intell Anna Lombroso per il Simplicissimus

Per anni fini polemisti ci hanno detto di stare tranquilli, che non valeva la pena di fare la rivoluzione perché il capitalismo sarebbe imploso dentro alle bolle finanziarie e alla spirale dell’accumulazione che aveva messo in moto.

Il sistema non avrebbe saputo gestire la sua «strategia del caos», che condizionava tutto, dalla geopolitica all’esercizio quotidiano del dominio di potere sulle singole esistenze, né tanto meno contrastare la crisi del suo insostenibile «modello di sviluppo» che sta devastando il pianeta e mette in discussione  la supremazia della sua «civiltà» superiore. Bastava, insomma, aspettare il suo suicidio.

Finora invece assistiamo ai suicidi di massa di nazioni, popoli e realtà produttive, che non resistono alla pressione delle “grandi trasformazioni”,  per lo più aberranti, del sistema totalitario economico e sociale, proprio come  successe agli  Xosa (lo ricorda Canetti Masse e potere)  che si autocondannarono per non essersi adattati al progresso importato da quei primi modelli di guerre umanitarie che furono le  missioni di evangelizzazione, incaricate di cancellare identità, tradizioni, usi, e di annullare valori di responsabilità e libertà personali e collettive.

Basta pensare a un simbolico harakiri nazionale, quello di Alitalia “offerta”, con accompagnamento di opportuno de profundis di Atlantia dei becchini Benetton e del Governo, a Lufthansa in cambio di pochi spicci (150-200 milioni a fronte dei 100-200 di Delta) condizionati all’obbligo di disfarsi dello status di compagnia nazionale per essere retrocessa a compagnia regionale, della presenza nel suo azionariato del Ministero del Tesoro vincolato a cedere le sue quote entro tre anni, di aerei, di costi di gestione  e, infine, di 5000 posti di lavoro, sostituiti da più efficienti esecutori robotici che non protestano, non scioperano e si accontentano.

A conferma del ruolo svolto dall’Europa, quello, direbbero a Roma, di “cassamortara” delle imprese nazionali e partecipate dei paesi di serie B in modo da levare di torno una concorrenza leale a quelle  di serie A più meritevoli, Air France o Lufthansa e perfino British Airways: i molti soldi pubblici profusi  ( un miliardo e 300 milioni negli ultimi 18 mesi) sono serviti a darle un po’ di belletto come si fa nelle agenzie di pompe funebri  per appiopparla quando è ancora tiepida  a poco prezzo a un competitor che la cannibalizzi.

Celebrare il requiem per le aziende pubbliche (e non solo) e per la sovranità economica degli stati nazionali cui sarebbe obbligatorio e doveroso rinunciare per il rafforzamento del superstato la cui appartenenza si è trasformata in un atto di fede continuamente recitato, cieco e assoluto, prevede anche che si solennizzi insieme alla fine delle democrazie,  quella del lavoro diventato fatica e servitù, delle politiche e delle relazioni industriali e sociali,  e dei dei lavoratori – un esercito manovrabile e localizzabile a piacere, ricattato e intimorito dalla minaccia dell’esercito di riserva degli immigrati che in verità non è competitivo per qualità ma perché più ricattato, più intimorito e disposto all’insano agonismo dei sacrifici, delle rinunce e delle umiliazioni.

Niente paura però, tra tante cattive notizia le news che provengono dalla app globale della modernità e del progresso ci fanno  sapere che col lavoro tradizionale è finita anche la fatica, perfino quella dei soldati che potranno sganciare ordigni micidiali stando seduti su una comoda poltrona, grazie alle formidabili opportunità  offerte dall’automazione e dalla robotica.

Inutile dire che ci sono luoghi  del terzo mondo esterno, e anche di quelli interni alle geografie della nostra civiltà superiore, dove l’ipotesi che robot superdotati di intelligenza artificiale  sostituiscano gli esseri umani nei compiti faticosi liberandoci così dalla condanna alla fatica ma pure ai vizi e ai piaceri (il programma informatico Pluribus ha battuto a Texas hold’em, una specialità del poker, cinque giocatori professionisti), è pura fantascienza, trastullo mentale per privilegiati.  Il lavoro manuale, rischioso e usurante esiste ancora eccome ed è per quello che viene localizzato in luoghi brutti o confinati e negletti dalla lotteria naturale,  o riservato a vite di poca rilevanza costrette a spostarsi, a eseguire, a mansioni sporche, umilianti e degradanti, velenose e che avvelenano, ammalano e fanno ammalare, mentre ad altri sarebbe permessa e la pigrizia  e perfino la noia, che ossessivamente neghiamo ai nostri figli costringendoli a una piena occupazione del tempo libero in corsi, balli, flauti, rincorrendo un dinamismo malato.

Ma anche per i beneficati il futuro non sarà certo tutto rose e fiori, e lo sappiamo già grazie alla lenta ma inesorabile infiltrazione nella nostra economia  di una forma di controllo sociale e culturale che impone una ideologia della autonomia distorta che illude di essere indipendenti  perché non  ci si interfaccia col padrone oppressore: oggi una multinazionale remota, domani i suoi intelletti sintetici manovrati da altri sfruttati invisibili.

Il processo è già avanti se annusiamo l’inebriante profumo della  libertà perché ce ne stiamo a casa ascoltando la nostra selezione musicale immettendo dati quando ci pare, programmando funzioni a cottimo, restringendo sempre di più il nostro paesaggio umano e le nostre relazioni con altri omologhi e affini parimenti munti e svuotati. Ma gratificati perché scegliamo gli orari, i percorsi per le consegne in motorino, perché ci fanno credere che i contratti di riders di Uber o Fedora vengono percepiti come autonomi  in quanto consentono la “licenza di gestire il proprio tempo”. mentre  celano rapporti di lavoro subordinato e esposto  a condizioni vessatorie, anche se l’abbiamo negoziato online con interlocutori fantasmatici, i sacerdoti di quello che è stato chiamato con spudorata sfrontatezza il “diritto alla flessibilità”, che viene indicato come una pretesa di generazioni “connesse” che disdegnano il posto fisso, e che altro non è che un espediente semantico per autorizzare l’espropriazione di quelli veri, conquistati a prezzo di lotte, indebolendo la forza contrattuale e i valori del lavoro.

Verrebbe da dire ben venga a una intelligenza artificiale che faccia giustizia di tanti cretini, peccato che si tratti ancora una volta dell’arma dei padroni, che si fidano di automi veri e non di quelli umani, che potrebbero avere ancora un po’ dell’audacia della libertà.