Ma più che le cifre in se stesse è interessante guardare come ci si è arrivati. Per la Germania lo sappiamo bene visto che siamo le vittime dirette della situazione, sia come bravi alunni dell’ordoliberismo sia come condannati all”euro: blocco salariale, erosione eccezionale del welfare e diffusione dilagante del lavoro precario sotto forma dei famigerati mini job che ormai raggiungono i cinque milioni. La competitività esterna insomma è aumentata a danno dei concorrenti europei mentre il mercato interno ha subito una contrazione. Per gli Usa la sostituzione di lavoro buono e in qualche modo tutelato con quello a basso costo ed effimero, ha significato un aumento stratosferico dei debiti in ogni campo da quello dei mutui casa, a quello dei prestiti studenteschi o per l’acquisto di auto, dalla voragine delle carte di credito, a quello del risparmio sceso al 4 per cento del Pil contro il 50,1 per cento della Cina. E le insolvenze sui contratti raggiungono l’11 per cento del totale. In pratica non c’è stato alcun superamento della crisi e tutto quello ciò che è cambiato è che oggi i debiti tendono a minacciare il tenore di vita dei cittadini e solo in forma minore lo stato patrimoniale delle banche.
Veniamo invece alla Cina la cui situazione attuale è data principalmente dal fortissimo aumento dei salari che negli ultimi anni sono più che quadruplicati. Certo il Paese è immenso e naturalmente ci sono situazioni differenziate, ma nelle grandi regioni industriali, i salari medi vanno dagli oltre 1100 dollari al mese, ai 950 che, anche senza tenere conto del costo della vita di gran lunga inferiore a quello europeo, sono superiori a quelli di tutti i Paesi in via di sviluppo e in molti casi superiori a quelli europei o americani. Questo significa che i cinesi possono comprare di più e dunque acquistare anche prodotti stranieri, riuscendo nel contempo a triplicare la propria capacità di risparmio. Insomma oggi la storia della Cina è completamente differente dall’immagine stereotipata che rimane incollata alla mente delle persone e non consente perciò una valutazione corretta delle cose. Questo dimostra che si può essere estremamente competitivi con salari in aumento e lavori stabili, al contrario di quanto si va predicando da trent’anni, purché non tutto sia abbandonato al cosiddetto mercato e ci sia un minimo di programmazione , volontà politica e sovranità economica. Per giunta mentre le aziende occidentali, in particolare quelle americane hanno fatto debiti /anche se a costi bassissimi) per ricomprare le loro stesse azioni alimentando un boom borsistico artificiale e del tutto estraneo all’economia reale, quelle cinesi hanno investito in innovazione sia di processo che di prodotto, generando così reddito vero non solo per pochi azionisti.
Ciò a cui assistiamo non è soltanto l’ascesa straordinaria della Cina, ma soprattutto, il declino occidentale determinato dalla fase acuta del capitalismo rimasto senza contraltare e preda del pensiero unico, che alla fine si sta rivelando un vicolo cieco. Le sole opzioni sono riuscire a tornare indietro o andare a sbattere perché le sceneggiate di Hong Kong o le piratesche operazioni tipo Huawei lasciano il tempo che trovano.