TesseraQualche giorno fa per procedere a un acquisto rateale, con mia grande sorpresa. mi è stata perentoriamente chiesta la tessera sanitaria al fine di controllare il codice fiscale benché avessi con me il tesserino col famoso codice che del resto si può  facilmente controllare avendo i dati anagrafici. La cosa mi è sembrata abbastanza curiosa visto che il “finanziamento” in erogazione ne andava semplicemente a sostituire un altro aperto due anni fa presso il medesimo istituto (e senza richiesta di tessera) per la chiusura di un contratto e la contemporanea apertura di un altro, presso la medesima concessionaria e caricato sulla stessa banca e sullo stesso conto. Detto così potrebbe sembrare una questione intricata, ma si tratta solo di sostituire un’auto con una nuova più avanzata ed efficiente dal punto di vista energetico, ma anche più comoda perché da una parte non sono stato ancora colto da quell’alzheimer dolce del misoneismo senile e mi piace provare le novità, dall’altra perché gli acciacchi si fanno sentire e non sono più i tempi nei quali col cinquino di venerata memoria sono arrivato ai confini dell’Afganistan quando ancora non c’era ancora Komeini a Teheran e a Kabul sventolava ancora  la falce e il martello prima che gli Usa si incaricassero di sostituirla con il tasbee. Per la verità mi pare ancora più stupefacente che su quell’auto abbia avuto incontri carnali che oggi si concluderebbero al pronto soccorso, ma insomma giusto per entrare in tema.

Lì per lì ho pensato che la richiesta della tessera sanitaria fosse una di quelle cretinerie da computer da cui è afflitto il mondo contemporaneo con la sua cieca burocrazia globalizzata al silicio, poi mi è venuto il dubbio che attraverso il numero di tessera sanitaria volessero controllare che avessi almeno altri due anni di vita. Ma poi quando ho cercato la maledetta tessera che non si trovava, ho scoperto che per richiedere una copia non si deve più andate all’Asl, ma bisogna rivolgersi all’Agenzia delle entrate il che mi è suonata come una triste conferma che la salute non è più una questione medica che ha a che vedere con i diritti e la cittadinanza, ma qualcosa che ha come alfa ed omega il lato finanziario. Infatti ho dovuto incaricare della richiesta il commercialista, visto che sono necessari dati fiscali che non ho sottomano e non il medico di base o qualsiasi altro presidio sanitario.  Non ci vuole molto a capire che non si tratta di semplice organizzazione, anche ammettendo che questa non rifletta una mentalità e un’ideologia, ma di un vero cambiamento di paradigma che non parte più dalla centralità della cura e/o  prevenzione, ma da quella della spesa, specie dopo gli accorati appelli eutanasici della Lagarde.

Non ci vuole molto a capire che, via via, protocolli di cura, ricoveri, farmaci, visite, saranno riorientati dalla migliore cura possibile per il paziente alle migliori “cure” possibili per il sistema sanitario nel suo complesso secondo un crinale statistico per passa per i maggiori profitti e le minori spese in regime sostanzialmente privatistico, anche se ancora  formalmente pubblico.  Una volta stabilito che la salute è un lusso che non ci si può permettere come società o che comunque il risparmio e il controllo del medesimo è il criterio base che informa tutto il resto invece di essere il contrario entriamo nel tunnel in cui la qualità delle cure dipende direttamente dal reddito di cui si dispone. In apparenza si parla di razionalizzazioni, maggiori controlli sui ticket e sulle prestazioni, storia clinica e via dicendo, tutte cose ovviamente necessarie, ma in realtà si punta a definire  un nuovo contesto: se così non fosse non sarebbe l’Agenzia delle entrate imponendo un documento per così dire “universale” ad occuparsi della questione, ma direttamente le autorità sanitarie. Evidentemente ci si prepara a scenari nei quali, similmente alla Grecia, le risorse destinate alla sanità saranno drasticamente diminuite, visto che già nel 2018 sono arrivare al 6,4% del pil, mentre il livello dei ticket ha raggiunto il 25% delle spese totali, una cifra molto superiore a quella della Francia e della Germania, anzi superiore del 60% per cento. Da notare che la filiera sanitaria produce da sola oltre l’ 11% del pil che viene evidentemente utilizzato per altri scopi.

E tutto questo movimento verso il disastro sociale sta dentro una piccola, insignificante tessera con chip: miracoli della tecnologia.