fragolapesce-2rirt48dhd9lf7rgkehxo67h0egwphtyp83hie9elzse7ndvwIeri sera mentre facevo lo slalom per evitare la pubblicità sono capitato sull’ennesima trasmissione fighetta di finta cucina e sono sobbalzato quando ho sentito un ristoratore che se la tirava ” con amore” proporre la guancia di baccalà senza che nessuno, né il conduttore, finto chef da televisione,  o i suoi colleghi avessero qualcosa da ridire. Ho immediatamente cambiato peggio che fosse uno spot degli artigiani della qualità, perché la guancia di baccalà semplicemente non esiste è una sorta di entità metafisica simile al pesce fragola di cattiva memoria. E dato che questo prodotto, viene usato da secoli in Italia pensavo ingenuamente che tutti sapessero che interiora e testa vengono asportate prima di essiccare (in questo caso si chiama stoccafisso ) o mettere sotto salatura il merluzzo. Invece no, nemmeno quelli che dovrebbero essere esperti o almeno fingere di esserlo in maniera credibile, lo sanno.

In realtà esiste solo la guancia di merluzzo una parte dell’animale riscoperto grazie alla cucina cinese che fa ampio uso delle guance dei pesci, cosa peraltro apprezzata anche nella cucina italiana di un tempo nella quale il pesce veniva sempre cucinato intero proprio per conservare tutti i succhi e permettere di gustare le parti più sfiziose. Per la cronaca non esiste nemmeno la lingua di baccalà (per le medesime ragioni) e nemmeno la lingua di merluzzo, altro bocconcino oggi in auge, visto che si tratta dei muscoli adduttori della mandibola. Ma qui la fondamentale ignoranza delle cose si fonde  con il marketing che consiglia di usare le espressioni più attirevoli: proporre a prezzi stratosferici parti della testa di un pesce potrebbe essere pericoloso visto che si riferisce a parti di scarto per la cosiddetta alta cucina, ma anche per quella da cibo industriale, mentre introducendo un elemento  familiare, ma in fondo misterioso come il baccalà e accoppiandolo con qualcosa di inedito si ottiene una risposta molto più favorevole. In fondo tutti si piccano di essere gourmet, visto che è diventato un dovere sociale: tradizione e innovazione che tuttavia non si rivelano né l’una né l’altra, ma solo acchiappa citrullismo.

Adesso non mi spingo a recitare ricette, ma solo ad ampliare il discorso perché in termini metaforici la lingua del baccalà, sempre più spesso coincidente con l’inglese standard, è divenuta quella ufficiale del pensiero unico: essa è completamente concentrata sulla sulla connotazione, ovvero sulle sfumature affettive ed emotive di un lemma, mentre e totalmente estranea alla denotazione, cioè al contenuto informativo reale di una parola. Anzi molti sforzi vengono profusi proprio per evitare e scansare le informazioni o filtrarle in modo che quando esse giungono  il lettore o spettatore o internetnauta ha già  abbozzato una sorta di pre giudizio.  In questi giorni ad esempio sono stato impegnato nelle scelta di un’auto, ma contrario di quanto accadeva un tempo per arrivare dai dati concreti, ossia quelli tecnici – più o meno credibili-  bisogna passare per le forche caudine di incredibili quanto ripetitive e noiose prove letterarie a suon di emozioni, raffinatezze imperdibili, connubi uomo macchina ed entusiasmanti adrenaliche esprienze, anzi quasi sempre per attingere ai dati reali occorre passare attraverso la configurazione di un modello perché alla fine ci si giunga già rimbambolati dalle chiacchiere. Tutto questo viene viene facilitato dal valore magico di parole e sigle che in realtà non significano nulla, tipo Suv o crossover cui non corrisponde alcun significato preciso, ma solo una connotazione positiva appositamente creata dal linguaggio pubblicitario. Insomma sono tutte lingue di baccalà che ovviamente si estendono a tutti i campi, politica compresa dove ormai sino stati scardinati tutti i significati originari. E naturalmente chi parla con entusiasmo questa lingua in tutti i suoi meandri  è innegabilmente un baccalà