vvox_einaudi2-1030x539Non sono state elezioni facili per il potere oligarchico, né è stato semplice riuscire a contenere sovranisti ed eurocritici  e non concedere loro la platea del parlamentino di Strasburgo che sul piano concreto conta meno del due di coppe quando briscola è a bastoni, ma che può avere comunque un potere di tribuna. Tuttavia la governance è riuscita a sfruttare i suoi stessi peccati per recuperare consensi usciti dalla porta principale  facendoli transitare dalla porta di servizio grazie all’operazione Greta Thunberg: deviando il discorso sui temi dell’ambiente che essi stessi tradiscono quotidianamente, sono riuscite a riempire i serbatoi dei Verdi continentali. Occorreva però qualcosa di forte per poter spostare consensi su formazioni da sempre alleate con le socialdemocrazie più corrive con il capitalismo di mercato: ed ecco la ragazzina davanti al Parlamento di Stoccolma che già fa simpatia, soprattutto se si dimentica che è circondata da guardie del corpo, per giunta autistica o dichiaratasi tale che moltiplica per due l’interesse, portatrice di discorsi apocalittici, abbastanza ingenui e rozziin pratica solo slogan,  da far presa a largo raggio dentro un’opinione pubblica devastata e facile all’emozione più che al pensiero e tanto meno all’azione. In ogni caso del tutto aliena dall’avere un’idea coerente dell’insieme dei problemi che in realtà sono spesso  molti diversi da come vengono affrontati (vedi nota).

Probabilmente l’idea è stata data dai gilet gialli che fin da subito hanno collegato i temi ambientali con quelli della critica al sistema, non occorreva altro che gonfiare i primi con l’aria fritta del millenarismo escatologico e cancellare i secondi, per creare il terreno di colture perfetto per convogliare voti su formazioni che hanno da sempre accettato il sistema capitalistico e il mercato in una ambiguità che li ha condannati all’impotenza sostanziale: non bisogna dimenticare, tanto per fare una citazione, che fu il ministro degli esteri tedesco , il verde Joschka Fischer a dare il via definitivo ai bombardamenti sulla Jugoslavia. Ma questo non è che un segnale: nel governo Jospin hanno approvato le privatizzazioni e le detassazioni per gli azionisti, mentre nel governo Schroeder  sono stati protagonisti della restrizione del welfare e della deregolamentazione delle leggi del lavoro.

Però la ventata di ecologismo a reti unificate, che ha assunto il tono di una vera e propria campagna elettorale,  li ha portati ad ottenere il 13, 47% in Francia, addirittura il 20 e qualcosa in Germania, il 15% in Finlandia ed altrettanto in Irlanda. Dalle analisi del voto risulta che i Verdi hanno raccolto i consensi della classe medio alta giovanile e scolarizzata delle grandi città, quella che fa eco alle marce e agli scioperi per il clima, mentre si prepara ad accedere alle posizioni con cui devastare il pianeta in età adulta. Non è certo un caso se ecologisti radicali come Jutta Ditfurth in Germania e Martine Billard in Francia abbiano abbandonato il verdismo di mercato. Né può essere una sorpresa vedere come i verdi post gretini abbiano cominciato ad attaccare  France Insoumise e anche il Front de Gauche ora per l’attaccamento ai regimi progressisti dell’America Latina,o per il loro posizionamento anti sanzioni sulla Russia o ancora per il lato “sovietico” che scorgono nella pianificazione ecologica elaborata da Jean-Luc Mélenchon.

Essi ora inalberano sul loro vessillo ciò che ritengono sia una medaglia al valore, ossia il non essere né di destra né di sinistra, che in realtà significa poter essere entrambe le cose a seconda delle convenienze: così ora il co-presidente dei verdi valloni Jean-Marc Nollet dice di essere pronto, a livello federale, a “una coalizione con tutte le parti “, mentre in Germania già da tempo ci sono “coalizioni nero-verdi” con la destra, come quella in atto nella regione del Baden-Württemberg, che adesso potrebbero moltiplicarsi sull’onda di un successo che ha portati i Grünen ad essere il secondo partito grazie ai voti in libera uscita da Cdu e Spd. A Strasburgo hanno annunciato di voler essere “pragmatici”, insomma disponibili a tutto detto in soldoni. Dunque l’ennesima creazione di false alternative è pienamente riuscita, anche a livello strategico perché non c’è alcun dubbio che i problemi ambientali siano in stretta relazione di causa ed effetto con il sistema neo liberista ed è questa consapevolezza che si vuole stroncare sul nascere, mettendo in campo ogni sorta di depistaggi che coprono le diverse aree socio culturali: il negazionismo climatico per la destra borghese corrotta e incapace, la catastrofe millenarista annunciata da una Cassandra sedicenne per le aree radical chic, le buone e false intenzioni dei vari accordi e conferenze internazionali per i ceti medi tradizionali. Di certo quella del gattopardo non è una specie in estinzione.

Nota Un esempio di scuola è quello della salute oceanica e del suo ecosistema. A tutti viene detto che il problema principale è quello della plastica che ormai forma intere isole ed è causa della morte per molte specie marine. Che questo costituisca un motivo d’allarme non c’è dubbio, ma  un rapporto dell’ Ipbes, l’Istituto di ricerca sulla biodiversità e gli ecosistemi, creato dall’ Onu, in un rapporto di poche settimane fa ha chiarito che il crollo della vita negli oceani non è dovuto a questo, né all’acidificazione delle acque e nemmeno al cambiamento climatico, ma all’industria della pesca commerciale che non solo preleva immense quantità di pesce e di crostacei, spesso sotto banco, dimezzando le cifre ufficiali, ma agisce in modo da devastare interi ecosistemi. Tuttavia non se ne parla mai per il fatto che qui non si tratta del pescatore che esce con lampara e a cui va addebitato circa il 2%  del pescato totale, ma di mostri commerciali la cui gestione è in mano – nel pianeta – a non più di 600 grandi aziende che hanno un forte potere di interdizione sulle notizie, come per esempio è accaduto alla Bbc che nella serie Blue Planet  evita sempre di collidere con gli interessi forti. Attribuire tutto alla plastica da una parte nasconde i responsabili e il contesto strutturale nel quale essi possono crescere, dall’altra colpevolizza i singoli.