forza-centrifuga-13492426Alle volte la richiesta di maggiore autonomia rispetto a un potere centrale esprime esattamente il suo contrario, ossia la riduzione di autonomia, rispetto a qualche altro potere. E’ quello che accade oggi in Italia e che fa parte, mutatis mutandis  di  una storia secolare che ha sempre avvilito lo Stivale: la richiesta di tre regioni, il Lombardo Veneto e l’Emilia -Romagna di avere uno status speciale chiamato autonomia differenziata  per potere trattenere il cosiddetto residuo fiscale, rinunciando a qualunque forma di solidarietà nazionale nell’illusione di essere più concorrenziali (o magari più concretamente di consentire ai padroncini di fare più profitti da “delocalizzare” nella finanza) corrisponde in realtà a una totale perdita di autonomia rispetto al sistema centro europeo, diciamo pure tedesco, a cui queste economie regionali si subordinano con il miraggio di esserne in qualche modo sussunte.

C’è chi ha fatto notare che questa storia  del residuo fiscale – inventato negli anni ’50 proprio per permettere di misurare economicamente, ma anche eticamente, i trasferimenti di risorse dagli stati più ricchi a quelli meno ricchi degli Usa – ha un’incredibile aspetto di sottomissione: la maggiore concorrenzialità, raggiunta esclusivamente con ulteriori tagli di tasse alle aziende per poter fare i prezzi pretesi dal sistema economico tedesco, verrebbero in pratica pagati da tutti gli italiani i quali si troverebbero a finanziare così l’industria di oltralpe. E’ poi tutto da vedere se ci sarà un futuro prossimo in questo divenire appendice di un unico sistema produttivo che già è in affanno, lasciando che sia esso a determinare il prodotto: in un mondo globalizzato mi sembra il miglior sistema per imboccare un vicolo cieco, invece di una strada aperta perché se c’è un futuro industriale per l’Italia è quello di essere la fabbrica del mediterraneo e delle aree ad esse afferenti come i Balcani. Ad ogni modo non si può pensare a vendere per interposta Germania, perché è ovvio che da noi arriverà solo una frazione del plus valore che si avrebbe con esportazioni dirette, anche se numericamente più ridotte e limiterebbe di molto la capacità innovativa del manifatturiero. Questo senza dire che proprio i mutamenti dei commerci mondiali che si sono spostati dall’atlantico al pacifico e hanno invertito la polarità est ovest ci pone a rischio di essere ben presto bypassati come produttori.

Ci si potrebbe anche aggiungere che in mezzo a questa disgregazione abbiamo anche la beffa della Tav che mette in una marea di soldi su direttrici totalmente diverse da quelle che sembrano interessare il cosiddetto Nord . Ma in realtà sono trent’anni e passa che un ceto dirigente – economico e politico –  ha cercato disperatamente l’uovo oggi senza nemmeno sospettare l’esistenza della gallina e ha via via iniziato un processo di deindustrializzazione che adesso porta a queste forme di servaggio presentate sotto forma di autonomia: alla fine dei conti anche l’euro e l’Europa non sono stati altro che la prospettiva  di finire sotto tutela del più forte, ammantando il tutto sotto narrazioni para economiche o para democratiche e rifuggendo come la peste qualsiasi sovranità. La stessa l’unità del Paese ha resistito sino ad ora perché in realtà  le situazioni sono molto variegate. Il Nord per esempio ha quattro regioni il cui indebitamento pubblico sul pil è di molto inferiore a quello nazionale ( nell’ordine Lombardia, Emilia – Romagna, Veneto e Piemonte), ma di contro ha altre quattro regioni Trentino – Alto Adige, Friuli, Liguria Valle d’Aosta che hanno invece indebitamenti superiori o molto superiori, mentre nell’elenco dei virtuosi, con numeri più positivi di quello del Piemonte ci sono Toscana e Marche, mentre il Lazio è sul filo di lana. Ancora diversi sono i risultati se dall’indebitamento pubblico si sottrae la percentuale di investimento estero  su titoli, perché in questo caso ad essere in attivo rispetto alle media nazionale sono il Lazio, seguito dal Friuli, da Lombardia e Piemonte e tutti gli altri sono in purgatorio. A questo bisogna aggiungere che molte aree in regioni virtuose sono al di sopra della media regionale di indebitamento e altre aree invece in regioni “viziose” sono al di sotto della media di indebitamento. A sorpresa per esempio Napoli ha il terzo Pil del Paese e con 61, 8 miliardi dollari supera interi Paesi come la Slovenia.

Sorprendentemente l’unità resiste proprio a causa di questa complessità, ma è ovvio che quando ci si riduce ai prodotti complementari per qualche altro sistema produttivo, le cose cambiano aspetto e le forze centrifughe  diventano quelle centrali, anche se tutto questo non finirò in migliori strutture e servizi, ma in poche tasche. Ma le illusioni, anche quelle  sono sempre le ultime a morire.