulla reazione della polizia, la quale quando le forze popolari – contadini, minatori, operai in gran parte nativi –  si sono mobilitate per resistere al putsch fascista iniziando a riprendere il controllo della situazione polizia è scesa in campo attivamente contro di loro portando al precipitare della situazione. Il ricorso al razzismo come molla del colpo di stato fascista era in un certo una strada obbligata: in un paese dove la povertà estrema era scesa dal 38 al 15 per cento e l’economia è cresciuta da 9 miliardi di dollari di Pil del 2010 ai 42 miliardi di oggi era difficile immaginare di scalzare il governo socialista con le azioni per così dire convenzionali  ancorché violente tipiche dell’arancionismo. Ci è appoggiati dunque all’odio razziale contro gli indigeni che cominciano a scalare le posizioni prima ad esclusivo appannaggio dei bianchi, sia nell’istruzione che nell’amministrazione pubblica. Solo appoggiandosi ai sentimenti più rozzi si poteva rovesciare una democrazia che non era solo vuota forma, ma si basava sulla perequazione e la distribuzione della ricchezza.

Da qui lo straripamento dell’odio, la manifestazione della violenza, perché la supremazia razziale è qualcosa che non è razionalizzato, è visto come un impulso primario del corpo, e nella specifica situazione come un tatuaggio della storia coloniale sulla pelle: non sorprende quindi che mentre gli indiani raccolgono i corpi delle persone uccise a colpi di arma da fuoco, i loro carnefici materiali e morali affermano di averlo fatto per salvaguardare la democrazia. Anche se sanno benissimo che lo hanno  fatto per proteggere il privilegio di casta e cognome. Questo ci dice anche che il neo fascismo boliviano non è affatto  l’espressione di una rivoluzione fallita, ma anche, paradossalmente, il segno del successo di una vera democratizzazione materiale nelle società post coloniali. Insomma diventa chiaro che il sistema a guida neo liberista nelle sue varie articolazioni geopolitiche è in grado di gestire sia il razzismo estremo che l’antirazzismo peloso e crepuscolare benché sembri che nessuno si accorga di questa evidenza. Chissà forse manca un app che avvisi agli scappati di casa convinti  di partecipare e di fare politica, che stando dalla parte dello status quo non stanno combattendo contro il fascismo, ma per il fascismo.