Coca colaLa Coca cola è stato forse il primo prodotto globale e dopo la seconda guerra mondiale è diventato anche il simbolo dell’egemonia imperiale, la promessa di uno stile di vita gassoso e dolciastro, di edonismo a buon mercato in cambio di atarassia politica. Ed è quindi ovvio che proprio dalla Coca cola e in contemporanea con i rinnovati riti apotropaici dell’oligarchia europeista, venga una campagna pubblicitaria che potremmo definire il manifesto del globalismo nella sua forma neo populista, ma anche più vera, l’inno al più vacuo cosmopolitismo. Nel presentare la bevanda come adatta ad ogni cucina del mondo, come sostanza universale (leggi americana) che lega ogni sapore la Coca cola non si ferma al cibo, ma esprime la filosofia di fondo dei nostri tempi: “quando il mondo segue solo la testa si divide” mentre ” quando ascoltiamo la pancia ci avviciniamo”

Sapete la cosa sembra uscita da un film di Cronenberg o da certa fantascienza che immagina gli uomini titanizzati da altre creature e felici di non dover più pensare e scegliere , ma sono pacificati per sempre da un solo volere: quelle tesi erano una specie di infantile e deformata visione del comunismo, ma ora, venuto meno il nemico, scomparso l’alieno ostile, certi cliché ritornano per definire paradossalmente  il cosmopolitismo neo liberista: pensare divide ed è quindi un male, la pancia invece unisce. Ora qualsiasi persona con un minimo di sale in zucca dovrebbe ritenere offensivo un tale spot, ma evidentemente non è così perché non solo è passato completamente liscio, ma è stato costruito apposta per ottenere consenso consumistico. Da tempo le ragioni della pancia hanno preso quelle cuore che per necessità economica si sono dovute restringere per avere un loro spazio solo in associazione con i vari dolcetti di San Valentino, ma l’invito di Coca cola ha un senso preciso che va oltre le miserabili intenzioni commerciali: pensare è mettere in discussione e il pensiero unico, rimasticato in una sorta di ossessivo conformismo planetario rifugge da questa sgradevole possibilità, la variabilità dei punti di vista e delle culture va bene solo negli ambiti più istintivi e arcaici della vita, ma adoperare il cervello è divisivo, coltiva il vizio del dubbio. Forse è per questo che ogni opinione contraria è criminalizzata come fake news, mentre i padroni del vapore possono manipolare qualsiasi dato di realtà. E quando non si può lanciare l’accusa di falso si arresta e si condanna chi denuda l’imperatore per aver violato segreti inconfessabili come è accaduto ad Assange. Ed è in questo senso che il liberale Bertrand Russel già 50 anni fa scriveva: «c’è nel complesso, molta meno libertà oggi di quanta ce ne fosse cento anni fa; e non c’è ragione di supporre che le restrizioni sulla libertà siano destinate a diminuire in un futuro prevedibile»

In effetti lo spot del bere scuro rappresenta a meraviglia il lento passaggio dallo sfruttamento all’emarginazione, dalla repressione alla comunicazione consumistica non nel senso che sfruttamento e repressione stiano scomparendo, ma che entrano in una diversa logica del potere. Che sia una multinazionale Usa  a portare questo messaggio è in quale modo ovvio: ad onta delle celebrazioni eucaristiche della democrazia americana quest’ultima è sempre stata guardata con sospetto dai suoi storici osservatori. Per Stuart Mill il destino era la massificazione, per Toqueville  avrebbe portato «una folla innumerevole di uomini simili ed uguali che non fanno che ruotare su sé stessi, per procurarsi piccoli e volgari piaceri con cui saziano il loro animo». Non sono citazioni che s’incontrano spesso nelle vulgate per la massa, ma sta di fatto che l’associazione tra paternalismo e comando sembra aver funzionato benissimo in un sistema di “servitù ben ordinata” come dice sempre Toqueville. Insomma una democrazia rituale che come scrisse all’alba degli anni ’70 il costituzionalista francese Maurice Duverger mostra «le due facce dell’Occidente: l’ambivalenza della soppressione dei privilegi aristocratici accompagnata dalla creazione di nuove oligarchie attraverso la cristallizzazione legalizzata delle ineguaglianze economiche».

Certo esiste sempre nelle elites di comando la paura del demos  che spinge i gruppi dominanti a tenerlo a bada privilegiando nel nostro tempo l’uso di strumenti comunicativi  per costruire un orizzonte del pensabile, cosa estremamente facilitata oggi con i nuovi mezzi di comunicazione – schiavizzazione. Coca cola vuole asserire che dobbiamo essere tutti dei Pangloss, convinti nel sistema migliore possibile e comunque l’unico pensabile ed è quindi molto meglio che sviluppiamo il cervello intestinale come garanzia di tolleranza universale nel non pensiero. Basta stappare la lattina per essere umani e non immaginiamo quanti si accontentino di questo,