Se si vanno a prendere le statistiche economiche storiche, vale a dire quelle già da tempo corrette non servendo più alla propaganda mediatica, ci si accorge che il massimo fulgore dell’economia liberista lo si è avuto nel 1989, ossia l’anno in cui è caduto il muro di Berlino ed è stata coniata l’espressione Washington consensus per indicare il nuovo spirito con cui Il Fondo monetario e la Banca mondiale cominciavano a imporre misure politiche e sociali in cambio dei loro interventi. Semplicemente la scomparsa definitiva del contraltare sovietico aveva cancellato ogni remora nel combattere le conquiste del dopoguerra: poi, si sa, ci furono le crisi della lira e della sterlina, la crisi asiatica, quella delle dot com, l’introduzione dell’euro come moneta simbolo del neoliberismo europeo e infine la voragine dei subprime che ha dato avvio a una stagnazione senza fine.
Invano la Federal reserve e la Bce che tra l’altro deve salvare l’euro e le oligarchie continentali dal naufragio hanno tentato di limitare al minimo i tassi di interesse per stimolare gli investimenti delle imprese e far ripartire l’economia: la caduta dei redditi ha creato sia una crisi di domanda aggregata che di debiti privati per cui tutti i soldi a costo quasi zero sono finiti nei paradisi fiscali, nei casinò finanziari e ancora di più sono serviti alle aziende e gruppi multinazionali, scettiche sulle possibilità di crescita reale, a ricomprare le proprie azioni e dare così avvio a un innaturale boom borsistico in presenza di un’economia stentata o addirittura in reflusso. Naturalmente questo pone sia un problema reale, sia un problema di consenso per suscitare una fede del tutto irrazionale in un superamento della crisi ed evitare così contraccolpi politici. Questi ultimi sono ciò che più preoccupano le elite di comando che non esistano a costruire narrazioni insensate sia dal punto di vista politico e geopolitico: nulla viene trascurato pur di conservare il controllo territoriale e commerciale sui beni reali e non nominali in un mondo che si fa facendo multipolare, dal reclutamento del terrorismo, alla vera e propria pirateria, come vediamo in questi giorni fino alle strategie per affamare le popolazioni che resistono. Ma il male è strutturale, è dentro il sistema non fuori, così ci si trova di fronte a contraddizioni pirandelliane. Per due decenni si è tentato di contenere le misure dell’inflazione in modo da evitare aggiustamenti del costo della vita, manomettendo l’indice dei prezzi al consumo: per ottenere questo effetto si sono cambiati i criteri con cui viene composto il “paniere”: si sostituiscono i prodotti con alternative di prezzo inferiore, magari basandosi su offerte occasionali, oppure si fa passare un aumento di costo come un miglioramento della qualità non considerandolo dunque come inflazione e qualcosa di simile si fa con l’indice dei prezzi alla produzione. Questa alterazione ha tuttavia influenza sul Pil reale per il cui calcolo si deve sottrarre l’inflazione: se quest’ultima viene sottostimata il prodotto interno lordo risulterà sovrastimato.
Potrebbe sembrare una situazione ideale dal punto di vista della comunicazione: bassa inflazione dunque pochi timori per la capacità di acquisto delle retribuzioni e Pil in ascesa: nei termini delle teorie economiche capitaliste è una contraddizioni, ma dal punto di vista della propaganda è l’ideale. Solo che in Europa dove l’inflazione è stata particolarmente sottostimata tutto questi si sconta con aumenti al di sotto del 2% dunque non più convenienti per i poteri finanziari e le loro gestioni privatistiche, mentre in Usa sta aumentando a dismisura il debito privato con le auto che vengono vendute a rate fino a sette anni e milioni di famiglie che vivono con le carte di credito pagando il premio mensile minimo. L’economista John Williams ha calcolato a partire dal 2008 una sottostima dell’inflazione di due punti l’anno che si traducono in due punti in più fasulli di pil: depurata dalle manipolazioni l’economia rimane molto al di sotto del livello nel 2008. Del resto il modo veramente incredibile con sui si calcola il tasso di occupazione rende i successi in questo campo una presa in giro.
