img800-conte-von-der-leyen--insieme-per-un-europa-pi-verde-146792Mattarella non ha perso tempo ed è subito corso dal suo signore feudale di cui è il kaghemusha, ovvero  Giorgio Napolitano a chiedere istruzioni per il governicchio pre Draghi: tutta la manovra destinata a distruggere i nemici dell’oligarchia europea si basa appunto su questo, sull’evitare le elezioni in autunno pur essendo venuta meno l’unica maggioranza che in qualche modo era uscita dalle elezioni dello scorso anno. In quasi tutti i Paesi del mondo si vota in autunno, ma da noi sembra esserci un tabù meteorologico, giustificato con la necessità di fare a tempo la legge di bilancio, cosa che però altrove non pare costituire una difficoltà. Del resto in questo caso l’unico beneficiario sarebbe Salvini che ha scelleratamente aperto la crisi non capendo come se lo stavano cucinando e dunque nessuno ha interesse a chiedere il responso delle urne. D’altro canto il voto dei Cinque Stelle a Ursula von der Leyen come commissario europeo faceva ben sperare in un’entrata del movimento o meglio della sua compagine parlamentare nel campo delle forze del sistema e dunque disponibile anche all’inimmaginabile, ovvero a un’alleanza col Pd che ha già presentato un programma di europeismo integrale e dunque intrinsecamente contrario a tutto ciò che hanno proposto e in piccola parte fatto i pentastellati.

I cinque punti di Zingaretti sono il prodotto di un temino delle elementari affatturato dal segretario con tutti gli inutili clichè  da scolaretti, tipo “sviluppo basato sulla sulla sostenibilità ambientale” che è un ossimoro e di un unico punto che conta – più Europa e meno sovranità con tutte le conseguenze di bilancio che possiamo immaginare, compresa quota 100 – dettato da Napolitano che agisce dietro le quinte ed è insieme a Prodi, l’uomo delle privatizzazioni, nonché autorevole suggeritore, uno dei maggiori responsabili della condizione del Paese. D’altro canto Zingaretti non conta un accidenti, è semplicemente Renzi + gatti, ovvero quattro gatti: è davvero penoso vedere come Grillo e i suoi cerchino di alludere a un Pd mondato dal renzismo, malattia dalla quale è affetta invece la quasi totalità della rappresentanza parlamentare del partito, giusto per far digerire alla base il ribaltamento completo  delle posizioni. D’altronde andare alle urne dopo la batosta elettorale europea se la sentono in pochi, meglio vivacchiare oggi che conservarsi una speranza per il domani. E questo non è un dato da poco perché è ovvio che in questa prospettiva i cinque Stelle non saranno in grado di contrattare efficacemente nonostante abbiano la più ampia rappresentanza parlamentare e tenteranno di salvare la faccia costringendo i nuovi alleati a accettare il dimezzamento dei parlamentari, un puro ballon d’essai, che non passerà mai essendo necessario un cambiamento costituzionale ed è oltretutto inutile al risparmio: sarebbe molto più sensato chiedere un dimezzamento delle indennità secondo la media europea che si potrebbe fare in mezz’ora, volendo. Ma di certo non si può porre come una condizione una cosa che si può fare subito, meglio metterne una che è quasi un grenz begriff, un concetto limite cui si arriverà il giorno del mai, anche perché la metà dei parlamentari dovrebbe auto licenziarsi.

C’è da chiedersi come si sia arrivati  alla miseranda fine di un governo che aveva emarginato almeno in parte i vecchi poteri e di un movimento che proclamava di voler cambiare tutto. Delle segrete cose non so, ma uno degli elementi che ha contribuito alla situazione attuale è stato il trattamento di reductio da hitlerum fatta con Salvini dall’informazione mainstream. Questa espressione, coniata già negli anni ‘ 50 da Leo Strauss significa paragonare concorrenti e nemici al dittatore tedesco come simbolo del male assoluto, trascendendo qualsiasi reale argomento di discussione o le circostanze specifiche o semplicemente il buon senso per delegittimare l’avversario in maniera universale e totale. E’ stata usata costantemente in tutta la seconda metà del xx° secolo e solo per tempi più vicini a noi abbiano l’Hitler Saddam, l’Hitler Milosevic, l’Hitler Gheddafi, l’Hitler Assad, l’Hitler Maduro e l’Hitler Putin: con Salvini si è scelta una via più domestica, ma non meno efficace ovvero quella reductio ad fascismum, benché in realtà non abbia fatto molto più di Minniti riguardo all’ordine pubblico e non abbia fatto affondare di proposito delle navi di migranti come avvenne sotto il governo Prodi, ma abbia malauguratamente fatto anche la imperdonabile figura di disertore della Nato. Non che Salvini sia un libertario o che non sia un liberista, ma insomma era un ministro in un governo dove aveva la minoranza delle azioni: tuttavia ogni suo gesto e ogni sua parola è stata enfatizzata oltre ogni misura proprio per avere l’effetto di diventare unica espressione di governo. Di un governo che in gran parte chiedeva solo di poter fare ciò che oggi vuole fare la stessa Germania per se stessa  (qui) , ma nega agli altri. Alla fine il socio principale e anche le sue buone cose sono state oscurate in favore del burbanzoso bauscia proprio per propiziare la crisi.

Una persona di buon senso si domanderebbe perché di fronte a un golpista, fascista, traditore dell’atlantismo, irresponsabile, autoritario e asino come è stato sostanzialmente definito dall’ex premier , sia stato tollerato da Conte per oltre un anno, perché lo abbiano tollerato e anzi salvato i Cinque Stelle senza chiedere un confronto politico, anzi mi domando perché lo abbiano accettato come ministro dell’Interno. Ma tutto questo nasce dal fatto che il ceto politico è ormai ridotto a mera esecuzione: nel momento in cui i bilanci e di fatto anche le destinazioni dei fondi sono determinati da Bruxelles che senso può avere la politica? L’unica vera posizione, è quella di liberarsi da questa cattività che richiede disuguaglianza come pane quotidiano: una volta che si è rinunciato a questa lotta tutto il resto è pura commedia anche se sta assumendo le sembianze di una farsa nel dubbio amletico tra elezioni e governicchio che attanaglia tutti . Ma sarà, vedrete, governicchio, con premier Ursula Napolitano.