censuraDopo che il parlamento europeo ha messo sullo stesso piano nazismo e comunismo dove quest’ultimo  era il vero bersaglio della questione, il mondo dei benpensanti liberisti di casa nostra ha prodotto una sua versione del controllo delle opinioni visto che il Senato ha votato a maggioranza  per l’istituzione di una commissione contro “odio, razzismo e antisemitismo” proposto dalla senatrice Liliana Segre. Ora chi non potrebbe essere d’accordo?  Magari solo le destre a tendenza xenofoba che appunto hanno deciso di non votare. Invece le cose sono più complesse di quanto non si possa credere, anche se l’abitudine a lasciarsi guidare dagli slogan senza opporre alcuna riflessione, è ormai un condizionamento contemporaneo tanto che molti siti della sinistra residuale pur comprendendo la potenziale compressione di libertà di opinione che l’istituzione di una simile commissione comporta, devono prima sacrificare il gallo ad Esculapio della demonizzazione della destra e solo successivamente esprimere ovvie perplessità.

Il fatto è che il sistema e in grado prendere le cose più sacrosante per utilizzarle ai propri scopi introducendo cesure o forzature semantiche oppure usando lemmi talmente aperti all’interpretazione e all’arbitrio da essere, diciamo così, parole d’ordine staminali, ovvero in grado di svilupparsi in tutte le direzioni possibili. Prima di tutto cosa significa odio? Basta aprire un vocabolario italiano per rendersi conto che si tratta di una categoria amplissima compendiabile nella definizione di “sentimento di forte e persistente avversione, ostilità e antipatia” che praticamente ognuno di noi prova nei confronti di qualcuno, di qualcosa o di idee o precetti. In questo senso anche coloro che vogliono reprimere l’odio odiano gli odiatori e dunque dovrebbero a loro volta essere repressi. Non ci si esce da questa spirale insensata se non si ammette che fino a che l’odio non si traduce in “fatti ed opere” o in parole apertamente offensive, ovvero in qualcosa già sanzionato dalle leggi esistenti, non può essere plausibilmente condannato in sé senza danneggiare irreparabilmente la libertà di espressione. Ma è chiaro che essendo lasciato in bianco l’oggetto dell’odio stesso, si può colpire dovunque  gli interessi delle elite lo richiedano. Va ricordato che questa attenzione all’ “odio” e alle sue sanzioni è tipico dei regimi fascisti: “Chiunque pubblicamente istiga alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico , ovvero all’odio fra le classi sociali, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni” recita l’articolo 415 del Codice Rocco ed è chiarissimo che dietro la definizione si nasconde la repressione ideologica perché anche soltanto accennare in via teorica alla lotta di classe sarebbe costata al minimo sei mesi di galera. E non parliamo di chi avesse detto “odio le leggi razziali”.

Ma veniamo alla bizzarra distinzione tra razzismo e antisemitismo che si fa fatica a capire visto che il razzismo comprende in sé l’antisemitismo. Ha forse qualcosa di moralmente speciale oppure si vuole sottintendere che anche la critica al sionismo è antisemitismo e che dunque si dimostra razzista chi non apprezza o magari anche odia l’attuale politica di governanti di Israele nei confronti – per esempio- dei palestinesi? E’ un dubbio che una distinzione speciosa fa venire. Ma in realtà questo è un discorso già venuto a galla in Francia dopo l’affermazione macronista  e che si incarna nel saggio Reflexions sur la question antisemite del rabbino Delphine Horvilleur la quale parte dall’ipotesi che l’antisemitismo sia una malattia che colpisce l’ebreo sia in quanto diverso, sia in quanto troppo uguale e dunque si pone come un ostacolo alle singole comunità nell’affermare la propria identità facendo intendere che questioni identitarie e antisemitismo sono in sostanza la meme chose . Ci potrebbe essere anche qualche sostanzioso dubbio in proposito visto che mai gli ebrei furono integrati nelle società occidentali come all’epoca dei grandi nazionalismi e dunque nell’epoca dove l’identità aveva più valore. Ma tralascio i problemi che tutto questo pone  per notare come alla fine la distinzione tra razzismo e  antisemitismo, arrivata anche in Italia, viene utile ad estendere l’aura di condanna dalla xenofobia propriamente detta, ad ogni ambito della valorizzazione identitaria o nazionale o sovrana  in quanto intrinsecamente sospetta e dunque passibile di essere sanzionata dalla legge. E non solo: vi si intravede anche l’ansia di mettere a tacere tutta la retorica balzana che appaia tout court ebrei e potere economico e di certo non per arginare l’antisemitismo, ma al contrario per censurare l’odio verso il potere economico, le sue tesi e i suoi strumenti che è la cosa che interessa primariamente il potere.

In generale si potrebbe dire ce la commissione contro l’odio il razzismo e l’antisemitismo realizza in pieno, senza nemmeno accorgersene, uno dei teoremi strategici del globalismo, ovvero chi ancora possiede un ‘identità di qualsiasi tipo, sessuale, nazionale, di classe, culturale deve essere necessariamente nemico dell’identità altrui e può essere redento solo spogliandosene e rattrapprendosi nella sola dimensione del consumatore di merci e merce egli stesso che rappresenta  l’universalismo vuoto proposto dal neo liberismo.

Probabilmente queste sottigliezze saranno sfuggite ai senatori anche se non alla Segre, ma non c’è dubbio che il globalismo fa del  bricolage opportunista con il materiale ideale ereditato dal passato, tende costantemente ad affermare un autocratismo di mercato che deve essere liberato dai laccioli delle comunità e dei popoli, delle classi come delle cutlture al pari delle speranze e delle visioni sociali di segni diverso rispetto alla “teoria dei ricchi”. Una sorta di fascismo strisciante e politicamente corretto.