Siamo insomma al Così è se vi pare o all’Enrico IV dove non si sa bene se assistiamo a un fenomeno di pazzia vera o di pazzia simulata che è altrettanto folle, l’occidente ha imboccato un vicolo cieco e la prospettiva che vediamo è solo un trompe l’oeil, un inganno ottico
Oh… Jorge è tonato alla ribalta… dedico alla sua passione ( o insana devianza ?) per il femminismo 2.0 il seguente link commenti annessi:
https://comedonchisciotte.org/forum-cdc#/discussion/101782/non-me-ne-vogliano-le-signorine-allascolto-ma-la-donna-uscirà-a-pezzi-da-questa-fase-storica…
La narrazione piu insensata di tutte è quella del simplicissimus che fa partre solo dal 1989 (crollo Urss) molti fenomeni neoliberisti, già cosa contestabile in generale. Ma egli arriva a far partire dallo stesso 1989 il RIACQUISTO DELLE PROPRIE AZIONI DA PARTE DELLE IMPRESE, scettiche sulle possibilità di crescita reale.
Ebbene, è un vero e proprio falso, tale riacquisto inizia con forza già nel 1975, poichè la crisi del capitalismo precede di circa 20 anni il crollo dell’Urss e non è dovuta a questo motivo politico, ma invece a motivi profondi e strutturali insiti nello stesso funzionamento del capitalismo,
Già dai primi anni 70 le imprese non investivano perchè ciò non portava profitti sufficienti (stagflazione), sicchè capirono che l’unica via di uscita sarebbe stata il riacquisto delle proprie azioni. Così già dal 1975 facevano partire il grande buy back delle proprie azioni, cioè la speculazione finanziaria, ritrovando l’agognato profitto (l’ipertrofia della finanza parte dalla crisi del capitalismo produttivo)
Far partire il riacquisto delle proprie azioni da parte delle imprese dopo il crollo dell’Urss (1989), serve a far credere che con un pò di vincoli politici il capitalismo ritornerebbe quello del benessere, invece il capitalismo dei golden years invece è morto precedentemente e per motivi economici intrinseci sicché non può piu tornare
Il simplicissimus propaga la visione della piccola borghesia travolta dalla crisi capitalistica (la visione di Di Maio-Salvini), egii vorrebbe tornare al capitalismo d’antan nel quale evidentemente si trovava molto bene, e fornisce dati inesatti per non ammettere che quella epoca è morta di forza propria e non tornerà più,
Serve una maggiore socializzazione dell’economia, superiore a quella avutasi col boom economico (finchè è durato), ma gente come il simplicissimus non è d’accordo perchè rimpiange ll gradino di status sociale perduto ed ha paura di una società trasformata in senso socialista, l’unica in cui si potrebbero risolvere i problemi
Il giro d’affari di Wall Street era stato costante attorno al 15% del Pil americano fino al 1975, dal 1975 fino al 1989 crebbe al 35% di tale Pil (altro che crollo Urss come causa). Arrivò poi al 150% del Pil Usa nel
1999 ( il picco ante crollo borse 2007-8 fu del 350% nel 2006), da ciò si evince un tasso annuo medio di crescita a Wall Street del 10.25% nel periodo 1975-2006
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“perchè rimpiange ll gradino di status sociale perduto ed ha paura di una società trasformata in senso socialista, l’unica in cui si potrebbero risolvere i problemi”
Con il femminismo 2.0 siamo sulla strada giusta per il socialismo 2.0, in stile pidiota o boldrino…
forza, ci avviciniamo al sol dell’avvenire ( a cominciare dalla Von der Leyen e dalla Lagarde fulgidi esempi di sensibilità femminile e femminista 2.0).
Grazie, questo blog davvero aiuta a capire quello che ci sta succedendo!