gennaccari-1Sono sempre stato contrario alle censure per legge, anche a quelle che potrebbero apparire a prima vista virtuose e in linea con le proprie idee: così sono rimasto interdetto di fronte al tintinnar di manette che ha colpito a suo tempo le tesi negazioniste e non certo perché mi stessero simpatiche, ma perché era insensato mettere la mordacchia giudiziaria a posizioni e credenze di nicchia che si squalificavano da sé e che dalla censura ricevevano paradossalmente un imprimatur che nel libero dibattito culturale non avevano: tutti sappiamo che gli asini non volano, ma se ci viene impedito di dirlo nasce il sospetto che ci sia qualcosa di vero. Però c’era un altro argomento per considerare in maniera negativa sempre e comunque la censura: quando si comincia a vietare di dire alcune cose, per quanto esse siano assurde o spiacevoli, si apre la possibilità di applicare gli stessi criteri e le stesse leggi, la stessa mentalità  a qualunque cosa, anche la più ragionevole e razionale. Senza dibattito non c’è verità e soprattutto si perde la tensione per la verità: persino gli eventi che sono evidenti e provati, man mano si trasformano in articoli di fede, in grani di rosario da recitare ipnoticamente e perdono del tutto la loro efficacia.

Così alcuni giorni fa il parlamentino europeo, che comincia a rassomigliare in maniera inquietante agli Stati generali della Francia pre rivoluzionaria dove il terzo stato, ovvero la stragrande maggioranza dei cittadini, è presente, ma non ha voce mentre le ali che contano sono il notabilato dei lobbisti e il clero ordoliberista, ha votato una risoluzione per equiparare nazismo e comunismo ( vedi qui) che di fatto costituisce la precondizione per mettere al bando ogni idea di socialismo, cominciando con la richiesta di cancellare qualsiasi vestigia rimasta dell’era sovietica. Tuttavia un sacco di gente ha scioccamente festeggiato la originaria censura verso il negazionismo non comprendendo che si trattava di uno zuccherino per far inghiottire successivamente la pillola amara che trasforma anche loro in prossimi reietti reietti. Nello stesso modo una vasta folla di inconsapevoli ha festeggiato e approvato quando i cosiddetti social media hanno cominciato a cancellare gli account dell’estrema destra, non capendo che questa prima mossa apriva un’ampio territorio di censura che adesso comincia a far strage dell’informazione alternativa. Come è per esempio accaduto recentemente per i siti di Hong Kong che svelavano una realtà tutt’affatto diversa da quella che viene propagandata dall’informazione di sistema: Facebook ha pensato bene di sospendere la pagina di Dot Dot News e tutti gli account che riportavano sistematicamente i fatti che disgraziatamente hanno il cattivo vezzo di non accordarsi con la narrazione stabilita, in maniera da permettere alla stampa occidentale di diffondere senza problemi di credibilità e senza contraddittorio il suo verbo.

Ciò che si delinea con chiarezza è il tipo di censura che contraddistingue il mondo occidentale rispetto ad altre aree  o altre situazioni storiche e che funziona per ablazione piuttosto che per punizione o per editti: ciò che non deve essere detto viene semplicemente marginalizzato e messo a tacere grazie al rumore di fondo che non fa giungere il messaggio o che lo rende così episodico rispetto al resto da avere una scarsa efficacia. Tuttavia in alcuni casi come questo della messa al bando del comunismo o di Hong Kong o del Venezuela o della Siria e di tante altre situazioni, la censura passiva si rivela insufficiente e bisogna ricorrere alle grida manzoniane di parlamenti proprietari o alla cancellazione operata da strutture private, come sono di fatto i social che non impegna direttamente le istituzioni, ma consente la stessa efficacia. Insomma una deriva autoritaria strisciante che usa mille travestimenti, compreso quello davvero ridicolo della fake news o quello intellettualmente disonesto di far passare per complottismo qualsiasi tesi avversa e che in sostanza usa manette e bavagli come se fossero gli strumenti di un bondage politico e sociale che ha tutta l’apparenza di essere consenziente. Tuttavia  in qualche occasione è ormai costretta ad uscire allo scoperto e a rivelarsi per ciò che è:  il caso Assange mostra con evidenza totale questa mutazione, ma tanti altri a cominciare dai tentativi giudiziari contro Melenchon e France Insoumise, denunciano la tendenza della censura politica e ideale a divenire sistema.