MuAnna Lombroso per il Simplicissimus

Macché Va pensiero! e nemmeno Azzurro, il vero inno nazionale dovrebbe essere “ Chi ha avutoha avutoha avuto, chi ha datoha datoha dato, scurdámmoce ‘o ppassato” che va bene a Napoli, ma pure a Roma, Trento e Arcore. Tanto si è detto dell’Italia come nazione mite, forse per non ammettere che salvo qualche impeto sorprendente di riscatto, pare essere una nazione nella quale si pratica un oblio che favorisce la dismissione di responsabilità, autodeterminazione, accidia.

E se avevate pensato che fosse occasionale e immotivato il recupero da parte di opinionisti, pensatori, si fa per dire, commentatori della figura di statista di Berlusconi, estratta dalla naftalina probabilmente volontaria in meditata contrapposizione con il ceto politico governativo, che non ha il suo curriculum di dinamico peracottaro, di aspirante golpista sudamericano; di pervicace sfruttatore a ampio spettro e h24: aiuti di stato, creativi, ragazzotte ambiziose,  “intellettuali” in cerca di protezione, attori in cerca di scritture, fascisti in cerca di un doppiopetto emancipatore e molto altro; di festoso barzellettiere e animatore anche in forza a ospizi edificanti; di audace manipolatore di leggi piegate al suo servizio; ecco se avevate pensato che fosse fortuito, vi sbagliavate.

Ci speravano, lo sentivano e infatti è tornato, o meglio non è mai andato via, semmai come si addice a certe sue inclinazioni è stato in “sonno” e nell’inizio sonnolento di agosto ha rivelato il suo progetto politico: la sua  “altra Italia”, cioè, una federazione di centro di cui il partito azzurro «è parte costituente essenziale» ma senza «alcun ruolo egemonico».   «Non si tratta di fondare un nuovo partito – ci ha tranquillizzati – ma di creare una federazione fra i soggetti che pensano a un nuovo centro moderato ma innovativo, alternativo alla sinistra, in prospettiva alleato ma non subordinato alle altre forze del centro-destra»

Una organizzazione ideale che dimostrerà la sua indipendenza dalle tre anime oggi al governo, «quella di destra della Lega, quella della sinistra pauperista e giustizialista dei Cinque Stelle e quella tecnocratica del premier Conte». Non inaspettatamente il suo giudizio è meno tranchant riferendosi al Pd, cui ha abbonato perfino la nomea di forza di sinistra attribuita ai 5Stelle, dimostrando di considerarlo un soggetto trascurabile e indegno di interesse.

I pochi osservatori che ci hanno informati del suo proposito calcolano che  l’obiettivo, confortato dai sondaggi, sarebbe quello di creare una forza che potrebbe valere tra il 3 e il 7%, alla «sinistra» della Lega, ” con la quale” dicono, ” Matteo Salvini non potrebbe mai allearsi”.  Ma come? che differenza vedono in questa aggregazione con la coalizione che per 20 anni ha occupato istituzioni, parlamento, informazione, stato sociale diventato societario, mondo di impresa, intrattenimento? Forse il feroce Salvini pensa di essere incompatibile con il paterno nonno degli italiani o forse il pacioso cavaliere non ci sta a dimostrare empatia e affinità di pensiero con quell’assatanato di spietatezza con il quale ha diviso un’ideologia e una pratica intesa al rifiuto, all’emarginazione e alla condanna di chi non ha, colpevole di non nutrire ambizioni ribalde, avidità insaziabili, festoso istinto alla trasgressione pubblica e privata?

Eh si sono stati cauti gli opinionisti, che non si pensi che sono già abbacinati dalla luce che emana la radiosa visione della tanto attesa nuova Dc, che ai lettori non passi per la testa di ricordare il passato, che gli italiani non si sveglino dal letargo alimentato dalla ninnananna umanitaria che li fa sentire a posto con la coscienza che non rammenta la Bossi Fini e la proterva lotta condotta contro il terzo mondo esterno e interno durante il secondo ventennio. che a qualche enigmista dello spread non venga l’uzzolo di fare due conti per farci sapere che se l’Europa e i suoi padroni hanno fatto sì che i governi nazionali da trent’anni siano stati costretti a cedere la  “sovranità di politica economica” rendendoli impotenti a gestire risorse e entrate fiscali,  l’audace tycoon perseguiva e è improbabile che vi abbia rinunciato, il disegno analogo di fare sua la roba  di tutti per amministrarla come le sue aziende in forma di padrone assoluto.

Gran parte del lavoro preparatorio di questa grossa colazione, che si accredita con dolce violenza, dando a intendere che rappresenti l’unica alternativa percorribile, è stato fatto: l’evaporazione dei 5Stelle, voluta da tutti gli attori in campo e favorita dalle stesse vittime in un dissipato cupio dissolvi, la remissione di ogni tentativo di contrastare la strapotenza padronale, incarnata da alcuni simboli irrinunciabile, Tav, Ilva, Alitalia, Autostrade, grandi opere e grandi eventi, la cancellazione di qualsiasi forma di critica e opposizione, ridotte a sberleffi tra consorterie affini, l’affermazione di un rapporto con l’Ue che combina il mostrare i denti mentre si china la testa, l’annessione dei sindacato alle politiche di cancellazione dei diritti e delle conquiste del lavoro, l’ostentata volontà di convertire beni comuni, territorio, paesaggio e patrimonio culturale in merce da sfruttare scambiare, cedere a basso prezzo.

In pochi mesi due partiti sono stati “resettati” il Pd e i 5Stelle, figure di spicco sono state consumate, il loro consenso è stato divorato dalla loro incapacità ma, nel secondo caso, più che altro dall’impotenza a governare senza fondi, dovendo fare il gioco delle tre carte per finanziare al minimo le scommesse elettorali, costretti a una trattativa perdente con la fortezza europea e con i feudatari e i vassalli nazionali. Invece come una maledetta araba fenice, sospetta di essere immortale, torna la Dc, più rozza, più spericolata, più grossolana per via dei suoi interpreti. E gli italiani stanno a guardarla come si guardano le repliche estive delle soap di Mediaset.