103716559-e47a4f86-cd1b-42fb-aeef-8a6daae7d203Cambiare auto è oggi un’esperienza che se accompagnata dalla curiosità di comprendere a fondo le cose, è un’esperienza imperdibile per capire sulla nostra stessa pelle come veniamo presi in giro dai costruttori, cosa assolutamente ovvia, ma anche e soprattutto  da quei poteri di regolamentazione che si vorrebbero porre a tutela dei cittadini – consumatori e persino dell’ambiente, ma che in realtà fanno parte della meravigliosa filiera del capitalismo. Per quanto possa sembrare paradossale comprare un’auto significa toccare con mano il funzionamento del sistema neo liberista nel suo complesso e dunque anche della sua parte politica. Tralasciamo il dettaglio su ciò che concerne la parte finanziaria della questione: magari pensate che pagando tutto in un’unica soluzione potrete spuntare un prezzo migliore, ma non è così, lo sconto vero ve lo fanno per l’acquisto a rate perché il concessionario guadagna di più dalla finanziaria che dall’auto stessa: voi alla fine pagate la vettura un terzo in più del prezzo nominale e diventate vittime sacrificali dell’economia di carta, ovvero della finanziarizzazione del capitalismo. Senza dire che spesso le formule sono studiate perché dopo quattro anni convenga cambiare vettura con il medesimo modello piuttosto che svenarsi per tenersi quella vecchia.

Ma certamente vorrete un’auto che consuma poco e inquina anche meno, visto che i due parametri sono strettamente collegati e che i criteri adottati dalle varie autorità, nel nostro caso tutto il sistema di euro 1,2, 3 e via dicendo, con i vari divieti collegati, sia la strada giusta per diminuire le emissioni. Tuttavia basta leggere qualcosa in più per rendersi conto che non è affatto così: queste regolamentazioni sono state pensate per favorire il ricambio delle auto, per tenere artificiosamente alto il mercato e non per proteggere l’ambiente. Intanto questi criteri tengono conto anche di dotazioni di sicurezza che non hanno nulla a che fare con le emissioni e secondo, se andate a prendervi le tabelle vi accorgerete che spesso alcuni “euro” precedenti sono più severi di quelli successivi per alcuni parametri, per esempio la Co2 o gli ossidi di azoto: si ha la netta sensazione che queste complicate formulazioni seguano più le esigenze dei produttori e i loro trucchi che quelle dell’ambiente. Inoltre le cifre delle emissioni costituiscono un massimo per cui certamente un’utilitaria euro 4 ha emissioni complessivamente inferiori di un suvvone euro sei che pesa due tonnellate e passa. Se poi pensiamo che la fabbricazione di un’auto produce un inquinamento quasi pari a quello della sua vita media, si vede facilmente che provvedimenti volti a sollecitare il cambio della vettura, anche se apparentemente sensati, restituiscono un bilancio netto molto negativo. I motori aspirati attuali possono tranquillamente raggiungere  i 700 – 800 mila chilometri senza interventi al di fuori di quelli di routine, ma si instilla l’idea che a 100 mila km un’auto è finita: si vede benissimo che proprio l’uscita continua di nuovi modelli, la cura nel centellinare accuratamente le dotazioni su una serie continua di edizioni,  costituiscono un’incoraggiamento al cambio macchina che viene poi potenziato anche attraverso regole apparentemente virtuose ma in realtà perfette per inserirsi nella corrente del consumismo. Se davvero si volesse proteggere l’ambiente si dovrebbe costringere le industrie a garantire le auto su tutti i sistemi principali per un numero di anni non inferiore a 5  e ad adottare logiche costruttive che favoriscano gli aggiornamenti piuttosto che le sostituzioni.

In ogni caso i parametri di emissione sono legati a quelli di consumo, i quali non prevedono alcuna prova reale, ma solo di laboratorio e vengono di fatto ricavati in base ad algoritmi che non hanno nulla a che vedere con la realtà  senza dire che spesso  sono basati sui dati forniti dagli sessi costruttori. Recentemente si è gridato al miracolo perché dai vecchi standard si è passati a nuovi criteri che prevedono prove di omologazione di 30 minuti con una velocità media di 46,5 chilometri ora a temperatura rigorosamente di 23 gradi, al posto delle precedenti che implicavano ( sempre sui rulli) 20 minuti e una media di 30 all’ora, sebbene a temperatura variabile, cosa che una grande differenza. In realtà è cambiato pochissimo semplicemente perché ai costruttori basta adeguare opportunamente le curve di potenza per affrontare i nuovi parametri, senza che questo implichi però variazioni di consumo concrete nell’ uso reale. Ma ad ogni modo con l’introduzione il nuovo sistema di rilevazione e omologazione dei consumi chiamato WLTP, si è compiuto un vero prodigio: le stesse identiche auto sottoposte al vecchio e al nuovo test hanno dato risultati sconcertanti, alcune riducendo addirittura  i consumi  (per esempio Citroen Cactus o Toyota Prius che li ha addirittura dimezzati) , altre lasciandolo invariato e altre ancora facendo registrare aumenti talmente minimi da non essere  credibili. Se il vecchio standard di rilevazione veniva accusato di essere del tutto irrealistico, il nuovo che doveva colmare il gap si rivela in qualche caso ancor più distante dalla realtà. E con esso anche i test di inquinamento che naturalmente vengono condotti contemporaneamente.

Insomma il sistema basato sul consumo di merce e di denaro come super merce  sfrutta le preoccupazioni ambientali legate al medesimo per perpetuarsi e addirittura crescere. E’ per questo che non si perita di inscenare anche campagne ecologiche basate su facili simbologie, di fabbricare esche per farci abboccare.