125116545-9cad26f4-d355-4750-af4c-a5dfc7f0277fA giugno di quest’anno la Audi, sapete quella che è all’avanguardia della tecnica, ha presentato la sua SQ8 una specie di inutile “suv coupé” (pensate cosa si inventano),  un ircocervo automobilistico realizzato sulla base della Lamborghini Urus, ma con un diesel da 4000 centimetri cubici e un peso di quasi tre tonnellate. Insomma un camion, ma senza un  volume interno particolarmente ampio, dotato però di  un sistema semi ibrido che in condizioni favorevoli potrebbe anche far risparmiare mezzo litro di gasolio per 100 chilometri, secondo quanto dice la Casa, dunque fate tranquillamente la metà. Inutile dire che per risparmiare davvero senza inondarci di particolato, sarebbe molto più utile dimezzare la cilindrata che fornisce una cavalleria del tutto inutile nel traffico reale  –  se si cerca un’auto e non un prolungamento genitale – togliere una tonnellata di peso superfluo e magari realizzare un ibrido vero, cosa che però richiede tecnologie che evidentemente non sono ancora state digerite.  Nello stesso mese in Cina è cominciata la commercializzazione della Ora R1 una tutto elettrico più o meno delle dimensioni della Twingo, con una potenza di 50 kw, un’autonomia reale e non solo nominale di 250 chilometri, più che sufficiente per percorsi cittadini in Asia e Nord America e un costo di  7500 euro che probabilmente in Europa, sempre che la lascino importare,  arriverà ai 12 mila euro o poco più nelle versioni più accessoriate. E’ il primo di una serie di modelli in cantiere, ma già nel primo mese la R1  è diventata la tutto elettrico più venduta al mondo. Tuttavia è in arrivo anche la Polestar 2, un’ altra tutta elettrico con 408 Cv e 660 Nm di coppia che sarà marchiato Volvo, azienda di proprietà cinese come del resto Lotus, Smart, Saab ( parte camion) oltre ad importanti quote in Mercedes e Peugeot – Citroen.

Insomma l’industria tedesca  sembra in affanno, a corto di idee, seduta sugli allori del mostruoso avanzo commerciale, ridotta a proporre cose senza senso, auto Sturm und Drang che giocano sulla potenza per impotenza e mostrano i segni della carenza di investimenti che hanno creato un gap rispetto a cinesi, giapponesi e coreani sull’elettrificazione. E non solo: gravi ritardi ci sono anche nei settori  delle infrastrutture informatiche e nella digitalizzazione. Cofattori di questa situazione sono la politica di ristagno salariale adottata da vent’anni a questa parte e la crescita esponenziale della precarietà che hanno castrato il mercato interno e l’imposizione di medesime politiche fallimentari a tutto il continente con il risultato, complice il braccio armato dell’euro, di distruggere il potere di acquisto degli europei, mentre i salari cinesi si sono quadruplicati in dieci anni. Ecco perché non stupisce che nei primi sei mesi di quest’anno la produzione industriale tedesca sia crollata dal 5,2%  ( ma segni di affanno erano ben visibili fin dal 2018) portando il Paese sull’orlo della recessione.

Adesso d’improvviso hanno visto il baratro che essi stessi hanno creato e annunciano di voler tornare agli investimenti pubblici di fatto vietati dall’idiozia di  Bruxelles, ma lo faranno dentro quella bolla di ipocrisia che  ha contraddistinto tutta la costruzione europea da Maastricht in poi: sull’onda di Greta, che adesso sappiamo quale ruolo ha svolto, si dice di voler tornare ad investire nell’ambiente, che è uno dei tanti modi per aiutare le aziende in difficoltà e sostenere i livelli occupazionali che tendono a cedere, senza dover infrangere formalmente le leggi dell’ortodossia ordoliberista imposte a tutto il continente. Si tratta tuttavia di provvedimenti tardivi e sufficienti ad evitare  la recessione solo da un punto di vista tecnico, perché se non si inverte la rotta di 180 gradi, tutta l’Europa sarà trascinata verso un ulteriore impoverimento a cominciare proprio da noi che esportiamo principalmente verso la Germania. E’ davvero paradossale che l’ossessione della crescita in nome della quale si è distrutto lo stato sociale e si è umiliato il lavoro, ha prodotto la minor crescita fra tutte le aree del mondo, ma le classi dirigenti continentali cercano di nascondere questa verità, attribuendo i cedimenti e i disastri  a fattori del tutto marginali e comunque sempre dentro il contesto del mercatismo: non cercano nemmeno di interrogarsi sul perché stiano cedendo terreno in modo drammatico nei confronti di società di diversa ispirazione. Si può  sbagliare, ma perseverare è il vero lato diabolico del neoliberismo.