Sale-grigio-bretoneA metà degli anni ’90 la Bmw presentò un nuovo gadget su tutti suoi modelli, ovvero l’assenza dei portacenere e per me fu come una specie di illuminazione sul “mercato”: la mancanza di qualcosa veniva fatta pagare circa 300 mila lire in più, che oggi sarebbero grosso modo 500 euro tendendo conto del potere di acquisto, riuscendo ad aumentare i profitti sottraendo valore. Semplicemente era più fico non avere qualcosa dove depositare la cenere delle sigarette e i mozziconi dimostrando così di essere omologati alla proscrizione del tabacco: la vera merce venduta non era qualche pezzo di plastica per coprire gli alloggiamenti dei portacenere mancanti, ma  un’idea, uno status, un’appartenenza a una vacua e altalenante modernità. Insomma il mercato sostituisce i desideri ai bisogni creando i primi, sostituendoli quando si affaccia qualche accenno di caduta del saggio di profitto, ma ignorando completamente i secondi, come se non esistessero o fossero richieste improprie.

Questa logica porta ovviamente alla sovrapproduzione che deve essere sostenuta a sua volta da un continuo e insensato cambiamento di oggetti del desiderio, creando rapide obsolescenze (una delle più evidenti è la scomparsa della batteria sostituibile nei cellulari che oltretutto permette un controllo più efficace ai vari grandi fratelli) , centellinando novità e spalmandole su decine di “nuovi modelli”creando mode, propensioni, novità imperdibili, persino malattie e ambigui stati patologici, ma sempre seguendo lo spartiacque che permette il maggior profitto possibile. Alcuni tra gli esempi più ridicoli lo si ha in campo alimentare dove per esempio basta semplicemente non purificare il normale sale marino, lasciandoci attaccati i residui di fango e dunque diminuendo le lavorazioni, per poterlo vendere a prezzi venti o trenta volte superiore a quello normale come nel caso del sale grigio di Bretagna o quello rosso delle Hawaii. In questo caso non si agisce per sottrazione di qualcosa,  ma per difetto di lavorazione che passa per salutista: la vendita di questi prodotti è accompagnata da affermazioni inconsistenti come quella che questi sali colorati contengono meno cloruro di sodio il che è un’assoluta sciocchezza, ma asseverata da guru e da nutrizionisti con tanto di laurea, almeno si spera, ma certamente con tanto di mutuo da pagare e vantata da i soliti  gourmand del circuito mediatico come miracolosi per il gusto. Questo per non  parlare del sale rosa dell’Himalaya cui vengono attribuite qualità taumaturgiche assolutamente risibili visto che intanto non proviene dall’Himalaya, ma da un’altra catena montuosa, viene purificato esattamente gli altri sali eliminando ogni altra sostanza e lasciando solo il cloruro di sodio che presenta infiltrazioni di ossidi di ferro provenienti dalle rocce circostanti. Si tratta comunque di quantità minime, insignificanti per l’organismo umano. In compenso però il sale rosa è carente di iodio che è l’unico elemento di cui si può avere effettiva necessità.

Ora non è che sia impazzito improvvisamente e mi sia fissato sul sale, ma anche questo capitolo particolarmente assurdo dell’alimentazione cosiddetta salutistica, non solo svela il meccanismo di mercato e di  profitto che ci sta dietro (molto si potrebbe dire sui prodotti molto spesso pseudo biologici), ma servono anche a compensare psicologicamente le sempre minori possibilità di cure efficaci e tempestive oltre che di prevenzione per la grande massa di popolazione. Si sa che si sta cercando di eliminare le sanità pubbliche in favore di quelle private sul modello Usa e vediamo cosa succede laggiù: le spese sanitarie complessive è la più alta al mondo ma la con “i peggiori risultati in termini di mortalità e morbosità generali e specifiche, con un’attesa di vita significativamente più bassa degli altri Paesi e con una qualità generale di vita analogamente inferiore”, come attesta l’ultimo rapporto del  National Research Council e l’Institute of Medicine. E questo coinvolge anche le popolazioni più esposte alle mode e ai miti salutistici che del resto hanno origine quasi tutti oltre atlantico. Secondo il documento una  delle ragioni fondamentali consiste nel fatto che : “Gli Stati Uniti hanno un tasso di povertà relativa e un tasso di disuguaglianza nella distribuzione del reddito più elevati rispetto a quasi tutti i Paesi Ocse: in particolare, il rischio di crescere in una condizione di povertà costante (e di non migliorare la condizione di base della famiglia di provenienza) per i bambini è significativamente più elevato, rimanendo essi intrappolati in una situazione di miseria intergenerazionale e familiare. Anche per questo, i livelli educativi della nazione sono tra i più bassi e meno qualificati dell’intera area Ocse”.

Così le leggende alimentari e variamente alternative che vivono di mercato e nel mercato, spesso fingendo di esserne al di fuori, non solo servono al profitto, ma anche a creare l’illusione della salute a portata di piatto come elemento salvifico e quindi ad attutire il venir meno del diritto alla salute, anzi portando all’auto colpevolizzazione, esattamente come accade per il lavoro.